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James Bradburne a Brera come il Duca di Wellington?



Potrebbe sconfiggere di nuovo Napoleone restituendo alla Romagna quel che l'Imperatore dei Francesi le ha trafugato

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JAMES BRADBURNE A BRERA COME IL DUCA DI WELLINGTON?

Potrebbe sconfiggere di nuovo Napoleone restituendo alla Romagna quel che l'Imperatore dei Francesi le ha trafugato


ANTEFATTO: NEI LUOGHI D'ARTE SI FANNO SEMPRE OTTIME CONOSCENZE

“E quella è una pianta di acanto” spiega la professoressa ai propri studenti “si riconosce perché le sue foglie assomigliano a quelle dei capitelli corinzi nell’antica architettura greca”!

“Qui conviene alzare le antenne” abbiamo pensato assistendo, nell’Orto Botanico di Brera, a questo inconsueto percorso riconoscitivo “può essere in vista un incontro interessante”. Abbiamo così fatto conoscenza con una classe di liceo di Lugo (RA) che abbiamo poi accompagnato in visita alla Pinacoteca.

Per curiosa combinazione, partecipando pochi giorni prima di questo incontro ad un'iniziativa didattica dello staff dei Servizi Educativi della Soprintendenza sul pittore forlivese Marco Palmezzano, avevamo notato anche dipinti, normalmente poco considerati, opera dei fratelli Zaganelli: due pittori attivi a cavallo dei secoli XV e XVI ed originari di Cotignola, cittadina della Romagna confinante proprio con quella di provenienza della scolaresca!

Nell’indicarli agli studenti, sorpresi ed orgogliosamente compiaciuti di trovarsi così degnamente rappresentati fra i tesori di Milano, scopriamo a nostra volta che l’insegnante, Raffaella Zama, è discepola di Federico Zeri ed agli Zaganelli e bottega ha dedicato importanti studi e pubblicazioni ma, per modestia, non ne avrebbe fatto cenno ai propri allievi!

Approfittando della fortunata opportunità apprendiamo che una sua opera prediletta è la pala che raffigura la Madonna con il Bambino in trono fra i Santi Giovanni Battista e Floriano, arrivata a Brera nel 1811 in seguito alle spoliazioni napoleoniche che l’hanno sottratta all’altare maggiore della chiesa di San Francesco a Cotignola.
Qui è rimasta, scampando miracolosamente ai bombardamenti che nell’ottobre 1944 ne distrussero la navata centrale, la lunetta della Pietà che la completava.

L’iscrizione “YHS Franciscus et Bernardinus / fratres cotignolani de Zaga / nelis faciebant 1499”, che compare nel cartiglio vicino al ginocchio di san Floriano, oltre a datare l’opera segna l’inizio dell’attività comune esercitata dai due fratelli e contratta ufficialmente con il patto di cosiddetta "fraternitas".
Gli Zaganelli avevano infatti stipulato una società di lavoro e di vita che prevedeva la comunione di tutti i beni e, con molta probabilità, anche la duplice firma sulle opere dipinte, indipendentemente dalla mano esecutrice.

L’importanza di questa pala di Cotignola consiste anche nel suo essere l’unica nella quale si possono distinguere gli stili dei due fratelli (nelle successive si vedrà prevalere solo l’intervento di Francesco).
La Madonna col Bambino e l’angelo di sinistra, che regge i fiori ammantato da una veste che ricade morbida, sono definiti da una linea dolce che descrive le figure con la naturalezza consona ai modi di Bernardino. Mentre ben si addicono a Francesco il panneggio tormentato e incisivo e la linea più aspra e tesa che caratterizzano l’angelo che porge ciliegie, analogamente a quello seduto ai piedi del trono che evidenzia già una spiccata attenzione a modelli incisori di origine nordica.

La freddezza cromatica dell’insieme colpisce sensibilmente l’osservatore anche per la gamma utilizzata negli abiti: che variano dal chiaro color viola a un delicato azzurro combinato a un tenue verde per gli angeli in alto, al metallico grigio della lucente armatura di San Floriano, al violaceo manto del Battista, risvoltato di un raffinato verde oliva che si ripete anche nell’angelo seduto.

Ovunque vi sono minuziosi particolari: decorazioni finemente lumeggiate su fondo scuro, ornamenti preziosi, trasparenti applicazioni vitree, che costituiscono la peculiarità eccezionale di questi pittori.

Quanto alla presenza di un santo in armatura poco rappresentato come Floriano, nel quale per tradizione orale si credeva ritratto uno dei due pittori, potrebbe essere spiegata con la commissione del dipinto ipotizzabile dal lascito testamentario a favore della chiesa di san Francesco disposto da Florino di Maso da Cotignola, castellano della rocca di Gradara, governata per conto di Giovanni Sforza.
L’appartenenza di quest’ultimo al ramo pesarese della dinastia di cui era capostipite Muzio degli Attendoli da Cotignola detto lo Sforza, in un certo senso “giustifica” a posteriori anche l’arrivo della pala a Milano!

Passando dalla storia alla scienza, il percorso di studi di chi scrive ci porta a notare con interesse, oltre alla fitta vegetazione arborea ed arbustiva che arricchisce lo sfondo, anche la particolare "vergenza" delle formazioni rocciose che, per le vicende geologiche della zona, danno ai rilievi montuosi il caratteristico aspetto che anche un occhio inesperto coglie percorrendo la regione.

Dulcis in fundo… questa opera, con i suoi autori e tutto il loro mondo, ricostruito con estrema cura e filologico rigore, è al centro della trama del romanzo “Un’oncia di rosso cinabro”: giallo storico di Chiara Arrighetti.


AGGIORNAMENTO 2016: QUANDO UN'ISTITUZIONE D'ARTE FA BENE IL SUO LAVORO

Un luogo di conservazione dell'arte esercita pienamente il suo ruolo quando diventa stimolo e motore propulsore di ulteriori approfondimenti, suscitando nel visitatore curiosità e desiderio di ampliare le proprie conoscenze. Brera, e questo dipinto, su di noi questo effetto l'hanno avuto.

La vicenda sopra descritta e la pubblicazione di un nostro articolo (uno dei primi d'arte) su di essa sono stati infatti, il presupposto di una "mezzora" (molto ampia ed allungatasi a ben oltre un'ora per la passione di chi l'ha condotta!) di approfondimento sull'opera offerto dai Servizi Educativi di Brera al proprio pubblico.
I lettori possono facilmente immaginare la nostra soddisfazione per essere in questo modo passati dal "passivo" ruolo di fruitori a quello anche attivo di co-promotori delle attività della Pinacoteca.
Per di più essendo loro anche loro di supporto: infatti nel frattempo ci eravamo proprio recati di persona a Cotignola per vedere dal vero la "lunetta" riportandone al relatore foto sue e della sua attuale collocazione.

Si noti che, nell'occasione, ci aveva fatto da guida proprio la sopra citata Raffella Zama, tanto valida come ricercatrice quanto pienamente testimone dell'ospitalità romagnola: è indimenticabile nella nostra memoria la scena della sua cucina di casa dove ci ha accolto per offrirci la tipica locale piadina, impastata sul momento con le sue mani sul tavolo dove stavano contemporaneamente accatastate le monografie che ha dedicato ai pittori romagnoli ed ha offerto alla lettura dei visitatori venuti dalla Lombardia!

Da quanto fin qui raccontato si capisce che, se non abbiamo titoli accademici per esprimere giudizi assoluti sulla qualità delle opere esposte in Pinacoteca, ed assodato che il gusto estetico è notoriamente quanto di più soggettivo esista, queste che proponiamo ai lettori dell'Eclettico sono solo osservazioni di un appassionato, magari affezionatosi a determinati dipinti per ragioni personali (peraltro del tutto legittime) anche al di là del loro valore storico-artistico.


UNA PROPOSTA: E SE BRERA RESTITUISSE IL MALTOLTO DI NAPOLEONE?

Per questo motivo ci è un po' dispiaciuto che il nuovo allestimento di alcune sale della Pinacoteca (sul quale diremo la nostra in altra pagina elettronica de L'Eclettico) proponga, rispetto al passato, una diversa selezione delle opere da esporre nelle collezioni permanenti, e che della scelta abbia "fatto le spese" anche la "nostra" pala degli Zaganelli: "retrocessa" nei depositi.

Come detto non abbiamo alcuna qualifica per contestare la scelta. Del resto c’è chi ritiene che in una Galleria di livello nazionale bisogna saper operare le pur dolorose scelte necessarie per far capire al visitatore quali sono i dipinti che sono davvero importanti per la loro qualità artistica (e proporli in modo adeguato al loro valore) affinché possa imparare a distinguerli da quelli che non sono altrettanto significativi, anche qualora lo fossero dai punti di vista storico e scientifico.
Dalle notizie raccolte apprendiamo che di questa opinione è il curatore del nuovo allestimento (Giovanni Agosti) e che una delle finalità che con esso avrebbe perseguito consisterebbe nell'eliminazione delle "superfetazioni" accumulatesi nel tempo. Abbiamo "virgolettato" l'espressione perché ci è stata riferita da più di una persona (altrimenti l'avremmo omessa). Altri hanno definito "croste" le opere rimosse.

Dal basso della nostra incompetenza riteniamo l'uso di questi vocaboli "un tantino" eccessivo, oltre che inappropriato visto che si sta parlando di dipinti e non di abbaini o abusi edilizi sui tetti degli edifici. Convinzione confermataci dalla lettura di quanto scrive su questa pittura uno studioso non proprio "sprovveduto" come Federico Zeri (leggi di più >>>).
E tuttavia, non volendo fare una tragedia di una decisione fra le più comuni nei musei, facendo di necessità virtù ci permettiamo di lanciare una proposta:

perché non far ripercorrere a ritroso, almeno a quest'opera, il tragitto che nell'Ottocento le ha fatto fare Napoleone... e non riportarla a Cotignola riunendola alla sua lunetta e restituendola, almeno con la modalità del deposito temporaneo, al territorio che l'ha prodotta ed al contesto per il quale è stata dipinta?

Siamo ben consapevoli che l'impresa non è semplice e che sono molteplici gli ostacoli da superare per condurla in porto, ma siamo convinti che le buone idee sono come l'acqua: capace goccia a goccia di scavare la più resistente delle rocce. Perciò siamo fiduciosi!

Tutto quello che si vuole lo si può fare e sarebbe bello che proprio un direttore di Brera di origine anglosassone, come un nuovo Duca di Wellington, simbolicamente sconfigga di nuovo Napoleone e restituisca alla Romagna una delle opere che l’Imperatore dei Francesi le ha depredato.

Giovanni Guzzi, aprile 2016
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La pittura della Romagna nel Quattrocento