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Clima, guerra, energia



CLIMA, GUERRA, ENERGIA

Dove non poté il buon senso, ora ci spinge lo stato di necessità… ma non abbastanza


Dove non sono riuscite consapevolezza e buon senso, ora sembra potere lo stato di necessità determinato dalla guerra mossa dalla Russia all’Ucraina.

Se il timore degli effetti catastrofici che l’umanità intera sta subendo (e sempre più subirà) a causa delle modificazioni climatiche in atto, non è ancora percepito a sufficienza dai governi degli stati che ne sono principalmente causa (ed ancor prima dalle rispettive popolazioni), il venir meno delle forniture di fonti di energia fossili, conseguenza delle scelte geopolitiche in risposta all’aggressione Russa, e la volontà di liberarsi da simili dipendenze, sta finalmente inducendo l’Unione Europea e l’Italia a muoversi con più decisione sulla giusta strada del risparmio energetico e di una più spinta politica di promozione dell’energia prodotta da fonti rinnovabili.

Permane, a dire il vero, qualche contraddizione.
Alcune nazioni alle quali ci si sta rivolgendo per rimpiazzare le forniture di gas ed idrocarburi non sono specchiati modelli di democrazia e rispetto dei diritti umani.
E dove si scoprono e coltivano nuovi giacimenti le conseguenze sociali sulla popolazione residente hanno risvolti di drammatica gravità: come in Mozambico, di cui hanno però riferito solo i media più attenti.

Intanto, a “casa nostra”, prevalgono sempre le obiezioni anche soltanto alle autorizzazioni ai permessi di ricerca che, stante la generalizzata urbanizzazione del territorio nazionale, non possono che avvenire in territori inedificati, spesso corrispondenti ad aree naturali tutelate da parchi.
Analogo discorso per il passaggio delle infrastrutture di trasporto e per le perforazioni. Su queste stesse pagine già avevamo scritto, ad esempio, delle opposizioni dei vescovi meridionali alle trivellazioni in adriatico (L’Amico del clero luglio – agosto 2016, leggi di più >>>).

Tutte posizioni legittime, tuttavia non accompagnate da almeno pari impegno al contenimento del proprio fabbisogno di energia.
Perché anche noi, come singoli e comunità, possiamo fare la nostra parte, anche nelle piccole attività e scelte di ogni giorno. E, se alcune comunità all’avanguardia già da anni si sono mosse per l’efficientamento energetico delle proprie strutture ecclesiali e relative pertinenze e per l’autoproduzione energetica, con tanto di significativi contatori bene in vista, il panorama generale non è altrettanto roseo.

Soprattutto si fa una gran fatica a modificare anche solo abitudini di poco conto. Ed, a livello diocesano, quel che abbiamo osservato è soltanto il tentativo (certo doveroso e necessario) di contenere gli aumentati costi delle bollette. Ma si può fare di più. Ne riparleremo.

Giovanni Guzzi, maggio 2022
© Riproduzione riservata
Rilanciato da L'Amico del Clero, giugno 2022

 

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