L’albero li vede. Un rametto alla volta costruiscono il nido; depongono le uova; nascono i pulcini con i loro becchi spalancati. L’albero sorride di tanta fame, segno di fragilità. Sorride vedendo i genitori affannarsi alla ricerca del cibo. E sorride molto, molto di più quando i piccoli spiccano il volo e partono, e chissà mai se e quando torneranno, e lui li rivedrà.
L’albero non parte mai ma non prova invidia o rancore per chi parte e vola lontano a vedere cose che lui non vedrà mai, anzi è contento perché un po’ di merito è suo.
L’albero, infatti, protegge e custodisce. Ripara dal sole e dalla pioggia. L’albero è fermo e solido e lì dov’è lo ritroveremo sempre. L’albero non tradisce le attese e quel che promette mantiene.
Per non restare delusi dall’albero, sarebbe bene non chiedergli ciò che non può dare. La quercia dà ghiande e il castagno dà castagne e non viceversa; gli alberi da frutto danno un frutto soltanto, il loro, e sarebbe sciocco rimproverar loro di non darne molti e di tipo diverso.
Gli alberi sembrano silenziosi ma le loro fronde, a chi sa ascoltare, sussurrano a ogni refolo di vento e giù, in basso, nel sottosuolo le radici s’intrecciano e si scambiano confidenze che nessun altro può udire, perché gli alberi sono riservati e sanno mantenere i segreti.
Gli alberi; e le persone albero.
Umberto Folena
in Avvenire - "Elogi", 22 marzo 2016