Signori di Pesaro dal 1443 al 1512, pur avendo un territorio poco più grande del comune attuale, gli Sforza pesaresi riuscirono a competere con le più note e ricche corti vicine, come quelle di Federico da Montefeltro a Urbino e di Sigismondo Pandolfo Malatesta a Rimini.
A Pesaro devono essere per sempre ricordati per avervi costruito tre edifici di notevole importanza nella storia dell’architettura: il Palazzo Ducale, il Castello Imperiale, la Rocca Costanza. Inoltre protessero l’arte della maiolica, la pittura, il collezionismo. Orgogliosi della loro casata, riempirono il Palazzo, le rocche di Pesaro e di Gradara, il Castello Imperiale delle proprie insegne araldiche (viscontee, sforzesche e aragonesi), ancora oggi sopravvissute e poco conosciute dal vasto pubblico.
Alessandro Sforza, fratello di Francesco - signore di Milano -, ne fu il capostipite ed, al pari del più noto e facoltoso cognato (in seguito anche genero) Federico di Montefeltro, aveva iniziato ad allestire nel Palazzo Ducale di Pesaro una preziosa libreria ed una quadreria di un certo pregio, incrementate poi dal figlio Costanzo e dal nipote Giovanni.
La quadreria era prevalentemente una “galleria degli antenati illustri”, da mostrare agli amici ed ai visitatori allo scopo di esaltare le virtù del casato e per sottolineare il loro mecenatismo.
Nel Palazzo Ducale esistevano quindi, fino all’inizio del secondo decennio del Cinquecento, una libreria (di 448 libri manoscritti) e una quadreria (di almeno 24 quadri) raccolte dagli Sforza negli anni 1445-1512.
Questi dati sono desunti dall’inventario compilato il 20 ottobre 1500, al momento dell’arrivo a Pesaro delle truppe dell’invasore Cesare Borgia “il Valentino”, quando Giovanni Sforza mise in salvo i manoscritti, i quadri e le “robe” preziose che conservava nel palazzo ducale.
È opinione comune che libreria e quadreria siano oggi da considerate entrambe perdute. Fra le possibili cause si riporta un incendio del 1514. Ma l’ipotesi non convince tutti. Non convince, ad esempio, Luciano Baffioni Venturi, per sua stessa ammissione uno studioso “non specialista” ma che allo studio degli Sforza si dedica da almeno un decennio e, come spesso accade con gli appassionati, ha raccolto una grande mole di dati ed informazioni che agli storici dell’arte possono fornire spunti interessanti.
Baffioni non crede affatto che libri e dipinti siano tutti completamente bruciati nell’incendio citato, che definisce “fantomatico”. A riprova di questa sua affermazione porta il fatto che sui circa trenta manoscritti rintracciati o sui due quadri sicuramente ritrovati non risultano segni di bruciatura. Ritiene invece che i manoscritti preziosi e molti quadri siano stati venduti dagli ultimi Sforza, in particolare da Galeazzo (+1519), fratello di Giovanni Sforza, ormai privato della signoria, e da Isabella (1503-1561), figlia naturale di Giovanni ed ultima erede della dinastia sforzesca pesarese. Il resto potrebbe essere stato disperso attraverso passaggi di proprietà che ancora non conosciamo e finito in raccolte ed aste di tutto il mondo.
Purtroppo di questa collezione a Pesaro non è rimasto niente. Il Trittico di Rogier van Der Weyden con i ritratti di Alessandro e dei figli Battista e Costanzo è al museo reale di Bruxelles e il San Sebastiano di Amico Aspertini è a Washington. Ci consoliamo però con la pala dell’Incoronata di Giovanni Bellini (di cui l’Eclettico auspica la ricomposizione permanente con l’originaria cimasa), con i resti della pala di Marco Zoppo e con qualche altra “cosuccia”, tutto voluto e commissionato dagli Sforza pesaresi.
A queste vicende Baffioni, in collaborazione con l’Archivio di Stato di Pesaro ha dedicato un volume appena pubblicato La Quadreria perduta - La quadreria di Giovanni Sforza signore di Pesaro e l’arte a Pesaro al tempo degli Sforza - Storie degli Sforza pesaresi 2.
In esso - proseguendo l’opera avviata col precedente: la Libreria di Giovanni Sforza - esamina le vicende della quadreria, analizza i dipinti, presenta le schede biografiche degli autori e fa una panoramica esaustiva sull’arte (pittura, scultura, architettura…) a Pesaro dalla seconda metà del Quattrocento fino al primo decennio del Cinquecento.
Suo principale scopo dichiarato è mettere a punto l’epoca (e l’epopea) degli Sforza di Pesaro che, a suo modo di vedere, non è stata ancora indagata a sufficienza. Ovviamente La Quadreria perduta è solo una parte dell’opera complessiva ancora da pubblicare. Modesta ambizione dell’autore è contribuire ad illustrare la storia degli Sforza pesaresi ricapitolandone i dati storici e, soprattutto, renderla di agevole lettura e comprensione anche ai non specialisti.
Giovanni Guzzi, agosto 2015
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La Quadreria perduta.
La quadreria di Giovanni Sforza Signore di Pesaro e l'arte a Pesaro all'epoca degli Sforza.
Storie degli Sforza pesaresi 2.
Metauro Edizioni
Pesaro 2015, pp. 190, ill. b/n col., cm 20,5x29,5
collana: Archivio di Stato di Pesaro.
Nelle librerie di Pesaro in vendita a 15 euro (il solo costo di stampa e distribuzione)
Fuori Pesaro è acquistabile nelle librerie online.
In copertina:
Rogier van der Weyden, Alessandro Sforza con i due figli, Costanzo e Battista,
pannello centrale del Trittico della Crocifissione, 1458-60, Bruxelles, Museo reale