L'Eclettico



Acqua: in Italia come in Africa?



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EMERGENZA (si fa per dire!) ACQUA
In Italia come in Africa?

 
Ci sono luoghi, in Africa, nei quali le popolazioni seppelliscono sotto la sabbia dei letti dei corsi d’acqua asciutti tronchi d’albero che, disposti trasversalmente alla direzione di deflusso, funzionano un po’ come una diga sotterranea a monte della quale si accumula l’acqua che si infiltra durante la stagione delle piogge.
Le loro possibilità di sopravvivenza durante la stagione secca dipendono perciò da questa riserva idrica di pochi decimetri d’acqua fangosa che attingono faticosamente da buche scavate nel subalveo.
 
Abituati a poter disporre di tutta l’acqua di cui abbiamo bisogno con il semplice gesto dell’apertura di un rubinetto non ci rendiamo conto del fatto che, seppure più fortunati, anche noi dipendiamo dall’acqua che il nostro territorio ci mette a disposizione e che una gestione poco responsabile di questa ricchezza ci può far precipitare in situazioni di grave emergenza idrica.
 
Di quanto questo rischio sia tutt’altro che remoto ho avuto un significativo esempio in vacanza a Fano (PU) nei primi giorni di agosto 2012: una serie di rotture nelle tubazioni dell’acquedotto che preleva l'acqua dal Metauro ha lasciato la città di Pesaro totalmente a secco ed ha costretto i Fanesi a cucinare la pasta con l’acqua in bottiglia!
 
La cosa che più mi ha lasciato sbigottito è che una simile notizia è rimasta in “prima pagina” su stampa e tv locali solo per il primo giorno; nonostante a Fano il divieto di utilizzo per il consumo umano dell’acqua del rubinetto si sia protratto per alcuni giorni.
 
Come se la notizia fosse la rottura dei tubi e non il fatto che l’acqua dei pozzi di Fano non è potabile da decenni nell’indifferenza generale!
Infatti, ricordo bene (anche se allora ero un bambino) che negli anni ’80 la non potabilità dell’acqua dell’acquedotto aveva indotto il Comune a realizzare in via Fanella (poco oltre il numero 100) una serie di fontanelle alle quali i cittadini si recavano con taniche e bidoni per attingere acqua potabile, proprio come gli africani!
 
Sono trascorsi più di trent'anni ma la situazione non è cambiata; le fontanelle, oggi in stato di abbandono, non servono più a nulla ma sono l’emblema dell’inerzia di tutte le pubbliche amministrazioni che in questi anni si sono alternate alla guida del Comune e di tutti gli altri enti o istituzioni competenti in materia.
Ma responsabilità ne hanno anche le opposizioni disattente, chi sull’acqua ha combattuto condivisibili battaglie economico-politiche ma ha dimenticato l’aspetto tecnico, una cittadinanza distratta da altre “priorità”, la stampa che per rincorrere scandali e cronaca nera “buca” un tema di vitale importanza come questo… e mi scuso se dimentico qualcuno!
 
Si potrebbe obiettare che qualcosa in verità è stato tentato.
In effetti il potabilizzatore e l’approvvigionamento con l’acqua dal Metauro garantiscono alla rete idrica di Fano una qualità piuttosto buona e competitiva con quella di alcune acque minerali in commercio.
Anche l’impianto di ricarica della falda è una cosa positiva ma dovrebbe garantire una portata almeno quadrupla per soddisfare le esigenze di Fano.
 
Riconosciuto questo, se il Metauro d’estate è sempre semi-prosciugato e se l’acqua di falda che scorre sotto Fano nei depositi alluvionali sui quali sorge la città continua ad avere un contenuto in nitrati (sostanze cancerogene) all’incirca doppio rispetto al limite di legge perché possa essere destinata al consumo umano (50 milligrammi/litro), è evidente che il problema di fondo non è stato per nulla affrontato o, se qualcosa è stato fatto (i miei soggiorni fanesi sono troppo brevi ed occasionali per avere adeguate informazioni al riguardo), non è stato sufficiente per risolverlo.
 
Sarebbe arrogante supponenza pretendere di proporre soluzioni attraverso un semplice articolo: nelle mie intenzioni esso vuole soltanto avere l’effetto di un sasso lanciato per smuovere acque un po’ troppo stagnanti… perché non si può dare per persa un’importante riserva d’acqua e, se anche l’obiettivo di risanare la falda idrica sotterranea è difficile da raggiungere, non per questo bisogna restare inerti.
 
E siccome le responsabilità di questa spiacevole situazione sono molteplici non mi sembra fuori luogo suggerire sommessamente alcuni inviti:
- chi ha competenza sul governo della risorsa idrica dica cosa intende fare per raggiungere l’obiettivo citato e cominci da subito a fare qualcosa;
opposizioni, stampa ed associazionismo ambientalista (ed anche la scuola, perché no?) tengano il tema all’ordine del giorno;
i cittadini infine siano vigili, visto che da queste cose (e dai loro comportamenti) dipende la loro salute e, come si è visto, anche il loro benessere!
 
Giovanni Guzzi, settembre 2012
© Riproduzione riservata
Rilanciato da Sguardi, Fano, 2012
e Il Nuovo Amico, Pesaro, 2012