Campanili Verdi



Il campanile e la trivella



IL CAMPANILE E LA TRIVELLA

Il modo più coerente per opporsi agli impianti di estrazione di idrocarburi è ridurne il consumo

 

Nel dibattito sul voto al referendum pro o contro la norma che ha consentito di collegare la scadenza delle autorizzazioni all’esaurimento della produttività dei giacimenti di gas e petrolio estratti in mare entro le 12 miglia dalla costa, in questa rubrica non siamo entrati di proposito.
Consapevoli che erano comunque disponibili anche per i nostri lettori fonti di informazione necessariamente più approfondite rispetto a quanto avremmo potuto argomentare su una questione complessa in uno spazio insufficiente per trattarla adeguatamente.

L’unica osservazione che facciamo, a posteriori, è che non ci risulta vi sia alcun altro settore della normativa ambientale nel quale siano previste autorizzazioni che siano di fatto a tempo illimitato. Chi ha esperienza di lavoro nel campo della ricerca di idrocarburi sa che giacimenti del genere non si esauriscono mai completamente perché le formazioni rocciose non sono serbatoi impermeabili e continuano a richiamare olii e gas da quelle circostanti.
Per questa ragione confidiamo che la questione non sia chiusa con l’esito del referendum ma sia oggetto di ulteriori riflessioni in Parlamento che portino a nuovi provvedimenti sulla materia.

Qui ci interessa invece soffermarci su un altro aspetto della questione: la pubblica ed esplicita presa di posizione sul quesito referendario dei vescovi che hanno condiviso e sostenuto le ragioni di chi cercava di indirizzare l’elettorato verso il voto SI, ovvero, per semplificare, contro le trivelle.

A schierarsi sono stati soprattutto i vescovi delle diocesi direttamente interessate dalla presenza di questi impianti. Adducendo, come principali motivazioni fondanti il proprio orientamento, la necessità di non danneggiare ulteriormente luoghi già in sofferenza per altre problematiche ambientali più o meno gravi e di salvaguardare ambienti naturalistici di pregio.
Perché convinti che è dalla valorizzazione ecosostenibile di questi ultimi, più che dal prelievo delle risorse naturali che vi si trovano, che è possibile creare sviluppo ed occupazione.

Condividiamo in pieno questa linea però, indipendentemente dall’esito del referendum, essa deve continuare a tradursi in scelte quotidiane che siano coerenti con essa. Anche se costassero fatica o necessità di organizzare diversamente le proprie attività ed i propri spostamenti. Indicazioni puntuali su come concretamente mettere in atto questo principio le stiamo già dando con questa rubrica, e continueremo a farlo.

Ma il “succo” della questione è che dobbiamo cominciare per primi, anche come Chiesa, a rendere non necessario il prelievo dei combustibili fossili.
Altrimenti il nostro “ambientalismo” comporterà semplicemente che gli impianti a questo necessari vengano realizzati altrove. Portando i loro negativi effetti collaterali, che noi rifiutiamo, a chi dovrà subirli semplicemente perché… non ha la possibilità di opporvisi.

Giovanni Guzzi, maggio 2016
© Riproduzione riservata
Rilanciato da L'Amico del Clero, luglio-agosto 2016

 

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