L'Eclettico



Consumo di sottosuolo, consumo di futuro



Il problema visto da Milano: ieri, oggi, domani... e finale

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CONSUMO DI SOTTOSUOLO CONSUMO DI FUTURO

Il problema visto da Milano: ieri, oggi, domani... e finale


1 – IERI

MILANO CON L’ACQUA

Nella Pianura Lombarda, a sud delle Prealpi, nel corso del Quaternario (l’ultimo capitolo della storia della terra), estesi depositi di ghiaie, sabbie ed argille sono stati accumulati da torrenti e fiumi ai piedi dei cordoni morenici glaciali.

Figura 1. - Il sottosuolo di Milano. Sezione stratigrafica Nord Sud del campo pozzi Centrale Suzzani (Airoldi R.,Casati P., Le falde idriche del sottosuolo di Milano, novembre 1989). I pozzi (linee nere verticali) sono profondi in media intorno ai 100 metri e captano l’acqua (dove le linee si interrompono) fra 35 e 100 m di profondità; il sottosuolo è costituito prevalentemente da ghiaie e sabbie (figure di ciottoletti e puntinato); in profondità compaiono conglomerati (retinato a losanga); le argille (parti scure per fitte linee orizzontali), disposte in sottili fasce, presentano zone di discontinuità che possono ritardare ma non impedire la percolazione verticale di eventuali sostanze inquinanti disperse sul suolo.

Si tratta di depositi con spessore complessivo di qualche centinaio di metri: su di essi l’acqua di pioggia s’infiltra, come in una spugna.

Nell’alta pianura l’acqua penetra nel suolo e, scendendo in profondità, attraversa le ghiaie e le sabbie, aggira le lenti di argilla e raggiunge la falda idrica sotterranea (qui tutti gli interstizi fra i granuli sono saturi d’acqua). L’acqua della falda idrica sotterranea si muove orizzontalmente di moto lento ma continuo, filtrando fra gli interstizi, e ripete, in profondità, un percorso simile a quello dei corsi d’acqua di superficie.

La superficie della falda idrica, o falda freatica, da cui attingono o attingevano i pozzi (da “frear” = “pozzo” in lingua greca) si trova a qualche decina di metri di profondità nell’alta pianura, ma diventa meno profonda a mano a mano che si scende verso la media e bassa pianura.

Qui è nata Milano, in mezzo all’acqua. Sotto il centro di Milano, ancora nell’immediato dopoguerra, la superficie freatica si incontrava a pochi metri di profondità; a sud di Milano, era quasi affiorante.

Qualche ragione ci sarà stata, se lo sviluppo urbanistico di Milano è avvenuto privilegiando gli insediamenti a nord del centro cittadino (delimitato da quel che resta delle mura romane e poi della cerchia medioevale), mentre il sud aveva sempre avuto una connotazione agricola.

Fino al primo millennio dell’era cristiana, estesi acquitrini rendevano inospitale il territorio a sud di Porta Ticinese e Porta Romana, e non dovevano consentire neppure l’agricoltura; infatti le acque piovane, infiltrandosi nell’alta pianura, venivano a giorno in una vasta fascia di territorio che, distesa da ovest ad est, lambiva i quartieri sud della città.

La causa è facilmente riconducibile al percorso obbligato delle acque di falda: dovendo passare entro ghiaie e sabbie sempre più fini e imprigionate da strati argillosi più vasti e continui, fuoriuscivano in superficie sotto forma di stillicidi e piccole polle d’acqua che s’estendevano in acquitrini e paludi.

Furono i monaci cistercensi di Chiaravalle, nel XII secolo, che trasformarono questa circostanza sfavorevole in risorsa preziosa: a monte delle zone acquitrinose tini senza fondo venivano infissi nel sottosuolo fino a qualche metro di profondità; essi, superando il primo livello argilloso, raggiungevano la falda, lievemente in pressione, e facilitavano la fuoruscita dell’acqua, che veniva convogliata in canalette all’uopo scavate.

Si tratta dei “fontanili”: essi permisero di prosciugare gli acquitrini, raccogliere l’acqua, incanalarla, per utilizzarla nelle campagne non solo nei mesi estivi, ma anche nella stagione fredda, sfruttandone la temperatura, relativamente elevata, anche per l’irrigazione invernale, con la pratica colturale delle “marcite”.

Prova della felice integrazione dell’acqua con la città nei secoli passati sono i canali, la maggior parte dei quali navigabili.

Immediatamente siamo indotti a pensare ai navigli dei secoli XII e XIII, ma già in epoca romana si ebbero le prime deviazioni dei corsi d’acqua, non tanto per allontanarli da Milano, quanto per portarveli e potersene servire.

La Vettabbia, probabilmente dal latino “vectabilis”, doveva essere in origine navigabile ed alimentata in parte anche dal Seveso (dapprima, dopo aver attraversato tutta la città, nei secoli successivi dopo esservene avviato lungo la fossa interna); perfino l’Olona fu deviata fino a raggiungere la Darsena, e di qui, la Vettabbia.

Figura - Naviglio di Pavia, la “conca” di Moirago, per la navigazione dei barconi fra la Darsena (Milano) e il Ticino. Le conche del Naviglio di Pavia, così come quelle del Naviglio di Paderno, non sono attualmente praticabili. I progettisti di EXPO, per “Milano, città dell’acqua”, anziché ripristinare le antiche strutture idrauliche, hanno preferito competere con gli ingegneri idraulici dei secoli passati con “moderni” progetti: inutili, invadenti e, potremmo ben dire, “risibili” (le due canalette, di cui solo quella “nord” realizzata), ma forse più “remunerativi”.

La cultura dell’acqua e l’ingegnosità delle tecniche colturali ad essa legate hanno fatto delle campagne della Bassa Milanese, fino all’inizio del secolo scorso, un modello da imitare per l’intera Europa, mentre la darsena di Milano, nella prima metà del secolo XX, era uno fra i primi porti d’Italia per tonnellaggio di merci trasportate (la sabbia del Ticino).

Questa feconda convivenza venne ad incrinarsi nel XX secolo a causa di una serie di sconsiderati interventi fra i quali si possono citare:

Tutto ciò ha fatto di Milano una città vulnerabile dall’acqua e all’acqua, come testimoniato dalle esondazioni di Seveso e Lambro, ogniqualvolta le piogge sui bacini idrologici di competenza superino nelle 24 ore i 60-70 mm di pioggia cumulata.

È questo è il contesto in cui Milano si è aggiudicata, contro Smirne, l’Esposizione Universale del 2015, e per cui, anziché ricucire il legame Milano-Acqua di cui abbiamo scritto, ha preferito continuare, col plauso di quasi tutto il mondo politico e di tante espressioni del mondo sociale, del volontariato e persino della Chiesa, sulla china dello smantellamento degli equilibri naturali del territorio (leggi anche EXPO vorace, col pretesto della Via d'acqua >>>).

2 – OGGI

MILANO CONTRO L’ACQUA

Nella Sezione 1 ho descritto il Miracolo di Milano, città dell’acqua. Ho poi accennato all’incrinarsi di un così fecondo rapporto, a partire dalla seconda metà del XX secolo. La città di Milano, ed il suo territorio, fin oltre la metà del secolo passato sono stati privilegiati dalla natura per numerosi motivi:

Figura. - Bocca del Glacier Blanc (bacino della Durance, dipartimento Hautes Alpes, Francia) nell’agosto 1993. Spettacolo della natura che oggi è ormai un ricordo. Nevai e ghiacciai arretrano e si assottigliano; viene meno l’apporto estivo di acqua di scioglimento delle nevi ai fiumi alpini; a fine estate 2015 la Darsena di Milano era rimasta quasi senz’acqua.

Le modificazioni climatiche in corso, la cui origine antropica e la cui eccezionale velocità di evoluzione non sono più negabili neppure dai più strenui sostenitori di una attribuzione ai naturali cicli climatici cui la terra è da sempre soggetta, condurranno a breve a:

Di fronte a queste limitazioni, la sola risorsa su cui Milano possa contare è quella delle acque sotterranee.

Purtroppo, da decenni ormai, la politica della acque, e di quelle sotterranee in particolare, non persegue un obiettivo preciso, ma sembra procedere a vista, con misure contrastanti ed incoerenti.

Anzitutto è bene sfatare la favola, costruita ad arte, che Milano abbia acqua buona, abbondante ed a basso prezzo, rispetto ad altre città italiane, per la buona gestione che ne è stata fatta.

Il merito è solo della natura, dei ghiacciai quaternari, e dei nostri antenati che non hanno (né forse ne avevano i mezzi) sconvolto il sottosuolo, sede dell’acquifero.

Figura. - Scarpata naturale con strati di ghiaia e sabbia (destra idrografica del torrente Cosia, Camnago Volta - Como).
Deposito di origine torrentizia accumulato dal torrente successivamente all’ultima glaciazione Wurmiana o nel corso di una pulsazione della stessa.
Si osservino l’inclinazione degli strati, l’alternanza di materiali grossolani (ghiaie) e fini (sabbie), la sedimentazione gradata in alcuni strati (il diametro dei granuli diminuisce dal basso verso l’alto). Terreni come questi sono il filtro naturale delle acque di pioggia e, in profondità, la sede delle falde idriche sotterranee.

Quello che invece hanno fatto e stanno facendo le ultime generazioni deve preoccupare parecchio.

Il prelievo eccessivo di acqua dal sottosuolo nel corso degli anni ’50, ’60 e ’70 ha determinato abbassamenti giganteschi della falda.
Gli impianti pilota di ricarica delle falde idriche sotterranee sono stati abbandonati senza mai uscire dalla fase sperimentale per l’intervento prepotente, negli ultimi decenni del secolo passato, di gruppi economici interessati allo sfruttamento del “sottosuolo” di Milano.
Le Amministrazioni pubbliche, male informate dai rispettivi uffici tecnici, non solo non contrastarono, ma assecondarono addirittura l’assalto incosciente al sottosuolo: furono gli anni in cui si progettarono e realizzarono estesi sistemi di parcheggi sotterranei, mentre la “talpa” delle linee MM 2 e MM3 attraversava all’asciutto o quasi il sottosuolo milanese, ignorando che il gigantesco cono di depressione della superficie freatica (abbassamenti dell’ordine dei 40 metri nel centro di Milano) dava segni di potersi colmare, complici l’abbandono degli insediamenti industriali e l’azzeramento dei relativi prelievi d’acqua.

Un secondo fenomeno si è ingigantito negli ultimi decenni: l’urbanizzazione delle aree intorno a Milano, un tempo adibite a coltivazione agraria, se da un lato ha rallentato, per minore infiltrazione dell’acqua di pioggia, la risalita dei livelli di falda, ha innescato comunque la crisi del drenaggio idrico superficiale: i corsi d’acqua superficiali, proprio quelli che la Milano del Comune, i Visconti, gli Sforza, avevano deviato verso la città perché questa ne traesse vantaggio, oggi, ad ogni evento piovoso di pur modesta entità, minacciano esondazioni.

Figura. - La spiaggia naturale di via Valfurva, a Milano Niguarda. La natura vince sempre. L’acqua del Fiume Seveso, quando non riesce a scorrere nel tunnel sotto la città, esce impetuosa dai tombini trascinando sabbia e fango che si depositano come in un fondale naturale di acque basse, soggette a moto ondoso e correnti di trasporto.

3 – DOMANI

L’ACQUA CONTRO MILANO

La risoluzione sembra semplice e consiste nel ripristinare l’infiltrazione naturale (è possibile e dimostrabile): questa comporterà la risalita dei livelli di falda alle quote dei primi decenni del secolo scorso.

Occorrerà di conseguenza risanare e proteggere dall’acqua di falda in risalita le opere pubbliche realizzate nell’ignoranza (sincera o simulata) delle più elementari leggi dell’idraulica e destinate ad esserne sommerse, ricercando le responsabilità, ed allontanando dalle gare e dai cantieri le società ed i tecnici coinvolti.

Occorrerà infine predisporre leggi urbanistiche che garantiscano quella che viene definita “invarianza idraulica” (garanzia che l’infiltrabilità delle acque di pioggia non venga modificata a seguito di opere edilizie o stradali) non solo relativamente alle nuove realizzazioni (gli spazi disponibili sono ormai ridotti a un 20-30% dell’intero territorio), ma su tutto il pregresso.

Il “Gruppo Naturalistico della Brianza” ha illustrato e sta diffondendo proposte di intervento sia a livello normativo-tariffario: “UN PREMIO ALLA BUONA CONDOTTA (in senso idraulico)”, sia a livello volontaristico: “BASTA LA BUONA CONDOTTA – IL PREMIO? POI SI VEDRÀ!” (leggi di più Proposta per il risanamento idrogeologico della Pianura Nord-Milanese >>>).

Figura - Una cava di ghiaia e sabbia nella pianura del Santerno, in Emilia, nel 1976. Come si vede dalla foto, la prassi di prendere il “buono” dal sottosuolo e buttarci il rifiuto non è nata oggi. Le conseguenze hanno tardato decenni per farsi sentire in tutta la loro gravità, ma dureranno secoli. Eppure ancora oggi si continua. Quando l’acqua non solo da bere, ma anche per lavarci il viso, dovrà essere “trattata”, qualcuno ci guadagnerà, noi, tutti gli altri, avremo perso.

Grossi interessi, ormai da alcuni decenni, stanno operando per distruggere definitivamente il sistema idrogeologico-idraulico che ha fatto la fortuna di Milano; occorrerà una nuova glaciazione come quella rissiana, sviluppatasi all’incirca fra 250.000 e 100.000 anni fa, e almeno 100.000 anni di storia della Terra per sbarazzare la pianura di tutto il ciarpame accumulato questi ultimi, pochi decenni e deporre quei 100-200 metri di ghiaie, sabbie ed argille, in sostituzione di quelle in parte asportate (o sostituite da materiali di risulta anche inquinanti e tossici) che contenevano e proteggevano le risorse idriche del milanese; infatti:

Così il cerchio si stringe: più il materasso alluvionale viene impermeabilizzato, più veloce è la formazione dell’onda di piena, più aumenta la necessità di bacini di laminazione (che permettono fra l’altro, un ulteriore approvvigionamento di ghiaia e sabbia per le imprese del settore, in deroga al “Piano Cave”), che a loro volta contribuiscono a rendere più minuscolo il serbatoio; questo, anche in caso di infiltrazione naturale, come una spugna sempre più piccola, si satura più velocemente d’acqua, i livelli di falda salgono, e tutti, pubblico (MM capofila) e privato, sono autorizzati dalla regione ad operare, con centinaia di pozzi, un sistematico salasso d’acqua dalla falda, con ulteriore destabilizzazione degli equilibri del sistema idrico superficiale e sotterraneo.

FINALE

Milano, città dell’acqua, s’appresta a divenire città senz’acqua:

Milano rimarrà senza le fonti d’acqua permanenti, di facile accesso e di buona qualità, cui era abituata. Rimarrà in balia di coloro che in queste condizioni la stanno riducendo, contrastando gli ultimi tentativi della falda per ritornare ai livelli del tempo che fu fino a poco più di mezzo secolo fa.

I milanesi delle “5 giornate” del ’48 misero in crisi il governo austriaco rinunciando a consumare tabacco e generi alimentari del monopolio di stato.
Sapranno ora contrastare l’arbitrio dei gruppi d’interesse che le stanno togliendo il sottosuolo e l’acqua da sotto i piedi?

Umberto Guzzi, geologo - Gruppo Naturalistico della Brianza, giugno 2016
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Rilanciato da Natura e Società, n.2 - giugno 2016 pag. 28