Giovanni



Come si recupera la funzionalità idrogeologica della pianura Nord Milanese (1/3)



Introduzione e prime considerazioni

COME SI RECUPERA LA FUNZIONALITÀ IDROGEOLOGICA DELLA PIANURA NORD MILANESE (1/3)

Introduzione e prime considerazioni

 
Se c’è un territorio privilegiato dalla natura rispetto al pericolo di inondazioni, questo è il nostro, del Nord Milano.
Ticino, Adda, Lambro e Seveso corrono in alvei ben definiti; l’acqua di pioggia, anche nel caso di piogge persistenti e intense, potrebbe agevolmente infiltrarsi nel sottosuolo, raggiungere le falde idriche sotterranee (spessi ed estesi strati di ghiaie e sabbie, separati da lenti di argilla discontinue) e fluire verso la bassa pianura.
Chiedere aiuto allo Stato per calamità naturale, come ha recentemente fatto il sindaco di Milano, nel luglio 2014, per allagamenti nei quartieri Nord, è un controsenso ed un’offesa verso situazioni molto più difficili ed impegnative da gestire, come l’entroterra ligure (anche se pure là, ovviamente, la furia edificatrice ha creato le premesse dei disastri sistematici che vi si verificano).
Il corso d’acqua che più direttamente coinvolge Milano è il Seveso.
Gli allagamenti che si registrano a Milano-Niguarda e dintorni, anche con precipitazioni relativamente modeste (dell’ordine di 50-60 mm di pioggia caduta nelle 24 ore, pur con punte di 10-20 mm/ora) sono dovuti a:
* sezione obbligata dell’alveo del Seveso in città, ove è tombinato dal confine con Bresso fino a oltre San Donato Milanese (da via Melchiorre Gioia unisce le sue acque a quelle del Naviglio della Martesana e prende il nome di Redefossi): la portata massima consentita è di 40 mc/secondo;
* impermeabilizzazione del territorio, con sempre nuove strade, piazzali, fabbricati civili e industriali, che impediscono l’infiltrazione delle acque di pioggia nel sottosuolo e le costringono a fluire direttamente nell’alveo del Seveso.
Il rimedio cui finora si è fatto ricorso è lo Scolmatore di Nord Ovest, che dirotta in Ticino un massimo di 30 mc/s a partire dalla traversa sul Seveso di Palazzolo a Paderno Dugnano.
Le inondazioni a scadenza sempre più ravvicinata dimostrano l’insufficienza del sistema; ovviamente questo succede quando il Seveso, alleggerito dei 30 mc/s prelevati dallo scolmatore, si presenta a Niguarda con portate superiori a 40 mc/s.
Scartate per problemi tecnici ed economici le ipotesi di un raddoppio dello scolmatore di Nord Ovest e/o di un nuovo scolmatore di Nord Est verso il Lambro, si prospetta la realizzazione di 5 vasche di laminazione delle acque di piena del Seveso a Lentate, Paderno Dugnano, Senago, Varedo e Milano (quest’ultimo nel Parco Nord, con buona pace del rispetto della natura nelle poche oasi rimaste), con una capacità complessiva d’invaso di 4,2 milioni di mc (da un rapido calcolo, per riempirle sarebbe sufficiente un flusso d’acqua di 50 mc/s in sole 24 ore).
Una volta riempite, occorre poi provvedere tempestivamente allo svaso, per tenerle disponibili per un impiego successivo.
La prima vasca che dovrebbe essere realizzata, con possibile inizio lavori nel 2015, è quella di Senago (capacità 1 milione di mc; portata sufficiente a riempirla nelle 24ore: 12 mc/s); la popolazione ha già iniziato una vivace protesta.
 
PRIME CONSIDERAZIONI
Le vasche di laminazione, oltre che difficili da gestire per ottimizzarne la funzionalità (la gestione dello Scolmatore di Nord Ovest, che pure non brilla per tempestività ed efficienza, è assai più semplice), comportano ulteriore distruzione di territorio agricolo e costi di gestione non indifferenti (impermeabilizzazione del fondo, condotte di adduzione e di rilascio, pulizia dei bacini, odori, rimozione dei depositi di fondo e via dicendo...).
I tempi di realizzazione, dell’ordine di alcuni anni, sono comunque vincolati dalla reperibilità ed agibilità delle aree.
Assai più razionale e con minimi costi di allestimento e gestione sarebbe la individuazione di aree golenali e/o casse di espansione in riva al fiume, inondabili senza gravi danni nell’occasione delle piene; purtroppo l’insana politica condotta da Autorità di Bacino, Regione, provincie e comuni, nonché dai privati, hanno ridotto al minimo la possibilità di reperire le aree ove ubicarle.
Sarebbe ancora possibile comunque una saggia politica di espropri per ragioni di pubblica utilità, e di adattamenti spondali, accompagnata dalla ricerca delle eventuali responsabilità per occupazione del suolo, frequentemente anche, in violazione della legge, entro la fascia di rispetto dei 10 metri dal fiume.
 
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Umberto Guzzi, 15 novembre 2014
Coordinatore Sezione di Cusano Milanino
GRUPPO NATURALISTICO DELLA BRIANZA
 
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