L'Eclettico





Vetrina di un'illusoria incoscienza

L'ECLETTICO - web "aperiodico"

EXPO a metà del guado...


La vicenda EXPO è arrivata a metà del suo cammino. Fra tre mesi ci saranno solo calcinacci, montagne di plasticume vario, e… le “compensazioni ambientali” che, se non compenseranno adeguatamente l’ambiente per i danni subiti, avranno senz’altro compensato progettisti ed appaltatori.

Temiamo che EXPO (malgrado parecchi incontri di notevole interesse, ma limitati ad un uditorio ristretto, che meglio avrebbe fatto ad utilizzare altre sedi in città) rimarrà la vetrina dell’illusoria incoscienza della metà del mondo che sta distruggendo il pianeta (con danno già dolorosamente percepito dall’altra metà che non conta), e temiamo che tutto possa continuare così.

Eppure la vicenda EXPO aveva dato speranza a tante persone, prima fra tutte quella di un lavoro per tanti giovani disoccupati: per i più ci sarà stato solo un “promettente” tirocinio (ingresso gratis, trasporto gratis, un buono pasto, forse, e nulla di più!). A sipario chiuso, le somme risulteranno deludenti per tanti (qualche impiego a tempo determinato, un po’ di camere occupate negli alberghi, un debole incremento di incasso negli esercizi commerciali…), ma negative per i bilanci pubblici.

Milano, però, avrà un nuovo palazzo tutto cinese, accanto alla “city” saudita; i cinesi benestanti (quelli che comprano nel quadrilatero della moda e viaggiano sulla Ferrari, non già quelli che producono il “made in China” delle bancarelle), a contatto con la cultura del commissario Sala e del sub-commissario destituito Acerbo, si sono innamorati di Milano, e lì si faranno un loro “pied à terre”.

Perché EXPO ci è piaciuta così poco?

Il tema prescelto: “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, era non solo appropriato, in una città che in Europa era stata per 8 secoli modello insuperato di conduzione agricola, ma anche accorto, al fine di ottenere il voto favorevole di molti paesi del “terzo mondo” ed il sorpasso di Milano rispetto all’altra candidata, Smirne.

Altrettanto appropriato era l’abbinamento al tema secondario dell’acqua: Milano, con un passato che dalle marcite create intorno a Chiaravalle dai monaci cistercensi per “domare” i fontanili, passando per i navigli e la grande irrigazione (Canale Villoresi), aveva fatto dell’acqua, da elemento di disturbo, fattore determinante di crescita.

Fin dalla primavera 2014 avevamo però segnalato che il percorso tracciato per la realizzazione di EXPO minacciava di tradire le speranze e la fiducia di molti (si legga EXPO vorace, col pretesto della via d'acqua). Dalle prime mosse i dirigenti di EXPO avevano dato prova di scorrettezza e disprezzo dell’ambiente e della cultura del territorio, in contraddizione con le finalità della esposizione stessa.
Basti qualche accenno:

Una EXPO realmente attenta al territorio ed al tema prescelto avrebbe invece mirato a ricucire il legame Milano-Acqua-Agricoltura, puntando ad esempio su:

Così non è avvenuto, ed EXPO ha continuato per la sua strada - e s’è visto quale essa fosse - con le vicende giudiziarie che hanno coinvolto esponenti di primo piano: molti a suo tempo li avevano motivatamente criticati dal punto di vista tecnico.

Ad un certo punto, come nella triste evenienza della prima guerra mondiale, tutti si son fatti “interventisti”, anche il presidente della Commissione Anticorruzione, Raffaele Cantone, inviato espressamente da Roma. Parlar male di EXPO era diventato delitto di “lesa maestà”, e in nome della Patria da salvare si è continuato a fare tutto quanto la commissione aggiudicataria (ormai privata del presidente, allontanato dall’incarico e poi condannato con patteggiamento a tre anni e 100.000 €), aveva approvato.

Così, per il “Buon Nome dell’Italia”, Cantone permettendo, faremo vedere al mondo che siamo di parola, anche se ci facciamo del male da noi stessi, e anche se arriveremo tardi, ad EXPO finita: l’onore non si discute, anche la Via d’Acqua Sud, inutile e controproducente, “s’ha da fare” (se sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia sono pubblicate in queste settimane le procedure di esproprio figuriamoci quando l'opera sarà conclusa).

Se entriamo nel merito del cibo, accanto alle impressioni catturate agli intervistati dei “Telegiornale”, che mostrano tutti un entusiasmo divertito stile Disneyland, ci risulta che nella “Carta di Milano”, il documento che rappresenta l’eredità di EXPO sul diritto all’alimentazione, proposto alla firma di tutti i visitatori, non si dice nulla, come invece era stato proposto in un precedente protocollo, per contrastare la speculazione finanziaria sul cibo e l’accaparramento di terre (land grabbing) da parte di governi ed aziende: certi interessi in gioco hanno saputo imporsi!

Bene aveva fatto il Papa ad ammonire, nel suo discorso da Roma il giorno dell’inaugurazione, che obiettivo di EXPO dovrebbe essere anche l’eliminazione del “paradosso dell’abbondanza”; se invece EXPO dovesse “obbedire alla cultura dello spreco e dello scarto e non contribuirà a un modello di sviluppo equo e sostenibile” rafforzerà quel paradosso.

È vero che il cibo non consumato dei ristoranti EXPO viene giornalmente raccolto per dare un pranzo ai più poveri della città nelle mense Caritas, ma il problema della fame non è solo un problema di organizzazione nella distribuzione e contro gli sprechi. Stiamo percorrendo la vicenda delle briciole della tavola del ricco Epulone e del povero Lazzaro, accontentandoci della prima parte della storia.

Il vero ostacolo all’accesso universale al cibo sono la mancanza di giustizia, di rispetto della terra, di pace.
I profughi “ambientali”, sempre più numerosi, cercano un luogo in cui vivere perché la desertificazione e l’innalzamento del livello dei mari stanno togliendo loro la terra su cui vivere. Non saranno certo gli ortaggi prodotti con spreco senza pari di energia e di risorse idriche nelle serre dei deserti arabici, né il balsamico bosco austriaco, verdeggiante sotto i 38 °C del luglio milanese, a risolverne i problemi.

Poste queste premesse, quanto successo stia incontrando EXPO non ci interessa più di tanto, perché dubitiamo che le finalità che dovrebbero ispirare la manifestazione (fatte proprie con tanto entusiasmo da Caritas e dalla Diocesi di Milano, che per questo hanno mobilitato come guide una moltitudine di volontari), siano debitamente condivise ed interiorizzate dalla maggior parte dei visitatori.

È certo, invece, che neppure in corso d’opera la Direzione di EXPO ha dimostrato consapevolezza del dramma che incombe sul pianeta e sull’umanità: il riscaldamento globale.
Di fronte agli sterminati parcheggi rimasti vuoti (10.000 posti auto in quello di Arese), perché i più hanno saggiamente scelto di raggiungere il sito espositivo con la metropolitana, il Commissario Sala ha voluto incentivare l’uso dell’automobile offrendo il biglietto d’ingresso scontato o gratuito al sito a chi usufruisse di alcuni dei parcheggi a pagamento.
Una caduta di stile così rovinosa sembra riportarci indietro di tre quarti di secolo, quando auto era sinonimo di progresso e sviluppo.
E pensare che lo stesso Sala ci aveva quasi "commossi", quando, due mesi dopo l’inaugurazione dell’esposizione, alla testa di un drappello di ciclisti ha inaugurato le piste ciclabili che fiancheggiano la Via d’Acqua Nord. Ci eravamo illusi di una sua conversione ambientalista.
Forse sta proprio qui la risposta alla controversia sul numero dei visitatori: quasi nessuno in auto, non molti, anche se quasi la totalità, con la metropolitana... ma per Sala è rispettato (o quasi) l’obiettivo dei 100.000 visitatori giornalieri: è chiaro, arrivano tutti in bicicletta!

Umberto Guzzi,  luglio 2015
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Rilanciato da Natura e Società, n.3 - settembre 2015