Campanili Verdi



Una bici per andare a piedi?



UNA BICI PER ANDARE A PIEDI?

Cosa serve per pedalare sicuri in città - Errori da non ripetere nella comunicazione ambientale


Un giovane cammina spingendo a mano una bicicletta in un contesto chiaramente cittadino. È l’immagine simbolica ed evocativa che supporta il tema “Camminare in una vita nuova, la transizione ecologica per la cura della vita” sulla locandina dedicata all’appena trascorso “tempo per il creato” 2021.
Ottimo accostamento, questo scelto congiuntamente dagli uffici nazionali della Conferenza Episcopale Italiana “per i problemi sociali e il lavoro” e “per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso”.
Soprattutto in ambito urbano, promuovere come realistica e vantaggiosa alternativa all’automobile privata la mobilità ciclistica - meglio se ad energia “muscolare” come quella della fotografia - è una delle più importanti strategie da perseguire per riconvertire ecologicamente le nostre città.

Ciò che non va bene, invece, è proprio la bicicletta raffigurata: anche se ha tutta l’apparenza di un modello “di moda” con le caratteristiche delle bici “a scatto fisso” molto apprezzate da alcuni spericolati ciclisti urbani.

La analizziamo in dettaglio come esempio di quanto debba crescere la cultura ambientale anche (e soprattutto) fra chi si affaccia a queste tematiche proponendosi come guida: con le migliori intenzioni ma non sempre con l’adeguata preparazione e competenza.

* Tanto per cominciare la sella è alta. Se vi fosse seduto sopra, chi sta conducendo a mano la bicicletta non riuscirebbe ad appoggiare il piede a terra, per esempio dovendosi fermare ad un semaforo, per lasciar passare un pedone sulle strisce o per una qualsiasi altra esigenza di stop immediato.
* Il manubrio è da corsa, quindi la posizione del ciclista in sella, seppure più aerodinamica, non è delle più comode per spostarsi in città.
* Anche le gomme si presentano simili ai “palmer” delle bici da corsa: sottili e con battistrada liscio non sono la soluzione più adeguata per affrontare le insidie che si possono incontrare percorrendo le strade cittadine (buche, binari del tram, lastre di pietra o cubetti di porfido, fessure di tombini, pavimentazioni disconnesse, dislivelli anche all’uscita delle stesse piste ciclabili…).
* Assenti i parafanghi, se usasse la bici dopo una pioggia, il nostro amico della locandina arriverebbe a destinazione con, come minimo, una bella riga bagnata sulla schiena.
* Non c’è portapacchi quindi dovrà portare la borsa a tracolla, non la cosa più comoda da fare - pedalando - per governare in sicurezza la bicicletta (specialmente se dovesse contenere qualcosa di pesante come un computer).

Soprattutto mancano accessori obbligatori per circolare “a due ruote leggere” su strada:
* innanzitutto i freni - nelle bici a scatto fisso il ciclista regola la velocità pedalando,
* il campanello - per segnalare acusticamente la propria presenza,
* luci anteriori e posteriori (NB bianca la prima e rossa la seconda, alcuni - specialmente stranieri - invertono i colori correndo gravi rischi),
* ed infine catarifrangenti posteriori e sui pedali.
A proposito di questi ultimi, non c’è la gabbietta - delle bici da corsa di una volta - ma si vede che sono pedivelle predisposte per infilarvi il tacchetto delle apposite scarpette da ciclista, dunque non idonee per le calzature del nostro ignoto personaggio.

Per tutte queste ragioni, il messaggio che questa locandina propone non è all’altezza di quel che dovrebbe essere, e probabilmente era nelle intenzioni di chi l’ha commissionata. Peggio ancora, è fuorviante.
Infatti propone una bicicletta non solo inadatta ma addirittura pericolosa per l’uso non sportivo: proprio quello che, viceversa, con questa iniziativa si vorrebbe promuovere. Forse “fotogenica” ma buona soltanto per essere portata a mano da chi voglia mostrare quanto siano “chic” il mezzo ed il suo proprietario.

Qualcuno potrebbe ritenere esagerate queste osservazioni, però la buona comunicazione deve essere curata al massimo in ogni dettaglio quindi, in definitiva, quella descritta è un’occasione persa per un’informazione - anche non verbale - più completa e corretta… ed un esempio da tenere presente per non ripetere l’errore.

Giovanni Guzzi, luglio 2021
© Riproduzione riservata
Rilanciato da L'Amico del Clero, ottobre 2021

 

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