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San Rocco visita gli appestati di Jacopo Bassano

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SAN ROCCO E IL VIRUS - ARTE STORIA E ATTUALITÀ

San Rocco visita gli appestati di Jacopo Bassano


San Rocco visita gli appestati è un grande dipinto a olio su tela, esposto nella sala IX della Pinacoteca di Brera, che solitamente i visitatori e le guide guardano distrattamente.
Invece meriterebbe un po' più di attenzione, soprattutto in questi difficili giorni di Covid-19, poiché, seppure indirettamente, può insegnarci qualcosa. Tra l'altro il santo ivi effigiato è fra i più ricercati in rete dai devoti alle novene a lui dedicate!

L'autore, che lascia la sua firma sul gradino in basso a destra – IAC s A PŌTE / BASSis /PINGEBAT –, è Jacopo da Ponte, detto Jacopo Bassano dal luogo di nascita (Bassano del Grappa, 1510 ca - 1592).

A partire dalla monografia di Edoardo Arslan del 1931, la tela, giunta a Brera nel 1811 e proveniente dall'altare maggiore della chiesa di San Rocco a Vicenza, è stata datata al 1575-76 e posta in relazione con la pestilenza del 1575-77 che flagellò le province della Repubblica Veneta.

Sarebbe dunque un ex-voto per la liberazione dalla peste. Tuttavia, dal momento che Rocco è il santo titolare della chiesa tuttora esistente, non è strettamente necessario ritenere che l'opera sia stata commissionata proprio in occasione di quel morbo. Questa datazione, pur non comprovata da nessun documento, è comunque accettata dalla maggior parte dei critici.

Certamente il dipinto è stilisticamente ascrivibile a una fase tarda della produzione del pittore sia per il suo colorismo raffinato e studiato e la sua libertà di tocco e di colpi di luce, soprattutto sulle figure in primo piano, sia per la costruzione scenografica, di origine ancora manieristica, degli edifici in fuga laterale che creano una profondità monumentale, ma anche perché riproduce in controparte il medesimo schema di un'altra opera di Jacopo, il Battesimo di Santa Lucilla del Museo civico di Bassano della metà degli anni Settanta, che presenta la stessa luce spiovente dall'alto.

San Rocco si apre un varco tra edifici diroccati disposti in un'infilata prospettica diagonale. Lo scenario architettonico è desolante. Sembra di trovarsi ai margini del centro urbano, all'aperto, per strada, forse per la scelta di ghettizzare i malati e tenerli lontani dalle persone non contagiate.
Sullo sfondo due donne assistono una concittadina accasciata a terra all'esterno di una costruzione ellittica, anch'essa in rovina, che ricorda vagamente la Basilica palladiana.
In primo piano, specularmente al santo, un giovane appestato coperto solo da un perizoma azzurro e atteggiato come un san Sebastiano alla colonna, viene sostenuto da due soccorritori, uno giovane vestito di tutto punto ed uno più anziano, ed è invitato a unirsi al gruppo dei malati sdraiati su quello che pare il sagrato di un tempio o di una chiesa crollata, introdotta da un plinto diroccato.
San Rocco, col suo berretto a larghe falde, il bordone, il corto sanrocchino che porta disegnate le due chiavi incrociate di san Pietro a significare che è pellegrino romeo, con una coscia scoperta su cui si intravede una piaga della peste che lo ha infettato e con il fedele cane che lo soccorrerà nel bisogno estremo, entra in scena da sinistra con passo sicuro e benedice un bimbo morente, sorretto da un uomo vestito all'orientale, così premurosamente accasciato su di lui da far supporre che sia il padre.

Sanrocchino
Mantello corto, solitamente di tela incerata, usato un tempo dai pellegrini e che prende il nome dal santo, raffigurato quasi sempre con questo tipo di indumento

Il cane di san Rocco
La tradizione vuole che si chiamasse "Reste" e facesse parte della muta del nobile Gottardo Pallastrelli, signore del castello di Sarmato (PC).
Un giorno Gottardo vede il suo cane prendere un pane dalla tavola e scappar via. Poiché la scena si ripete per più giorni, il padrone, incuriosito, segue l'animale e così scopre il rifugio di Rocco al quale, malato e sofferente, il cane porta il pane rubato. Il nobiluomo prende Rocco con sè e lo cura. Ma la santità di Rocco è contagiosa come la peste: Gottardo rinuncia ai suoi beni e presta il suo servizio ai malati diventando il primo "discepolo" di San Rocco.

Una giovane donna in ginocchio, probabilmente la madre – il brano più bello ed efficace del dipinto – implora dignitosamente il santo taumaturgo. Ben evidente in primo piano giace una ciotola piena d'acqua, forse usata per il battesimo del piccolo, identica a quella utilizzata da san Valentino per battezzare Lucilla nella già citata pala di Bassano, a ricordarci che siamo in epoca di Controriforma e che la salvezza viene solo dalla fede e dalla conversione.

In alto, in cielo, tra nubi e angioletti appare la Vergine, forse la parte meno riuscita e stilisticamente più scollegata dal gruppo in basso. Con lo sguardo rivolto al cielo e la mano destra distesa verso la terra, in una posa un po' statica e ingessata, essa intercede per l'umanità dolente e malata. Maria Assunta si palesa senza essere apparentemente invocata da nessuno, neppure dal santo la cui biografia si svolge però tutta nel solco mariano e che è a lei indissolubilmente legato, come mostra anche la contiguità nel calendario liturgico della festa dell'Assunta (15 agosto) e di quella di san Rocco (16 agosto).

Veniamo, infine, alle ragioni più profonde che mi hanno spinta a porre l'attenzione su quest'opera. Anche se è solo indirettamente collegato a questo dipinto, in quanto testimone e protagonista della pestilenza del 1575-77 qui raffigurata, mi preme ricordare la figura di un medico vicentino, Alessandro Massaria, forse sconosciuto ai più e di cui io stessa ignoravo l'esistenza fino a poco tempo fa quando mi sono casualmente imbattuta nel suo nome.
Interpellato per prendere le principali misure contro questo flagello, a Vicenza fu tra i medici più impegnati nel combattere la malattia e fu anche autore di un trattato sulla materia, il De peste.
Ebbe il merito di intuire l'importanza dell'igiene e della prevenzione e di introdurre il concetto di infezione da contagio, condividendo il pensiero di Girolamo Fracastoro che aveva parlato di seminaria, corpuscoli microscopici responsabili della trasmissione dell’infezione.
Anche grazie a lui a Vicenza ci fu un numero contenuto di vittime rispetto alle altre città venete (a Venezia morirono circa 50.000 persone, un terzo della cittadinanza).

Partendo dunque da un'opera d'arte, che è anche una testimonianza storica, mi sembra giusto ricordare e rendere il dovuto omaggio, in questi duri mesi che stiamo vivendo, al medico Massaria e a tutti i suoi anonimi colleghi, infermieri e operatori sanitari che ancora oggi, come in passato, rischiano la loro stessa vita per sconfiggere questo flagello contemporaneo che si è abbattuto sull'umanità.

Sara Colombetti, aprile 2020
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Testi suggeriti per approfondimenti
- Catalogo Pinacoteca di Brera, Electa, Milano, 1988.
- Claudia Terribile, San Rocco e gli appestati en plein air. Guarigione, visita, benedizione? La pala di Brera di Jacopo Bassano in “Jacopo Bassano, i figli, la scuola, l'eredità ”. Atti del convegno internazionale di studio, Bassano del Grappa, Museo Civico; Padova, Università degli studi; Archivio antico del Bò, 30 marzo - 2 aprile 2011. Centro di documentazione sui Bassano W.R. Rearick.