Quand’ero studente di Geologia, sul finire degli anni ‘50, sia in Italia, sia all’estero, nessuno nutriva dubbi: l’origine e la morfologia dei laghi prealpini (e del lago di Como in particolare) era attribuibile all’azione glaciale.
Le pareti dei versanti che sovrastano il Lario sono in genere sub-verticali, tipiche delle valli glaciali (dal profilo scavato ad U), e di origine evidentemente glaciale sono gli anfiteatri morenici depositati dalle unghie glaciali nell’alta pianura, ben riconoscibili a sud di Lecco, nella Brianza orientale ed a valle del ramo di Como.
NB1 Morene
Le morene sono strutture geomorfologiche costituite da accumuli di materiali detritici roccioso-terrosi generati dall'azione erosiva esercitata dai ghiacciai.
Si distinguono in
- morena interna, formata da materiale caduto sul nevato e ricoperto dalle successive nevicate;
- morena di fondo, situata tra la massa del ghiaccio e la superficie su cui essa scorre;
- morena laterale, a forma di argine, fiancheggiante le pareti rocciose del ghiacciaio e formata dal materiale caduto da esse;
- morena mediana, derivante dalla fusione delle morene laterali di due lingue glaciali confluenti;
- morena frontale, la morena deposta risultante dalla confluenza dei materiali morenici mobili, spesso di dimensioni cospicue e di forma arcuata.
NB2 Nevato
La neve che cade sopra il limite delle nevi persistenti (alle nostre latitudini, in alta montagna) si accumula per spessori considerevoli, se la conformazione del suolo non è sfavorevole alla raccolta, e si trasforma lentamente in ghiaccio, così, generalmente, hanno origine i ghiacciai.
La neve appena caduta è bianca splendente, farinosa e leggera, essendo un aggregato di minuti cristalli di ghiaccio che intercludono fra loro aria in abbondanza.
In seguito a parziale disgelo e successivo congelamento dell'acqua intorno ai cristalli, questi aumentano di dimensione, mentre diminuisce la quantità d'aria interposta; negli strati non superficiali l'aria viene poi in parte allontanata anche dalla pressione degli strati sovrastanti.
Si forma così il nevato, insieme di piccoli granuli di ghiaccio, a densità 0,35-0,55; proseguendo la trasformazione si giunge al ghiaccio a grossi granuli del ghiacciaio.
Pertanto s'indica con lo stesso nome di nevato anche la parte più alta del ghiacciaio (regione di alimento).
Il nevato è stratificato, e ogni strato rappresenta l'accumulo di un'annata o anche di un periodo più breve.
Al ghiacciaio si attribuiva poi la sovra-escavazione (o “esarazione”) della superficie su cui scorreva, col suo corredo di massi trascinati sul fondo, sui fianchi, all’interno (e sulla superficie stessa) della massa in movimento.
Si era giunti a sopravvalutare questa “esarazione” glaciale, attribuendo ad essa l’affossamento del fondo del lago (come ben conosciuto dai profili batimetrici) fino al massimo di 410 m dal livello attuale del lago (- 211 m sotto il livello del mare) nel ramo di Como, fra Argegno e Nesso.
Negli ultimi decenni la prospezione per idrocarburi ha permesso di elaborare sezioni stratigrafiche mediante linee sismiche a riflessione e a rifrazione con l’impiego di tecnologie innovative.
Esse hanno sconvolto le sicurezze degli studiosi, obbligandoli a riconoscere la erroneità delle precedenti interpretazioni. Ma li hanno ulteriormente entusiasmati con l’avvincente storia che ne è emersa.
Infatti le nuove ricostruzioni mostrano sotto il fondale attuale del lago di Como (e degli altri laghi prealpini) e sopra il substrato roccioso (o “bedrock”, all’inglese) un ulteriore deposito di sedimenti alluvionali, quindi di origine fluviale; inoltre le sponde delle pareti rocciose che delimitano il bacino lacustre e, più sotto, il deposito detritico, hanno la sezione a V, tipica della erosione fluviale.
Fra Argegno e Nesso, il substrato roccioso si trova 450 m sotto il fondo attuale (650 m sotto il livello mare attuale). La situazione è simile, anche se con dislivelli in genere inferiori, nel Verbano, nel Sebino e nel Benaco (rispettivamente i laghi Maggiore, d’Iseo e di Garda). Non lo è, invece, nel lago di Varese, trattandosi di un lago poco profondo intra-morenico.
Qual è allora, la genesi della “fossa” lariana? Ci viene in aiuto una considerazione interessante: i laghi della Svizzera che confluiscono nel Reno (ad esempio quelli di Zurigo e di Zug ed il lago dei Quattro Cantoni di Lucerna) mostrano anch’essi depositi detritici sotto il fondale, e sezioni talvolta a V delle valli fluviali, ma la massima profondità del basamento roccioso non supera se non di poco l’attuale livello del mare.
Il Reno raggiunge l’Oceano Atlantico gettandosi nel Mare del Nord. Gli emissari dei laghi prealpini invece confluiscono nel Po e poi nel mare Adriatico, che è parte del Mar Mediterraneo, separato dall’Oceano Atlantico dallo stretto (o “soglia”) di Gibilterra.
La storia geologica della terra, nell’area del Mediterraneo, fu interessata nel Messiniano (il Messiniano è un piano ed un’età nella storia della Terra fra 5,4 e 6,4 milioni di anni fa) da un drammatico abbassamento del livello dell’acqua a causa della temporanea interruzione delle comunicazioni con l’Oceano Atlantico (la soglia di Gibilterra ha attualmente profondità massima di circa 400 metri, e consente il mantenimento dei livelli fra Mediterraneo e Oceano, ma non già un sufficiente scambio delle acque, che rimangono ben differenziate sia dal punto di vista delle temperature, sia della salinità).
Nel Messiniano si verifica una importante “regressione” marina, il livello del Mediterraneo si abbassa fino a 2-3 km di profondità sotto il livello dell’Atlantico, e la superficie marina si riduce in modo impressionante.
Però, mentre nel bacino del Mediterraneo si crearono condizioni “evaporitiche” (insufficiente apporto d’acqua dai fiumi, forte evaporazione delle acque di superficie, abbassamento del livello del mare, abbondante deposizione di sali – quel che vediamo attualmente, in minor scala, nel Mar Morto -) nella Pianura Padana attuale era posizionato un lago, depresso solo un migliaio di metri, alimentato dall’abbondanza d’acque dei fiumi alpini, che solo più a valle defluivano verso un Mediterraneo ancora più basso e quasi del tutto prosciugato.
Questo lago “padano” fungeva da livello base per il profilo fluviale, ed era situato un migliaio di metri sotto l’attuale livello base (rappresentato dal livello mare, identico oggi sia per il Mediterraneo, sia per l’Atlantico) determinando l’attività erosiva dei corsi d’acqua.
NB3
Sulla linea di costa si spegne l’attività erosiva del fiume e vi si evidenzia, in condizioni di equilibrio, l’inizio di attività di deposizione dei solidi ancora in sospensione.
Se il livello di base è più basso di un migliaio di metri circa rispetto a quello attuale, è comprensibile che anche il piano di scorrimento dell’“Adda”, nel Messiniano (il paleo-Adda del ramo di Como), dovesse trovarsi altrettanti metri sotto il livello di scorrimento attuale (nel caso del ramo di Como sono stati misurati circa 850 m).
Nei bacini lacustri svizzeri sopra citati, tributari dell’Atlantico, il livello base (quello dell’Oceano Atlantico) rimase invece praticamente invariato, sicché il letto di detti laghi giace a profondità confrontabile con il livello del mare attuale.
Successivamente il Mediterraneo rientrò in comunicazione con l’Atlantico, il mare passò e ripassò anche sull’area lariana; giunsero infine le glaciazioni, che ci hanno lasciato l’ultima e definitiva impronta.
La “beffa” dei laghi prealpini finisce qui, ma il suo invito all’umiltà dovrebbe esserci sempre presente. Lo studioso non è obbligato a scoprire tutto subito e sempre, ma ogni scoperta deve essere tenuta come un brandello di verità percepito dalla mente umana, ma un nulla rispetto alla sbalorditiva ricchezza e complessità della Natura Creata.
Umberto Guzzi, Gruppo Naturalistico della Brianza, agosto 2019
Per le argomentazioni sopra esposte si è fatto parziale riferimento alla Guida Geologica Regionale, a cura della Società Geologica Italiana, “Alpi e Prealpi Lombarde”, n.11 itinerari.
Capitolo “Aspetti geomorfologici”, “I grandi laghi lombardi nel quadro dell’evoluzione neogenica” pagg. 60 - 62