Strade come fiumi - Parte III
Sono i fiumi ad essere diventati strade, e non il contrario, come si è già documentato su queste pagine (cfr anche Ma "Tanta acqua" quanta è? >>> e Strade come fiumi - parte I >>> e parte II >>>).
Ma non è successo per le sempre invocate calamità naturali. Ne sono causa le catastrofi pianificate, fermandoci all’ambito delle responsabilità locali, da tecnici poco avveduti e amministratori pubblici poco lungimiranti… e dai cittadini disinteressati al bene comune ma focalizzati sul miope, immediato, interesse personale.
Qualche esempio? Il privato che chiede agli uffici edilizia-urbanistica di avvallare interpretazioni normative che gli permettano di ridurre un po’ la distanza dell’argine dal centro del fiume per guadagnare spazio su cui costruire il garage per quattro posti auto ampliando il volume del vecchio pollaio in disuso.
L’immobiliarista che riesce a far modificare la perimetrazione di un Parco Locale di Interesse Comunale ricavando un’area edificabile proprio su un’ansa fluviale già in parte in erosione e proprio nel punto dove sarà inevitabile il “salto di meandro”. Così quando succederà “chiederà i danni” o costosi interventi di protezione spondale all’amministrazione pubblica che l’ha autorizzata!
Il proprietario della villetta con giardino che, ossessionato dallo “sporco” (sic!) delle foglie degli alberi (e dell’avifauna che vi si posa) e preoccupato di bagnarsi i piedi, o le ruote dell’auto, sull’erba, attribuisce all’albero superstite la colpa dei pluviali intasati. Mentre è vero esattamente il contrario: infatti “dimentica” di aver asportato innumerevoli metri cubi di terreno naturale e filtrante per creare un sottofondo in cemento - che, per quanto artificialmente drenante, non lo sarà mai come l’originale preesistente - sul quale ha disteso geotessuti e strati di ghiaia (sulla quale poi l’erba crescerà comunque per avio-disseminazione!) creando di fatto una piscina sotterranea che sovraccarica l’impianto fognario. Per di più magari realizzando in aggiunta anche una vera e propria piscina, impermeabilizzando così un’ulteriore superficie del lotto.
Errore cui non sfuggono anche direzioni di Parchi urbani, in prevalenza diretti da architetti sempre incantati dalla possibilità di realizzare laghetti artificiali attorno ai quali organizzare attività ma, così facendo, incrementandone l’antropizzazione a discapito dell’altrimenti invocata naturalità nel momento di contestare opere pubbliche come bacini e vasche di laminazione: la cui realizzazione diventa necessaria per effetto di tutti i microerrori capillarmente diffusi sul territorio di cui sopra abbiamo elencato soltanto qualche esempio.
Giovanni Guzzi, gennaio 2025
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Rilanciato da L'Amico del Clero, febbraio-marzo 2025
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