Campanili Verdi



Il sangue di suor Dorothy Stang per i popoli della foresta



Suor Dorothy sapeva di rischiare la vita, di fronte ai suoi assassini ha estratto la sua Bibbia dalla borsa ed ha cominciato a leggerla davanti a loro

Quanto è più bello poter raccontare buone notizie e vicende, anche difficili, che però si concludono con il lieto fine. È stato bello poterlo fare scrivendo del Nobel per la Pace assegnato ad una donna africana per il suo impegno a favore dell’ambiente.
Questa volta parliamo ancora di una donna, di un’altra donna impegnata per i più poveri e per l’ambiente. Ma in questa circostanza, almeno da un punto di vista strettamente umano, il lieto fine non c’è stato, anzi: il 12 febbraio 2005, nelle vicinanze di Anapu, cittadina amazzonica nello stato brasiliano del Parà dove operava ad un progetto di sviluppo sostenibile, due sicari hanno ucciso, sparandole a bruciapelo, suor Dorothy Stang, una missionaria cattolica di 73 anni appartenente alla congregazione francese delle Soeurs de Notre Dame de Namur.

Nata in Ohio (USA), suor Dorothy era in Brasile dal 1966, inizialmente nello stato del Maranhao, e negli ultimi 22 anni nella foresta pluviale Amazzonica. Nel febbraio 2004 aveva ottenuto la cittadinanza brasiliana.

Operava con la Commissione Pastorale della Terra, un’organizzazione della Chiesa Cattolica impegnata nella difesa dei diritti dei lavoratori rurali, i “Sem Terra” (Senza Terra), e della riforma agraria in Brasile.

Percorreva la regione per insegnare alle donne a prendersi cura dei propri bambini e ad utilizzare le risorse della foresta tropicale, per lavorare e vivere dignitosamente, nel rispetto dell’ambiente, per aiutare i poveri agricoltori a costruire un futuro indipendente alle proprie famiglie.

Naturale conseguenza dello svolgimento di questo compito era la denuncia dell’occupazione illegale delle terre da parte degli allevatori e della deforestazione per il contrabbando del legname pregiato. Aveva così dedicato più di metà della propria vita a dar voce alle comunità rurali, difendendo il loro diritto alla terra e battendosi per un modello di sviluppo che non si risolvesse nella distruzione della foresta. Un impegno pluridecennale a favore del Brasile e della sua gente per il quale aveva ricevuto diversi importanti riconoscimenti: nel 2004 lo stato del Parà le aveva conferito la “Cittadinanza onoraria” e l’aveva nominata “Donna dell’anno” (in giugno); in dicembre anche l’Ordine Brasiliano degli Avvocati le aveva conferito il premio “Humanitarian of the year” per la sua azione in difesa dei diritti dei contadini. Il progetto che ultimamente stava seguendo riguardava proprio questi ultimi.

Anapu infatti è una giovane provincia abitata dai contadini emigrati nella Foresta Amazzonica dal Nord Est del Brasile seguendo la riforma agraria della terra. Nel 2002 fa circa 173.000 acri di foresta erano stati loro ceduti dall’Ente Brasiliano per la Colonizzazione e la Riforma Agraria. L’organizzazione di agricoltori “Sem Terra” aveva coinvolto nel progetto 600 famiglie. Ma questa terra, ricca di alberi di cedro e mogano, faceva gola anche ai commercianti di legname ed all’organizzazione dei proprietari terrieri. Suor Dorothy e le famiglie dei contadini avevano ricevuto minacce di morte in relazione alla loro attività in difesa del patrimonio nazionale dell’Amazzonia. Minacce non infondate e per le quali suor Dorothy era stata inserita in una lista di attivisti a favore dei diritti umani possibili vittime di assassinio. Sulla stessa lista era finito Chico Mendes, assassinato alla vigilia di Natale del 1988, forse il più conosciuto difensore della Foresta Amazzonica e di chi ne ricavava di che vivere senza distruggerla irreversibilmente.

Da tempo suor Dorothy insisteva infaticabilmente presso le autorità segnalando che nelle remote regioni dell’Amazzonia era necessaria una più forte presenza del Governo. Ma questo dava fastidio, e così l’imboscata mattutina in cui suor Dorothy è stata assassinata è avvenuta a meno di una settimana da un incontro che aveva avuto con i funzionari del Ministero per i Diritti Umani in cui aveva riferito delle minacce di morte rivolte a quattro famiglie di agricoltori, che avevano avuto le proprie abitazioni completamente bruciate ed erano stati scacciati dalla propria terra dai contrabbandieri del legno e dai proprietari terrieri.

Il giorno prima di essere uccisa aveva addirittura incontrato i mandanti di questi atti, l’avevano ascoltata, avevano promesso che avrebbero pensato a quanto aveva detto loro, che non l’avrebbero uccisa. Suor Dorothy sapeva di rischiare la vita, ma si riteneva protetta dalla sua nazionalità statunitense, dall’appartenenza ad una congregazione religiosa internazionale e dalla sua fede, di fronte ai suoi assassini ha estratto la sua Bibbia dalla borsa ed ha cominciato a leggerla davanti a loro, a terra nel fango, crivellata di colpi, la stringeva ancora in mano. Di recente aveva domandato invano la protezione da parte della polizia locale, ma per i piccoli agricoltori, non per sé. A questo proposito nell’agosto 2004 aveva dichiarato:

“Non è la mia sicurezza quella che davvero interessa, ma quella del popolo. Tutte le Sorelle di Notre Dame che operano in Brasile sono strettamente legate alla loro gente e desiderano essere un segno di speranza. È meraviglioso essere parte di questo sforzo e questo è il nostro contributo”.

Dopo l’assassinio di suor Dorothy, altri attivisti impegnati nella lotta alla deforestazione e nella difesa dei diritti delle comunità locali sono stati assassinati in una scia di sangue che non si arresta. Come loro molti altri sono oggi minacciati. L’attenzione dell’opinione pubblica internazionale a queste vicende può salvare le loro vite.

Giovanni Guzzi, agosto 2015