Dal dipinto di
Colle di Vespignano, presso Vicchio di Mugello (Firenze) 1267 ca - Firenze 1337
Anche in questa domenica mi limito a due considerazioni. Il racconto è di grande immediatezza comunicativa perché si tratta di una vicenda comune in cui si intrecciano situazioni e sentimenti che costituiscono il tessuto normale della vita.
Di fronte alla morte è inevitabile che si abbia uno smarrimento doloroso e che si esprima in atteggiamenti non sempre governati da pura razionalità. Marta e Maria non si rassegnano all’idea di aver perso per sempre il fratello Lazzaro. Si chiedono se hanno fatto tutto il possibile per salvarlo, se non hanno tralasciato nulla.
Si comprende dunque il lamento che, sia pur delicatamente, rivolgono a Gesù in due tempi diversi. “Se tu fossi stato qui Lazzaro non sarebbe morto”. “Ma ora… non resta che piangere”.
Di Gesù si dice che “si commosse profondamente e si turbò”; i verbi greci usati ci dicono che Gesù forse ha tentato di contenere un’emozione troppo forte ma poi alla fine si è sciolto in lacrime. Gli antichi non accettavano che un uomo rivelasse pubblicamente le sue emozioni umane: una donna poteva piangere in pubblico,un uomo no. La parola virtù deriva da vir ossia uomo; la virtù è dell’uomo e comporta riservatezza della sfera intima.
Tale mentalità, pagana, era penetrata anche nel mondo cristiano fino a quando Agostino insegnò a superarla. Con lui inizia di fatto l’epoca moderna in cui l’uomo non si vergogna più dei suoi sentimenti. Ecco perché Giovanni nel vangelo ha cercato di mitigare la descrizione di un Gesù che si lascia andare al pianto come tutti gli altri. Un Dio che piange la morte dell’amico, che non nasconde i propri sentimenti, che non si vergogna di apparire umano è convincente almeno quanto il Dio che richiama in vita Lazzaro. Anche le lacrime di Gesù sono un grande miracolo. Pure chi lo critica, vedendolo piangere, deve rendere omaggio alla sua umanità: dubitano del suo potere soprannaturale ma non possono negare il grado di partecipazione umana da parte di Gesù al dolore delle amiche sorelle Marta e Maria.
Neppure Gesù accetta a occhi asciutti il sepolcro. Neppure lui si rassegna facilmente alla separazione definitiva. Si avvia al sepolcro non come un essere al di sopra delle debolezze dei comuni mortali ma “profondamente commosso” e da un Dio che ama in maniera “tutta umana” c’è da aspettarsi di tutto. Difatti, “Lazzaro vieni fuori”: il tono imperioso di comando deriva dall’aver partecipato alle debolezze umane dei comuni mortali.
Oggi c’è qualcuno che, fondandosi sulla propria esistenza, arriva alla follia di ipotizzare che un Dio probabilmente esiste ma come malvagio e causa di ogni malvagità. È il sentimento espresso, per esempio, nella spaventosa professione di fede da Jago nell’Otello di Verdi: “credo in un Dio crudele che m’ha creato simile a sé”. Come siamo lontani dal Gesù che “scoppiò in pianto”! Sul tema del pianto mi fermo qui perché ci ritornerò nell’omelia del venerdì santo.
Accenniamo ad un altro motivo di riflessione. Chi ha avuto l’occasione di visitare la mostra sulla Cappella degli Scrovegni si sarà certamente accorto che la risurrezione di Lazzaro sta sopra quella di Gesù, ma con differenze ben evidenti perché Giotto sapeva benissimo che non sono la stessa cosa.
Dipingerle vicine permette un immediato confronto.
Lazzaro è riportato in vita dopo 4 giorni dalla morte, ha bisogno di essere aiutato a liberarsi dalle bende e dal sudario, per poter vivere in piena libertà e riabbracciare le sorelle.
Gesù è nel riquadro sottostante; è vestito di bianco, l’abito della fede. La Maddalena, inginocchiata, tenta di toccarlo, lui con la mano la respinge perché non è più quello di prima: è risorto.
Questo ci dà modo di spiegare il dogma della risurrezione della carne: risorgerà davvero il nostro corpo? In che modo? Un elemento permanente del nostro corpo, quello che fa sì che esso si distingua da quello delle altre persone, è il principio organizzatore del corpo stesso e cioè quella realtà che indichiamo con il termine “anima”.
Nella vita eterna noi saremo persone del tutto complete e perfette anche se il nostro futuro modo di essere non sarà identico a quello attuale in quanto il nostro essere non sarà più materiale, corporale ma “spiritualizzato” dotato di prerogative superiori alle attuali, già visibili nel corpo glorioso di Cristo.
Accenno veloce alla visita pasquale a tutte le famiglie della parrocchia che può essere compiuta da tutti: non si tratta di andare in casa d’altri, di predicare, ma solo – anche stando sulla soglia o sul cancello – di consegnare una piccola corona del rosario accompagnata da una scheda che riporta tutti e 20 i misteri compresi i 5 nuovi aggiunti recentemente dal Papa. È un semplice gesto ma di attiva testimonianza di fede perché mi espone, chiede di mettermi in gioco. Paradossalmente è molto apprezzato da chi raramente o per niente mette i piedi in chiesa, ma gradisce l’attenzione che lo anima.