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Il teatro nella sinfonia



Berlioz, Harold en Italie: il momento di gloria della viola protagonista

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IL TEATRO NELLA SINFONIA

Harold en Italie di Berlioz: il momento di gloria della viola protagonista


È pur vero che quello dedicato a Berlioz arriva come quarto grande concerto di MiTo, tenuti tutti uno dietro l’altro, e che non tutti riescono ad andare dappertutto, però è un peccato che per l’occasione la Sala Verdi del Conservatorio sia vuota al 50%. Buon per noi che così, in questa scomodissima sala (da questo punto di vista la peggiore in assoluto di Milano) nella quale ci si reca proprio perché non si può fare a meno della musica, per una volta siamo riusciti ad ottenere il posto nella fila L (dove si possono distendere le gambe, altrimenti terribilmente incastrate fra la propria seduta e lo schienale della poltrona della fila sottostante e costrette all’immobilità anche se non si è alti come un giocatore di pallacanestro) e la poltrona numero 13!

Prendiamo la vicenda come buon auspicio e ci apprestiamo ad ascoltare la giovane orchestra francese Les Siècles diretta da un altrettanto giovane direttore: Nicholas Collon.
Fatto apprezzato da un gruppo di anziani affezionati che, all’intervallo, si rallegrano per la propria scelta e stigmatizzano come non avveduti coloro che hanno optato per un “ottuagenario direttore” contemporaneamente in scena in un’altra prestigiosa sala cittadina ma “già ascoltato un’infinità di volte e senza più molto di nuovo da dire”.
Il problema forse è che il pubblico della classica, nonostante iniziative come MiTo che cercano di renderla popolare facilitandone l’accesso, non è ancora numeroso a sufficienza per non far notare il suo spostamento in massa dietro al nome di richiamo. Un po’ come fanno i bambini quando, giocando a pallone liberamente e non inquadrati dagli allenatori fin da piccoli, corrono tutti dietro alla palla in qualsiasi zona del campo essa si trovi!

Come chi l’ha preceduto sul podio del Conservatorio, anche Collon dispone l’orchestra in formazione inusuale, tenendo i contrabbassi proprio di fronte a sé, dietro i legni, con i violini sulle ali, ed apre il concerto col brano che più ci interessa oggi ascoltare: Harold en Italie, Symphonie en 4 parties avec un alto principal op. 16.
Composta nel 1834, quattro anni dopo la più nota Symphonie fantastique che sarà eseguita dopo l’intervallo, la Sinfonia in quattro parti per viola concertante e orchestra è diventata celebre anche per essere uno dei pochi esempi di grande partitura dedicata alla viola come strumento solista. In effetti è stata composta su invito di Niccolò Paganini che l’aveva commissionata a Berlioz perché desiderava un brano attraverso il quale potesse far apprezzare le qualità di una sua viola Stradivari.

Ispirata al poema narrativo di Lord Byron Il pellegrinaggio del giovane Aroldo (Childe Harold) l’opera non venne però mai suonata da Paganini perché priva dei caratteri virtuosistici che lo interessavano. Tuttavia la ascoltò anni dopo e, per testimoniare al compositore il suo apprezzamento, risulta che gli fece pervenire un’ingente somma di denaro.

Come nella Symphonie anche nell’Harold c’è teatro: nello strumento solista sono identificati il protagonista e le sue emozioni nel percorrere i paesaggi dell’Italia (così amati nell’Ottocento) descritti dall’orchestra. Viene così costruita una contrapposizione fra interiorità e mondo esterno che dialogano o combattono schermaglie fino al parossistico finale nel quale la viola soccombe al fragore dell’orchestra definito dal suo stesso autore: “pandemonio sovrannaturale e spaventoso”.

Una teatralità che il direttore enfatizza subito in avvio: infatti, accompagnata dall’arpa, la viola solista di Adrien La Marca inizia ad esporre la nobile melodia dell’Adagio introduttivo prima ancora di essere entrata in scena, e continua a farlo mentre va a prendere posto, al centro dell’orchestra, accanto al direttore. In partitura l’autore ci dice infatti che qui Aroldo viaggia in montagna fra scene di melanconia, beatitudine e gioia.
Mentre si assiste alla curiosa scena fuori programma di un violino, in ultima fila davanti alle arpe, che rompe una corda e si affretta alla sua sostituzione, corno e flauto si richiamano vicendevolmente nel finale della Marcia dei pélerins che cantano la preghiera della sera prima che la viola ritorni al tema ricorrente.
Segue la Sérénade, di un montanaro degli Abruzzi alla sua donna, che inizia come una danza e ci presenta in musica l’idea dell’Italia folcloristica che si aveva in Europa a quel tempo, resa ben comprensibile dalla recente mostra che ne ha documentato il fascino esercitato sui pittori (Fascino e mito dell’Italia).
Infine, per l’Allegro frenetico della conclusiva Orgia dei briganti, Berlioz ci propone, come nelle telenovelas, un riassunto delle puntate precedenti, di nuovo teatralizzato da Collon che allontana la viola da sé e dal centro dell’orchestra inviandola a suonare al leggio vicino all’uscita dal palco mentre un violoncello e due violini addirittura escono dalla sala e suonano da oltre la porta dei camerini!

Giovanni Guzzi, ottobre 2015
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