L'Eclettico



A Brera come in casa mia



Ogni tanto si sposta la “mobilia”

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A BRERA COME IN CASA MIA

Ogni tanto si sposta la “mobilia”

“Amo Brera: quando mi aggiro fra le sue sale mi ci sento come a casa mia!”

“Come vorrei che tutti “sentissero” così”.


Questo scambio di confidenze via posta elettronica è stato il mio primo diretto contatto con James Bradburne, il nuovo Direttore Generale di Brera nel suo nuovo assetto che riunisce Pinacoteca e Biblioteca Nazionale Braidense.
La prima affermazione è quella con la quale mi sono presentato a lui, la seconda è stata la sua risposta.
Di fatto un programma, un bel programma! Oltre che cortesia inaspettata: ricevere un immediato riscontro ad una lettera di proposte non è proprio quel che accade normalmente in occasione di corrispondenze con interlocutori “nostrani”, che spesso nemmeno sono di questo livello.
Certo, si tratta di un semplice episodio, però è anche una conferma del clima di aspettative positive che, fin dal suo insediamento, si è subito cominciato a percepire nei discorsi di chi lavora e frequenta la Pinacoteca.

In questo contesto, la notizia che a breve sarebbe stato avviato un percorso di riallestimento per lotti delle sale non ci ha messi in allarme come avrebbe fatto un analogo annuncio in passato (specialmente alla luce di esperienze già vissute). A maggior ragione rassicurante è stato l’essere informati che il nuovo allestimento sarebbe stato “reversibile” e che la volontà del nuovo Direttore, dichiarata a noi ed in occasioni pubbliche, è quella di “essere sempre disponibile all’ascolto”.

E così, per seguirvi un’iniziativa didattica sulla pittura delle Marche (nell’ambito delle proposte ideate e condotte dalle bravissime ed appassionate operatrici dei Servizi Educativi, che da anni frequentiamo assiduamente con notevole beneficio per la nostra personale cultura artistica), siamo arrivati, non con apprensione ma con curiosità, alla sala XXII: una di quelle oggetto dell’intervento e nella quale hanno trovato nuova collocazione le opere provenienti da questa regione.

A dire il vero, le sale interessate dall’operazione - dalla XX alla XXIV, dedicate alla pittura rinascimentale marchigiana ed emiliano-romagnola - non ci dispiacevano affatto anche nella precedente “versione”.
Ci era, anzi, molto piaciuta – ed ora ne sentiamo un poco la mancanza - la comparsa, fra gli “ori” di Carlo Crivelli, della bella statua lignea che aveva preso il posto di una delle postazioni tecnologiche (pur necessarie per lo scopo per il quale erano state pensate ma esteticamente stridenti col contesto) del progetto finalizzato ad illustrare gli interventi di restauro.

Ad ogni modo, il principale risultato della riorganizzazione delle opere consiste, oltre al già riferito spostamento dei Marchigiani dalla sala XXI alla XXII, nel più stretto accostamento della pittura Ferrarese ed Emiliana fra le sale XX e XXI, dove i dipinti sono esposti seguendo criteri legati anche alla loro dimensione.
E cercando di dare più “respiro” a quelli di maggior pregio artistico che, a parere di alcuni (evidentemente condiviso da chi ha operato le scelte), risultavano penalizzati dalla precedente disposizione: nella quale “si perdevano” perché “troppo affollata”. Prima “vittima” dello “sfoltimento” è la pittura della Romagna che vede “retrocessi” nei depositi i vari Palmezzano, Rondinelli e Zaganelli.

Per chi scrive è stato come quando si torna dopo tanti anni nella città in cui hai vissuto da piccolo e la vedi cambiata rispetto al tempo dell’infanzia. Qualcuno a cui eri affezionato non c’è più, di altri non ricordi nemmeno le sembianze però ricordi che c’erano.
Magari te ne è rimasto in mente solo un dettaglio: come la “facciona di Alberto Sordi” nella riproduzione di una “grottesca” - ispirata alle decorazioni della Domus Aurea – proprio sopra la testa di San Giuseppe nell’Adorazione del bambino di Marco Palmezzano che stava (a nostro avviso bene) alla sinistra della monumentale Pala Portuense di Ercole De Roberti.
Di questa area geografica nella collezione permanente resiste il Cristo portacroce (che riecheggia un’incisione di Dürer) di Francesco Zaganelli: pittore dal segno “duro” che condivideva bottega e firma delle opere con il più “delicato” fratello Bernardino, come documentato dagli studi sulla pala della Madonna in trono fra San Giovanni Battista e san Floriano in armatura fra angeli.
Rinviando ad altra pagina de L’Eclettico per ulteriori approfondimenti – ed un’ardita proposta! - su di essa (James Bradburne come il Duca di Wellington?) ci limitiamo qui a dire che siamo certi di rivederla presto restituita al pubblico: non fosse per altro che per la sua importanza nel consentire di riconoscere le diverse “mani” dei due fratelli.
È questa una speranza nella quale, lo confessiamo, sono contenute anche personali ragioni affettive. Del resto non abbiamo alcun titolo per proporre considerazioni con pretesa di valore scientifico e le nostre riflessioni sui dipinti, di Brera come di altre esposizioni - permanenti o temporanee - hanno il solo valore che possono avere le osservazioni di un appassionato al quale piace approfondire e documentarsi su quel che vede; e sono ovviamente discutibili, come è sempre discutibile e sottoposto al giudizio del pubblico tutto quello che ha, appunto, rilevanza pubblica.

Ma torniamo alle ragioni di chi ha operato la selezione: il prof. Giovanni Agosti, al quale il Direttore Bradburne ha affidato l’incarico senza poi interferire sulle sue decisioni – com’è giusto che sia.
Risulta abbia parlato della necessità di rimuovere le “superfetazioni” accumulatesi negli anni da parte di chi ha affastellato dipinti su dipinti. Di fronte a noi altri hanno con un certo disprezzo definito “croste” le opere “espulse”. Pur non mettendo in discussione l’autorevolezza di chi avrebbe pronunciato il primo dei due vocaboli citati (che ci saremmo astenuti dal riferire se non ci fosse stato riportato da più d’una persona degna di fede), ci permettiamo di considerarlo per lo meno inappropriato, visto che si sta discutendo di dipinti e non di abbaini o abusi edilizi sui tetti degli edifici.
Stesso discorso per il secondo: con l’aggiunta che, a volte, quello di provare a tracciare qualche segno con un pennello su una tela potrebbe essere un esercizio d’aiuto nel momento in cui ci si trova a dover esprimere un giudizio sul lavoro di un artista.
Con tutto ciò non si discute l’affermazione di chi ritiene che in una Galleria di livello nazionale, quale è Brera, non bisogna aver paura di far scelte che possano insegnare al visitatore quali sono i dipinti che valgono davvero (e proporli in modo adeguato al loro valore) affinché possa imparare a distinguerli da quelli che non sono altrettanto significativi.

Con quest’ottica abbiamo quindi provato a verificare chi e come ha guadagnato dalla nuova sistemazione, e ne abbiamo scritto (Chi ci guadagna?).

Giovanni Guzzi, aprile 2016
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