L'Eclettico



La doppia, epica, anima russa di Prokof'ev



Tanto glacialmente lirica quanto inesorabilmente aspra

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LA DOPPIA, EPICA, ANIMA RUSSA DI PROKOF'EV

Tanto glacialmente lirica quanto inesorabilmente aspra


Secondo grande direttore sul podio della sala Verdi del Conservatorio per MiTo 2015, o meglio senza podio (data l’alta statura anche fisica), dopo Harding con la Filarmonica della Scala, anche Valerij Gergiev si presenta assieme ad un’altra grande orchestra di nobile ed antica tradizione teatrale, l’Orchestra del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, per un concerto interamente dedicato a Sergej Prokof’ev di cui fa emergere la doppia, epica, anima russa.

Si comincia con la Sinfonia n. 2 in re minore op. 40, una delle sue pagine meno conosciute (per ragioni che,  dopo averla ascoltata, non è difficile comprendere). Scritta fra il 1924 e il 1925, è un’opera dalle sonorità spigolose ed a tratti aggressive, una musica innovativa che i contemporanei del compositore non furono pronti ad apprezzare ed anche il pubblico odierno “fatica a digerire”: citazione testuale da commenti raccolti al suo termine.

La direzione di Gergiev, che a sua volta dispone l’orchestra in modo non classico (con i contrabbassi sulla sinistra e gli ottoni a destra), è una lotta a mani nude - dirige senza bacchetta! - contro il fragore lancinante di questa pachidermica costruzione nella quale gli ottoni la fanno da padrone. Il suo effetto è quello di una musica guerresca pensata per incutere il terrore nel nemico in battaglia. A volte si fatica ad allontanare dal pensiero la domanda: “ma che gusto ci trova chi la suona?”. Così il finale arriva in un silenzio sospeso nel quale il pubblico si domanda dubbioso se “avranno davvero finito?” e, quando ne è certo, accoglie la conferma quasi come una liberazione! Impressione confermata dall’applauso che segue senza troppa convinzione, ben diverso da quello tributato in questa stessa sala la sera precedente e durato diversi minuti.
Consapevole di queste difficoltà, molto opportunamente il maestro Gergiev ha invertito l’ordine di esecuzione del programma proponendo la Sinfonia subito in apertura (mentre il libretto di sala la dava come finale) agli spettatori ancora “freschi”.

Episodio centrale del concerto la Sinfonia concertante in mi minore per violoncello ed orchestra op. 125. Scritta per e con il grande violoncellista Rostropovich: noto anche al pubblico dei non musicofili per essersi esibito come un artista di strada davanti al muro di Berlino il giorno della sua “caduta”. Col direttore ritiratosi in disparte, ma rimasto in scena ad ascoltare appoggiato alle balaustre dietro l’orchestra, il podio è stato allestito per il solista, Alexander Ramm, vincitore del 2° premio del Concorso Internazionale Čajkovskij 2015.
Brano fisicamente massacrante per il solista al quale richiede grandi doti virtuosistiche, l’affrontarlo con piglio deciso non salva il giovane talento, dopo il bis del primo movimento della Suite per Violoncello Solo di Gaspar Cassadó, dal commento poco generoso di chi ha ascoltato il vincitore del primo premio ed ha “capito perché Ramm sia arrivato secondo”!
Anche in questo caso gli applausi sono in tono decisamente minore rispetto all’ovazione tributata al Beethoven per pianoforte suonato ieri da Taverna.

La serata volge al meglio, almeno dal punto di vista del gradimento del pubblico, nella seconda parte del concerto, nella quale si è potuto godere il Prokof’ev più immediatamente comprensibile che, pur non perdendo il suo peculiare carattere epico, è capace di scolpire temi e soluzioni musicali immortali. È il caso del balletto ispirato dalla grande tragedia shakespeariana di Romeo e Giulietta presentato pubblicamente dieci anni dopo la Sinfonia n. 2.
Questa volta, allora come oggi in Conservatorio, il successo fu grande: l’opera entrò stabilmente nel repertorio ed il compositore ne trasse tre Suites orchestrali tuttora regolarmente eseguite.
Dal pesante passo della Marcia dei Capuleti, sottolineato dal rullo dei tamburi, dal quale rilucono i bagliori degli archi e che solleva leggere folate di flauti, fino alla conclusiva terribile fanfara con i 15 rintocchi di timpano della Morte di Tebaldo è tutto un susseguirsi di scene teatrali che si materializzano visivamente all’ascoltatore.

Come d’uso, anche il commiato di Gergiev per questa seconda grande serata sinfonica, è un omaggio all’Italia ed al suo teatro: l’Ouverture da La forza del destino di Giuseppe Verdi in un’interpretazione che a molti l’ha resa irriconoscibile ma di notevole effetto e decisamente molto gradita dai presenti.

Nota di colore: questo articolo inizialmente non è stato accompagnato da fotografie perché quelle scattate, prima di essere diffuse, dovevano avere l'approvazione del maestro Gergiev, che ancora non era giunta. Muove al sorriso il pensiero che un fine musicista, ma dalla struttura fisica imponente come Gergiev, abbia il timore di non essere venuto bene... anche perché i fotografi scattano foto, non fanno miracoli!
Ad ogni modo, in effetti, quello che conta è la musica ed a Gergiev si può soltanto essere grati per come ce la offre.

Giovanni Guzzi, settembre 2015
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