Campanili Verdi





IN “UN FILO DI SILENZIO SONORO”… È RACCHIUSA UN’INFINITA MERAVIGLIA

Disabituati dal rumore che ci rassicura, temiamo (e ci perdiamo) il meglio che può accarezzare il nostro orecchio


Silenzio “assordante”. Convinto di essere particolarmente originale e “brillante” (mah!), il curatore di uno dei primi servizi giornalistici in cui veniva descritta la nuova configurazione delle nostre città per effetto dei provvedimenti di confinamento “antivirus” governativi, aveva pensato bene di aprirlo col binomio riportato in apertura.
È chiaro che la situazione fosse inconsueta, ma nell’espressione un po’ abusata (perfino, direi inaspettatamente, da Papa Francesco, nella solitaria preghiera in San Pietro del 27 marzo 2020), e nel senso che le veniva attribuito un po’ da tutti, era evidente una sua valutazione negativa.

Il “presunto” silenzio io l’ho invece apprezzato. Senza per questo voler sottovalutare la portata del problema, sotto i tanti punti di vista che non occorre qui ricordare e per come ha toccato la vita di molti.
È vero che in alcune parti delle nostre città la rarefatta presenza di persone ricordava la versione di Baltimora della “Città ideale”, di attribuzione non certa ma riconducibile alla raffinata pittura dei grandi nomi che a fine XV sec. davano gloria alla corte ducale dei Montefeltro in Urbino.
Ed è vero che l’assenza delle attività umane fa venir meno anche il “sonoro” positivo generato dalla comunicazione sociale, in primo luogo dalla stessa voce umana.

È però altrettanto vero che i luoghi con queste caratteristiche sono stati in prevalenza quelle parti di città che l’odierna organizzazione sociale ha “svuotato” di vita vera e ridotto a contesto scenografico per attività economiche di “alto livello” o sorta di centri commerciali diffusi per le vetrine del lusso.
A Milano “il vuoto” l’ho infatti notato più che altro negli immediati dintorni di piazza del Duomo.
Non così, o almeno non così assoluto, nel tragitto percorso per arrivarvi dalla periferia nord: in bicicletta, il mezzo più adeguato per spostarsi velocemente e riuscire al tempo stesso a guardarsi attorno.

Quella che davvero ho constatato mancare è stata la consueta, aggressiva e rumorosa invadenza delle automobili.
Difatti, nelle domeniche (o altri giorni) senz’auto l’effetto più immediatamente percepibile non è tanto una diversa qualità dell’aria che respiriamo ma il poter godere per la riposante sensazione di pace suscitata dall’assenza della confusione sonora generata dal traffico veicolare. Detto per inciso, in continua e costante violazione della vigente normativa sul rumore!
Come è stato rilevato, proprio il silenzio dei motori ha favorito il riappropriarsi degli spazi urbani principalmente da parte dell’avifauna.

Lungi dall’essere un’assordante privazione, sotto questo profilo quella che è trascorsa è dunque stata una meravigliosa primavera durante la quale abbiamo potuto ritrovare i piacevoli e reali suoni naturali che ormai ci accontentiamo di ascoltare usualmente soltanto nelle versioni artificiali e campionate della musica New Age o dei programmi di rilassamento in palestre e centri benessere.

Perché sono ben altro il vero canto degli uccelli (diventati anche molto più confidenti nel lasciarsi avvicinare ed osservare), lo stormire delle fronde, i sassolini smossi dai passi sul ghiaietto dei giardini o il fruscio dell’erba percorrendo un prato; le voci delle persone nelle proprie case che arrivano dalle finestre aperte, la musica di un violoncellista che si esercita nei Giardini Pubblici, lo sferragliare familiare ed amichevole di uno storico tram Carrelli davanti al Castello Sforzesco…

Ed ancora il gocciolare o lo scorrere dell’acqua di una vedovella nella vaschetta ed il ticchettio della pioggia che hanno ispirato poeti e musicisti (pensiamo alla “fontana” di Palazzeschi, al “pineto” di D’Annunzio o al preludio n. 15 “la goccia” di Chopin)…

… fino al “sussurro di una brezza leggera” o meglio, come recita l'espressione originale, al “filo di silenzio sonoro” nel quale il profeta Elia ha potuto riconoscere la presenza di Dio che stava passando accanto a lui! (*)

Giovanni Guzzi, giugno 2020
© Riproduzione riservata
Rilanciato da L'Amico del Clero, agosto-settembre 2020

 

(*) per chi non conosca già il contesto biblico dal quale abbiamo tratto questo passaggio, suggeriamo di leggere il commento proposto da Papa Francesco durante una Messa a Santa Marta il 13 giugno 2014

«... al primo libro dei Re (19, 9.11-16) — abbiamo sentito la storia di Elia. Dopo aver sfidato e vinto, con l'aiuto di Dio, 400 sacerdoti di Baal, Elia è minacciato di morte dalla regina Gezabele — era la moglie del re ma era lei che governava — lo ha minacciato e gli ha detto che lo avrebbe ucciso».
Davanti a questa minaccia Elia «ha avuto tanta paura che si è depresso: se n’è andato e voleva morire».
Proprio quel profeta che il giorno precedente «era stato tanto coraggioso e aveva vinto» contro i sacerdoti di Baal, «oggi è giù, non vuole mangiare e vuole morire, tanta era la depressione che aveva». E tutto questo «per la minaccia di una donna».
«I quattrocento sacerdoti dell’idolo Baal non lo avevano spaventato, ma questa donna sì!».

È una storia che «ci fa vedere come il Signore prepara» alla missione. Infatti Elia «con quella depressione è andato nel deserto per morire e si è coricato aspettando la morte. Ma il Signore lo chiama» e lo invita a mangiare un po’ di pane e a bere perché, gli dice, «tu devi ancora camminare tanto».
E così Elia «mangia, beve, ma poi si corica un’altra volta per morire. E il Signore un’altra volta lo chiama: vai avanti, vai avanti!».

La questione è che Elia «non sapeva cosa fare, ma ha sentito che doveva salire sul monte per trovare Dio. È stato coraggioso ed è andato lì, con l’umiltà dell’obbedienza. Perché era obbediente».
Pur in uno stato di sconforto e «con tanta paura», Elia «è salito sul monte per aspettare il messaggio di Dio, la rivelazione di Dio: pregava, perché era bravo, ma non sapeva cosa sarebbe successo. Non lo sapeva, era lì e aspettava il Signore».

Si legge nell’Antico testamento: «Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento». Elia si «accorse che il Signore non era lì».

Prosegue la Scrittura: «Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto». Dunque Elia «ha saputo discernere che il Signore non era nel terremoto e non era nel vento».

E ancora, racconta il primo Libro dei Re: «Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera». Ed ecco che «come l’udì, Elia si è accorto» che «era il Signore che passava, si coprì il volto con il mantello e adorò il Signore».

Infatti «il Signore non era nel vento, nel terremoto o nel fuoco, ma era in quel sussurro di una brezza leggera: nella pace». O «come dice proprio l’originale, un’espressione bellissima: il Signore era in un filo di silenzio sonoro».

Approfondimenti ed ulteriori informazioni su queste tematiche sono pubblicati sul portale www.rudyz.net/campaniliverdi
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