Campanili Verdi



Ahia! - L’erbetta implora don Gianluca



AHIA! - L’ERBETTA IMPLORA DON GIANLUCA

Mi sta schiacciando e mi fa male, può togliere le ruote dell'auto dal marciapiede?


Vogliono riparare il mio marciapiede. Non m’ero nemmeno accorto che era rotto. Trovo bella l’erbetta umile che vi è nata.

Come far capire che è più bella e viva del freddo cemento che gli amici vogliono offrirmi?

Se vincerà il cemento, sarà lapide mortuaria con l’iscrizione invisibile:

Qui giace l’erbetta più viva, più ostinata e intelligente di tutti i dintorni”.

Con la sua profonda sensibilità, in “Mille ragioni per vivere (leggi di più in "Sii tavola vivente per i naufraghi tuoi fratelli" >>>), Helder Camara tesse un commovente elogio di quella vegetazione che il senso comune (a torto) giudica “erbacce e malerbe” che creano disordine.

Il suo scritto mi fa pensare ad un quartiere nel nord Milano in cui la viabilità locale consente di camminare sulla carreggiata stradale senza pericolo per alcuno, perché adeguata alla coesistenza di ogni veicolo: motorizzato o a “propulsione umana”.
Di conseguenza i marciapiedi inerbiti, non necessari per il passaggio dei pedoni e più adeguati alla crescita di alberi idonei ad ombreggiare le strade, diventano un elemento qualificante del paesaggio cittadino di quella che, non a caso, è chiamata Città Giardino.

Sorta per volontà lungimirante di chi l’ha pensata e realizzata a inizio Novecento, oggi rischia di rimanere tale soltanto nella segnaletica e carta intestata del Comune o nel nome di qualche associazione locale. È infatti sempre più erosa da speculazioni edilizie e, per i marciapiedi, dalla “riqualificazione” a base di autobloccanti in cemento, più adatti al lungomare retro-spiaggia sulla riviera romagnola che ad un contesto urbanistico-architettonico in stile Liberty.
Anche sotto il profilo della permeabilità che favorisce l’infiltrazione della pioggia, un prato funziona naturalmente meglio di qualsiasi altra superficie.

Per questo motivo, in alcune vie, i cittadini si sono opposti agli autobloccanti rivendicando il diritto alle margherite ed agli altri fiori spontanei che la natura propone in ogni stagione anche in ambito urbano.
Nel tempo, l’erbetta di Camara sta riuscendo a ricrescere e portare beneficio anche sopra le mattonelle, approfittando della (qui benedetta) manutenzione negligente. Viceversa, dove è stata risparmiata, a comprometterla è l’abitudine (illegale ma ormai dilagante e incontrastata) della sosta con due ruote in linea sul marciapiede a cavalcioni del cordolo.

Succede anche davanti alla canonica del don Gianluca. Il suo predecessore, dopo un paio di accorate richieste del signor Umberto “don Daniele, la prego…”, si è convinto che, oltre ad essere diseducativa nei confronti dei ragazzi ai quali insegnava il catechismo, la pratica non era necessaria in una via semiprivata, chiusa e senza traffico, con spazio compatibile per sosta e circolazione.
Don Gianluca no. “Eh ma nell’oratorio non posso metterla perché ci ospitiamo gli ucraini!”. Ma continua anche ora che sono andati via.

Paolo VI ci esortava ad essere “testimoni” e NON “maestri” per l’uomo contemporaneo. E un comportamento incide più di belle parole in predica sulla Laudato Si’. Infatti il cattivo esempio ha dato il “via libera” ad altri collaboratori, che analogamente occupano anche i marciapiedi di accesso alla segreteria ed altri spazi della parrocchia. E i chierichetti, quando saranno cresciuti e al volante, troveranno normale fare altrettanto. Ovunque. “Lo faceva anche il don!”. Peccato.

Giovanni Guzzi, aprile 2024
© Riproduzione riservata
Rilanciato da L'Amico del Clero, maggio 2024

 

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