L'Eclettico





Dalle Alpi a Napoli, da Venezia alle praterie del West

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C'È IL MONDO INTERO IN UN'ORCHESTRA DI MANDOLINI E CHITARRE

Dalle Alpi a Napoli, da Venezia alle praterie del West... suonando Serenate, in fuga dalle Pattuglie fino - sia detto col dovuto rispetto - a "scherzare" con la Grande Guerra!


È proprio vero che MiTo ti porta a conoscere meglio Milano.
Dopo aver assistito ad un immeritato maltrattamento di un incolpevole chitarrista nella sala delle Merlate del Castello Sforzesco ripongo la mia fiducia nella riscossa degli strumenti a corda al concerto dell’Orchestra di Mandolini e Chitarre “Città di Brescia” che mi attende nel tardo pomeriggio al teatro Martinitt. Dal Castello a corso Magenta sono giusto quattro passi, penso convinto che la targa che vi avevo visto tempo addietro corrispondesse all’ingresso del teatro mentre ne cerco l’esatta ubicazione sull’utilissima mappa dei luoghi di MiTo in coda al libretto che contiene tutto il programma della manifestazione…

Scopro invece che il teatro che devo raggiungere è addirittura fuori mappa, in zona Ortica.
Meno male che sono in bici, altrimenti non riuscirei ad arrivare in tempo. Sul percorso trovo anche l’ostacolo imprevisto del premier fiorentino prossimo ad arrivare ai Giardini Pubblici che, non essendoci ancora riuscito con l’Italia, per il momento costringe me a “Cambiare verso” obbligandomi a ritornare sulle mie pedalate perché, quando li avevo quasi del tutto attraversati, mi trovo la strada sbarrata dalla Polizia inflessibile - pur in assenza dell’Esimio - nell’impedirmi di oltrepassare le transenne per uscire su via Palestro.
Ma ce la faccio! Sarà stato merito del ritmo da cronometro che mi sono dato canticchiandomi le vicende del cieco che “faceva il palo” per la banda del quartiere che mi accingo a percorrere!

Messo sull’avviso dal racconto in musica dell’Enzo (ma sì, propri lü, il Jannacci) a scanso rischi lego la bici all’interno del perimetro del teatro (me ne hanno già rubata una per cause artistiche) e, varcatone l’ingresso, scopro una bella realtà che non conoscevo: con una bella sala, una bella programmazione di cinema e teatro (con intelligenti offerte promozionali) e personale cortese che meritano di essere pubblicizzati e perciò eccone il sito www.teatromartinitt.it (visitatelo) sul quale campeggia l’ottimo slogan che condivido in pieno: “la TV è un mobile il teatro è vita!”.

Anche la musica è vita ed ecco che il palco si anima quando cominciano a prendervi posto mandolinisti e chitarristi. L’orchestra vede affiancati allievi e maestri diplomati e, come ancora sonora alla quale assicurarsi per non volare troppo sugli acuti, alle spalle di tutti troneggia opportunamente un contrabbasso.

Il concerto si apre con le variazioni sul basso ostinato di una Bergamasca di autore anonimo per passare al brano probabilmente più atteso dal pubblico intervenuto: il Concerto per mandolino e archi in do maggiore RV 425 di Antonio Vivaldi. Non si rimpiange troppo l’assenza degli archi che anche nella versione originale fanno un gran uso del pizzicato nonostante, a dire il vero, quello di violini, viole e violoncelli sia un po’ più corposo di quello degli strumenti che oggi accompagnano il solista, il maestro Ugo Orlandi che, imbracciando in piedi lo strumento protagonista, arabesca le funamboliche fioriture scritte dal prete Rosso.

Oltre che virtuoso dello strumento, il maestro Orlandi si dimostra anche ottimo essenziale presentatore dei successivi brani in programma. Non per esibizione di erudizione - come si premura di precisare - ma per doverosa cortesia nei confronti del pubblico alla maggior parte del quale gli autori eseguiti sono per lo più sconosciuti.

Di Simone Salvetti (1859-1911) nativo di Breno in Valcamonica viene suonato Tramonto d’estate sul monte Tonale. È curioso il fatto che, se il titolo avesse fatto riferimento ad ambito napoletano, il brano avrebbe forse fatto lo stesso effetto evocando panorami mediterranei invece che alpini.
Seguono una più intimistica Preghiera, di Carlo Munier, e la Serenata Amorosa di Andrea Gnaga, autore di melodrammi dei quali si sente l’eco nel pezzo eseguito.

Un discorso più ampio prelude la bella Serenata Zingaresca di Salvatore Falbo. Il brano è accompagnato da una sorta di azione teatrale evocativa delle vicende alle quali le serenate erano legate. Si trattava di musica popolare molto diffusa ma che non tutti gradivano, specialmente i vicini di coloro ai quali (alle quali) erano destinate. Così poteva succedere che le forze dell’ordine venissero chiamate a porvi termine. Di queste vicende è evidente testimonianza la serenata (oggi non eseguita) di Carlo Allegretti intitolata La Pattuglia.
Era perciò frequente che all’arrivo dei Carabinieri i musicisti dovessero concludere il brano in corso in tutta fretta per mettere via gli strumenti e correre a nascondersi negli androni finché la pattuglia non se ne fosse andata altrove.
Dunque nella Serenata Zingaresca dapprima i musicisti accordano gli strumenti ignorando la chiamata del Direttore che, spazientito, dà comunque avvio all’esecuzione senza attendere oltre ed il finale si chiude all'improvviso come quando era necessario farlo per darsi alla fuga!

Con Perle di Napoli, di Nicola Calace, arriva il classico repertorio mandolinistico per il quale la città e l’Italia sono conosciute nel mondo: una miscellanea di melodie da brani celeberrimi della canzone napoletana… Santa Lucia, Marechiaro, Funiculì funiculà, O’ sole mio
Ultimo brano in programma, Improvviso di Claudio Mandonico è stato composto nel 2014 per una rassegna in Germania. Lo stile è quello del blue grass, non così lontano dalla tradizione quanto si potrebbe pensare in apparenza. Infatti negli USA il mandolino arrivò fino dal Settecento al seguito di un commerciante di vini piemontese e si diffuse poi nel continente assumendone le peculiari caratteristiche.

Una significativa commemorazione delle vittime della Grande Guerra, nel Centenario dell’anno in cui vi è entrata anche l’Italia, è stata loro riservata nel brano suonato come bis.
Il maestro Orlandi, nell’introdurlo, ha infatti ricordato che, nella Prima Guerra Mondiale, nelle trincee non c’erano radio e la musica era fatta con gli strumenti che vi si potevano trasportare. Dunque quelle di tutti gli eserciti erano piene di chitarre e mandolini.
Non è un caso che in ogni museo che ne conserva i cimeli siano sempre appesi una chitarra o un mandolino. In un museo a Ginevra è perfino esposto un mandolino, realizzato da un ufficiale tedesco prigioniero in un campo di concentramento in Inghilterra, la cui cassa armonica è costituita da un elmetto di fante.
Il brano finale è quindi di Giuseppe Denti, tenente italiano catturato durante la disfatta di Caporetto e deportato in un lager in Germania dove radunò un’orchestra con vari strumenti suonati dagli ufficiali prigionieri e, per esorcizzare la situazione, compose un brano per orchestra di mandolini dall’emblematico titolo di “Scherzo”!

Giovanni Guzzi, settembre 2015
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