L'Eclettico



Se il fiume va piano... l'uomo sta sano



Per restare all'asciutto è meglio non mettergli premura

L'ECLETTICO - web "aperiodico"

SE IL FIUME VA PIANO... L’UOMO STA SANO

 

Per restare all’asciutto è meglio non mettergli premura

 
L’acqua cade sulla terra sotto forma di pioggia. L’uomo dipende dall’acqua per vivere. La conserva, la custodisce, cerca di mantenerla docile e disponibile. Se invece l’acqua si imbizzarrisce, succedono disastri.
L’acqua, nella sua forma liquida, è soggetta alla forza di gravità, che la conduce verso il basso; l’acqua, sulla terra, vi penetra se la superficie è permeabile (prato, bosco, suolo sabbioso o ghiaioso…); vi scorre sopra se la superficie è impermeabile (roccia, cemento…); le gocce d’acqua che rimangono in superficie s’aggregano a formare rigagnoli, ruscelli, torrenti, fiumi, laghi, prima di gettarsi in mare.
Non piove tutti i giorni, pertanto è interesse dell’uomo trattenere l’acqua che cade dal cielo almeno fino alla prossima pioggia. La natura viene in aiuto dell’uomo perché anche l’acqua che s’infiltra torna sempre in superficie sotto forma di sorgenti o stillicidi, dopo pochi minuti o dopo anni.
L’acqua che non s’infiltra si muove verso il mare secondo il percorso più breve; la velocità dell’acqua superficiale (di questa ora parlo) dipende dalla pendenza del terreno e dalla scabrosità della superficie.
La natura tende a rendere ordinato il flusso delle acque di superficie verso il mare, anche se i movimenti tettonici (formazione di nuove catene montuose), le eruzioni vulcaniche, i terremoti, le frane, lo disturbano o rallentano; ma, dopo ogni sconvolgimento, di nuovo le acque scelgono la strada dell’equilibrio e dell’ordine. Se osserviamo una carta topografica vediamo che in genere i corsi d’acqua sono ben distribuiti su tutta la superficie di un territorio.
Andiamo ora in montagna: il torrente principale non corre quasi mai diritto nel fondovalle, ma cambia direzione ad ogni valle laterale che incontra; anche il fiume, in aperta pianura, scorre sinuoso a formare meandri. Il torrente di montagna, nelle belle giornate di sole, ha l’acqua limpida, ma quando c’è maltempo si ingrossa e trasporta anche grossi massi; lo stesso fa il fiume in pianura, che però trasporta materiali più fini: ciottoli sul fondo, sabbia e limi in sospensione. Se non lo facesse, non potrebbero accumularsi i depositi che costituiscono le pianure ed i fondovalle, che proprio per questo si definiscono “alluvionali”. Il fiume costruisce un letto di piena, assai largo, e dentro questo un letto ordinario e poi un letto di magra.
Compito del fiume non è solo “costruire”, ma anche fare la “manutenzione” della sua pianura; questa il fiume la fa esondando e depositando materiali nuovi nelle aree più depresse. Se il letto di piena può essere di tanto in tanto invaso dalle acque, ad intervalli che si misurano in decine d’anni e secoli il fiume può addirittura cambiare percorso ed invadere la pianura, abbassatasi sotto il livello del fiume stesso a causa del costipamento naturale.
All’uomo tale lavoro può dare fastidio: compito dell’uomo è guidare il fiume a compiere il suo lavoro dove meno può provocare danni alle attività umane.
Può l’uomo intervenire sui fiumi e torrenti? Certo che può farlo, purché ricordi che la natura ha le sue leggi e che il mondo non è il “paradiso terrestre” in cui vivevano Adamo ed Eva prima della loro cacciata.
Il mondo è un cantiere dove l’uomo deve vivere e di cui deve conoscere bene regole e orari di lavoro, per non essere vittima di incidenti.
Prendiamo in considerazione un settore del grande cantiere del Mondo: il bacino idrografico che alimenta il fiume che ci è più vicino. Si tratta di “tutto il territorio in cui le acque, dopo un percorso più o meno lungo, giungono al fiume nel punto che prendiamo in considerazione”. Se il nostro fiume non si getta direttamente in mare, il suo bacino è a sua volta parte del bacino di cui è affluente. Così, per riferirci ad un esempio spesso all'ordine del giorno sui mezzi di informazione nazionali, il Seveso (nord Milano) è affluente del Lambro che a sua volta è affluente del Po.
Per ogni bacino un connotato molto importante è il tempo di corrivazione, cioè il “tempo necessario perché una goccia di pioggia caduta nel punto più lontano del bacino, rimanendo sempre in superficie, raggiunga l’estremità del bacino stesso” (la foce in mare o lo sbocco nel fiume più importante). Il Seveso, che confluisce nel Naviglio della Martesana a Milano in via Melchiorre Gioia, con lunghezza dell’asta fluviale di 51 km e superficie di 231 kmq circa, ha un tempo di corrivazione intorno alle 10 ore: questo significa che se una pioggia uniforme inizia a cadere nello stesso momento sull’intero bacino, la massima portata (onda di piena) inizia a fluire nella sezione terminale alla scadenza del tempo di corrivazione, cioè a 10 ore dall’inizio.
Se il bacino è coperto da case e strade per tutta la sua superficie (non è proprio il nostro caso, ma ci andiamo vicino), tutta l’acqua che vi cade passerà, entro le 10 ore, dalla sezione terminale (la “foce” nella Martesana per il Seveso).
Se invece una parte dell’acqua di pioggia si infiltra nel terreno, essa tornerà a giorno sotto forma di sorgenti, o prelevata dai pozzi degli acquedotti, in tempi differiti; saranno minori la portata ed i potenziali danni dell’onda di piena e l’acqua del fiume scorrerà anche nei mesi di siccità.
 
Umberto Guzzi, geologo, dicembre 2014
© Riproduzione riservata