L'Eclettico



Spoon River e il Teatro che incatena in platea



Anche se sta per piovere e non hai l'ombrello per tornare a casa

L'ECLETTICO - web "aperiodico"

QUANDO IL TEATRO TI INCATENA IN PLATEA ALLA POLTRONA (seppure di legno ed anche se sta arrivando un temporale e non hai l'ombrello per tornare a casa)

Nasce al Teatro Barbarigo la Supercompagnia del Gruppo Attività Teatrale Amatoriale Lombardia


A Teatro non vado spesso, lo faccio soltanto quando mi ci trascinano gli amici. Allettandomi con la proposta di eventi culturali “storici”, come la recente Mandragola di Machiavelli riproposta a Milano, dopo 500 anni dalla prima messa in scena, di nuovo con le musiche dell’epoca appositamente scritte da Verdelot. Oppure perché loro stessi sono fra i protagonisti sul palcoscenico, come in La parola ai giurati di cui conoscevo la memorabile versione cinematografica del 1957 diretta da Sidney Lumet.
Poiché in entrambe le occasioni non sono uscito dalla sala del tutto entusiasta di quanto avevo visto (per i contenuti delle due opere, non certo per le interpretazioni degli attori: convincenti in entrambi i casi), figuriamoci quanto assistere a delle prove di scena sia lontano dal mio orizzonte. Eppure ho trovato più che istruttivo – direi, anzi, coinvolgente ed appassionante – il lungo sabato trascorso al Teatro Barbarigo di Milano. Incuriosito e divertito, con partecipe attenzione vi ho potuto scoprire come a poco a poco ha preso forma lo spettacolo che sarebbe stato presentato la sera stessa.

Non mi era mai capitato di vedere come si prepara un'opera, il suo svolgersi in concreto, il faticoso impegno.
È stato come essere dentro un “reality”, di quelli oggi tanto di moda, ma lontano anni luce sia da queste poco oneste operazioni commerciali televisive, sia dai castings e talent show: fra sdilinquimenti cantati, confessioni in diretta e tiramenti vari.

Accomodato sulle sedie in legno del piccolo Teatro parrocchiale (bloccato su di esse per il timore di farle cigolare alzandomi e così attirarmi i fulmini del regista) ho provato l’inusuale esperienza di trovarmi in mezzo all'andirivieni di appassionati attori intenti a leggere, ripetere, provare la propria parte. Da soli o in gruppo, in platea oppure sul palco.

Non era difficile scambiare quattro chiacchiere con alcuni di loro: "Ho cominciato da poco... È un mondo appassionante il Teatro", facendo riaffiorare alla memoria anche ricordi di antiche reciproche frequentazioni.

I simpatici attori, provando e riprovando, sul palcoscenico ce la mettevano proprio tutta. Alcuni incespicavano nella recitazione, altri erano più sicuri. Qualcuno si bloccava: "Non so cosa mi succede, non ce la faccio eppure la so, sono cinquant’anni che faccio teatro, come può succedermi questo?".
Non nascondo che anche io, seduto in platea, provavo ansia per loro che tuttavia, testardi, ogni volta ripartivano da capo.

È curioso che quella stessa parte così ostica per la sua titolare, ed anche molte altre, a furia di riascoltarle ormai le avevo imparate a memoria anche io, così come altri attori che, passeggiando per i corridoi sbocconcellando un frutto (“La cena? Si salta, ovvio!” aveva comandato imperioso il regista), rispondevano alla battuta al posto di chi sul palco l’aveva persa!
Ma si capisce, è come quando per gioco si cammina con agilità e scioltezza sui cordoli in pietra dei marciapiedi (a 10 cm dal piano della strada) ma la maggior parte di noi si bloccherebbe terrorizzata se lo stesso marciapiedi avesse ai suoi lati scoscesi dirupi nei quali facilmente presto precipiterebbe.

Una delle cose che più mi hanno impressionato è stato il notare quanto gli attori, pur non professionisti, fossero bravi e duttili nel recepire immediatamente le indicazioni del regista, sia nell’intonazione e nella ritmica delle battute da recitare, sia nella gestualità con cui le accompagnavano.
"Tornate a studiare!", "Separate le parole", "Non sento la voce", "Ma voi non sapete leggere" erano i benevoli ed ironici rimbrotti che l'attento regista rivolgeva loro di tanto in tanto.
Perché il teatro è rigore, esercizio, serietà… In qualcuno venuta a mancare visto che un paio di attori al momento in cui sono stati chiamati sul palco per provare la propria scena non hanno risposto all’appello.
Se ne erano andati senza neppure avvertire e lasciando lo spettacolo monco della loro parte. Soltanto in questo caso il regista si è davvero arrabbiato – e molto – indirizzando loro parole dure.

Però, che impegno e fatica recitare! Davvero la passione porta anche questi attori ad inventarsi le più varie tecniche per mandare a memoria il copione: dall’autoradio dove lo ascoltano recandosi al lavoro, all’ascoltarlo proprio mentre si lavora (per chi lo fa da solo) abituandosi ad anticipare le battute, al coinvolgere i familiari in pseudo-ripetizioni che si credevano ormai relegate ai tempi della scuola.
Ma il possesso del testo, il visualizzare la scena e l’immedesimarcisi - insegna il regista - è il presupposto per trovare sempre le parole in ogni circostanza, magari salvando il collega in difficoltà, e per davvero poter trasmettere al pubblico quelle emozioni che la lettura non può dare; se non quando a proporla siano attori di provata esperienza, capaci di “far dimenticare la presenza del leggio” a chi li sta ascoltando!

E così, dopo diverse ore davvero volate e l’assegnazione ad ogni attore del proprio costume di scena, eccoci all’attesa prova generale.
A luci abbassate, ecco l’entrata degli attori, in processione solenne dal fondo sala verso il palcoscenico.
Mi sono sorpreso a guardare incantato le loro ombre stagliarsi grigie sulle pareti laterali accompagnate da una canzone di Fabrizio De Andrè che mi suonava estremamente familiare all’orecchio: “Dove se n’è andato Elmer…”.

Anarcoide e libertario dalla vita sregolata, De Andrè era tuttavia spesso riorganizzatore di lavori altrui e così, fra il rimaneggiare testi di poeti e cantautori francesi e la riscrittura dei Vangeli ha fatto conoscere al pubblico italiano la più nota opera di un dilettante poeta americano: Edgard Lee Masters.
Ecco come ho scoperto l’Antologia di Spoon River che i filodrammatici del GATAL stanno mettendo in scena nell’ambito del laboratorio teatrale fin qui descritto e condotto dall’attore e regista Antonio Zanoletti. Un professionista di successo che pretende molto dai suoi allievi, in particolare da coloro ai quali ha assegnato la parte, pur breve, soltanto la sera precedente!

È stata proprio la prospettiva di veder rappresentata questa raccolta di poesie che ha vinto ancora una volta la mia ritrosia per il teatro portandomi ad attraversare Milano per arrivare al Barbarigo, in bici nonostante le minacce meteo di pioggia.

Ai tempi del liceo l'Antologia di Spoon River mi aveva appassionato al punto da farmi riuscire a convincere l’insegnante di lettere a lasciarmi portare a scuola la chitarra per una lezione alternativa suonando e cantando assieme in classe le canzoni che De Andrè ne aveva tratto per lo splendido Ellepì (allora in sfrigolante vinile) “Non al denaro, non all’amore né al cielo” che conteneva la meravigliosa “Il suonatore Jones”.

Decisione quanto mai saggia quella che ho preso.
Forse erano parti slegate dalle altre, forse è stato bravo il regista a “rammendare” al volo il canovaccio sicché, tanto per incominciare, io che arrivato un po’ in ritardo non avevo ascoltato la loro parte,  non ho notato il “buco” nel copione lasciato dai “fuggiaschi” di cui sopra si è detto.
Per il resto, nonostante qualche impaccio, episodi curiosi come il personaggio che doveva entrare in scena ma non si trovava o il suggeritore che non aveva la parte da suggerire perché l’attore sul palco se l’era tenuta in tasca, la prova generale è già stata essa stessa di grande intensità.
Ed anche commovente al punto che, se non fossi stato frenato dalla mia innata timidezza, anch'io, che pure sono generalmente contrario a questo genere di abusata manifestazione di entusiasmo, nella sala di cui ero uno dei soli quattro spettatori, avrei lasciato le mie mani libere di applaudire convinte.

Fortuna che mi sono trattenuto: al mio posto è partita una delle attrici, davvero esibitasi in una memorabile interpretazione, trascinandosi dietro il resto della compagnia ma... Non l’avessero mai fatto! Subito un “urlaccio” di Zanoletti li ha tutti pietrificati: “Cosa avete da applaudire! Non siete voi che dovete farlo, ancora non abbiamo fatto niente, mantenete la tensione, siamo in teatro, non in televisione dove si applaude ogni sciocchezza, guardate troppa televisione! Il pubblico deve applaudire, non voi. Voi dovete raccogliere gli applausi. E, soprattutto, dovete meritarli".

A dirla tutta un balzo sulla sedia ed un tuffo al cuore l’ho avuto quando, appena prima del finale, ho creduto rivolto a me il richiamo gridato dal regista dietro la postazione mixer “La fotoooo!”.
In effetti mi ero aggirato un po’ troppo per fotografare la prova, a volte avvicinandomi al palco troppo oltre i limiti che mi erano stati imposti… ma, fiuuuhhh, l’oggetto del rimprovero non ero io ma la dimenticanza dei personaggi di mostrare al pubblico, con gesto lento e solenne, le antiche fotografie che Zanoletti aveva dato loro a questo scopo.

Sono le 20.00, siamo qui dalle 15, le prove individuali di "costruzione dei personaggi" le abbiamo viste, la generale anche, ed in sala sta entrando una coppia con l’ombrello bagnato: accidenti, il meteo dava pioggia solo a partire dalle 24.00.
Esco all’aperto, il cielo è minacciosamente plumbeo e totalmente ricoperto di nubi gonfie d’acqua ma non piove, è stato solo uno scroscio.

L’acqua poi arrivata in anticipo rispetto alle previsioni meteo e presa a dirotto pedalando al buio nella notte (però che bello!) mi ha lasciato il ricordo di una bella faringite (sarà da un episodio simile che ha preso il nome il "Teatro della tosse" di Genova?) e mi ha fatto capire che si era trattato di un gentile avvertimento che avrebbe dovuto indurmi ad affrettarmi verso casa.

Ma è troppa la curiosità di vedere come se la caveranno quelli che ormai considero i "miei" attori. Confido il cielo reggerà. Non me ne posso andare ora. Ormai mi sento quasi parte anch’io del gruppo, DEVO vedere come andrà lo spettacolo di fronte al pubblico.
Ce la farà la signora a recitare la sua parte? Si ricorderà la ragazza di guardare negli occhi la sua rivale in amore? Il cieco abbasserà il braccio con cui si ripara gli occhi mentre ricorda l’esplosione che gli ha tolto la vista… Riuscirà l’attrice, giustamente consapevole di quanto è stata brava nella prova generale, a non farsi condizionare negativamente dalla preoccupazione di non mantenersi allo stesso livello davanti alla sala piena.

E così eccomi qui, ancora in platea - purtroppo non riempita a dovere da un pubblico troppo scarso -, a “soffrire” con ogni personaggio ed a gioire con ciascuno mano a mano che le rispettive entrate vanno a buon fine. Magia del Teatro, l'impegno ha dato i suoi frutti ed è andata! Ce l'hanno fatta! È un successo.

"... e adesso bisogna alzare le vele
e prendere i venti del destino,
dovunque spingano la barca.
Dare un senso alla vita
può condurre a follia,
ma una vita senza senso
è la tortura dell'inquietudine
e del vano desiderio.
È una barca che anela al mare
eppure lo teme."
(George Grey)

"... Siete sommersi nella vostra tinozza
- Tabù e regole e apparenze,
sono le doghe della vostra tinozza.
Spezzatele e rompete l'incantesimo
di credere che la vostra tinozza è la vita,
e che voi conoscete la vita!"
(Griffy il bottaio)

Patroclo Crisci (con Giovanni Guzzi), ottobre 2015
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