Campanili Verdi





Strade come fiumi - parte V

PURCHÉ NON PIOVA!

Strade come fiumi - parte V

 


Purché non piova, per non rischiare di essere travolti da un’improvvisa alluvione, a volte non è un male quando, pur impropriamente e involontariamente, i fiumi sono strade! In cui cercare scampo per non temere di venir travolti ad ogni veicolo che ci transita accanto in luoghi in cui chi va a piedi non è previsto: realtà quotidiana cui la nostra società autocentrica non fa caso a sufficienza. A me, negli anni ’90, è capitato a Varazze: di rifugiarmi a camminare nel letto del torrente Teiro in assenza di qualsiasi protezione e percorso pedonale sulle strade che lo fiancheggiavano stringendolo in una morsa di cemento.

Un paradosso dal quale subito ci discostiamo ma che offre lo spunto per tornare a considerare quanto i problemi indotti dalle piogge che cadono su luoghi artificialmente “idrofobi” siano amplificati da progettazione distratta e manutenzione disattenta che li hanno resi tali.

“Qui il problema non è solo il fiume” si lamenta sconfortata la Sindaco neoeletta “la nuova pista ciclabile è diventata un rio: fra pendenze tutte sbagliate, caditoie inesistenti e fori nel cordolo di protezione che vi convogliano l’acqua della carreggiata, quando non sono per metà chiusi dalla sua stessa pavimentazione!”.
Problema, quest’ultimo, comune alle caditoie a bocca di lupo con la sezione ridotta per la sovrapposizione di strati di bitume nei successivi rifacimenti del manto stradale o per ceppaie di robinie che vi fuoriescono rigogliose nell’indifferenza di chi dovrebbe sorvegliarle.
er non dire dei casi, molto frequenti, di completo interramento a prova di piccone al punto da farne un ottimo terreno per l’erba che vi cresce.

Forse quasi un bene, per ridurre l’apporto immediato in fognatura dell’acqua di precipitazioni intense ed evitare più gravi danni a valle ma, al tempo stesso, causa della trasformazione delle strade in vasche di laminazione.
Anche dell’acqua che defluisce dalle proprietà private, nelle quali basta gettare un rapido sguardo per intuire che le estese superfici di piastrelle, autobloccanti e cemento che ne hanno eroso gli indici di permeabilità, magari per un paio di posti auto in più, difficilmente corrispondono alle aree per cui sono state autorizzate, sempre che lo siano state!

Schiavi dell’automobile e dell’edilizia, amministratori e tecnici pubblici, ma anche associazioni ambientaliste e comitati di residenti che si oppongono alle grandi opere idrauliche vicine alle proprie abitazioni, non si avvedono dell’efficacia che potrebbe avere un indicatore semplice da calcolare e perseguire: il progressivo incremento annuale delle superfici permeabili recuperate dall’illegittima impermeabilizzazione grazie alla puntuale verifica delle autorizzazioni alle pavimentazioni rilasciate rispetto al controllo della realtà effettiva.

Ormai non c’è chi non si scagli contro la sigillatura dei suoli ad ogni allagamento, ma il passaggio sistematico dalle parole ai fatti nessuno lo compie. Anche se la proposta sopra citata, da tempo ufficialmente proposta in sedi istituzionali ma ad oggi ignorata, darebbe lavoro e risorse economiche da destinare alla risoluzione del problema e ad incentivi che motiverebbero i tecnici incaricati con benefici per tutti e “redenzione” di chi ha danneggiato la collettività per un miope interesse privato.

Giovanni Guzzi, aprile 2025
© Riproduzione riservata
Rilanciato da L'Amico del Clero, maggio 2025

 

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