Il Bestiario di Leonardo da Vinci
Animali in musica nel Rinascimento
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IL BESTIARIO DI LEONARDO
Animali in musica nel Rinascimento
La gran barba di Leonardo da Vinci è sempre fonte di ispirazione e motivo di interesse nella città che l’ha visto all’opera negli innumerevoli ambiti in cui ha esercitato il suo genio e nella quale sono conservate alcune delle sue opere più significative.
In tale contesto, vieppiù avvicinandosi l’appuntamento di Expo, si moltiplicano le iniziative che a Lenonardo si riferiscono.
Iniziative che in qualche caso, specialmente quando godono dei più ampi favori mediatici, non appaiono del tutto motivate da sincero fine culturale quanto, piuttosto, da meno limpidi scopi di sfruttamento commerciale:
la lezione di Andy Warhol, la cui versione del Cenacolo è stata esposta pochi mesi fa a Palazzo Reale (foto sopra), non è stata vana ed ha fatto scuola!
Fra chi, al contrario, offre alla città proposte di vera qualità, ad alto tasso di originalità e frutto di accurate ricerche si vuole, in questa occasione, orientare l’attenzione verso l’iniziativa congiunta di un musicista quasi omonimo del “nostro”, il liutista Massimo Lonardi, e di due storiche istituzioni milanesi: la Fondazione Marco Fodella (
www.fondazionemarcofodella.it) e La Bottega Discantica di via Nirone 5 (
www.discantica.it), rimasta il solo luogo di Milano dove gli appassionati di musica antica possono ancora trovare una vastissima gamma di dischi.
“Animali in Musica nel Rinascimento - Il Bestiario di Leonardo”, questo è il titolo del progetto che, saldamente fondato su fonti leonardesche e della musica coeva, si è proposto di compilare un piccolo bestiario musicale (qualcosa di analogo alle raccolte di aneddoti, fiabe, detti popolari e raffigurazioni di animali, reali o fantastici, che ebbero ampia diffusione nel Medioevo e nel Rinascimento) presentato al pubblico dallo stesso Lonardi al liuto, con Renata Fusco al canto, nella Sacrestia Monumentale della Basilica di San Marco, nell’ambito del XIX ciclo di concerti organizzati dalla Fondazione Marco Fodella, ed inciso in un CD pubblicato da La Bottega Discantica (DISCANTICA 255, € 17,20).
Guida alla scelta dei brani sono stati alcuni frammenti tratti dal Bestiario e dalle Favole di Leonardo.
Il Bestiario, contenuto nel Codice H, appare redatto con ordine e continuità (cosa non frequente nei codici leonardeschi) dando l’impressione di un testo assai vicino alla forma definitiva. L’autore trasse le sue annotazioni sia dalla Historia Naturale di Plinio tradotta dal Landino, sia dai proverbi, dalle filastrocche e dai detti della tradizione orale.
Le Favole rappresentano la miglior prova stilistica di Leonardo scrittore e sono sparse in vari appunti volanti (i codicetti Forster), nel codice Arundel e in alcuni fogli dell’Atlantico; certe Favole contenute in quest’ultimo sono scritte in pagine così pulite e ordinate da far pensare a una stesura in bella copia.
Leonardo da Vinci, lettore appassionato del gran libro della natura, e rigoroso scienziato che crede solo a ciò che può essere provato dall’esperienza, in questi testi cede, non senza ironica indulgenza, al gusto popolaresco dell’aneddoto e del fantastico e finge, per una volta, di riconoscere l’autorità degli antichi senza sottoporla al vaglio dell’esperienza diretta.
I brani musicali che costituiscono il commento sonoro di questa antologia di scritti leonardeschi contengono vari riferimenti al mondo animale: dalla semplice citazione nel titolo di alcune composizioni strumentali (“La biscia”, “Il Dragone”, il balletto “Il Leoncello”) ai testi delle composizioni vocali dove affetti e difetti umani vengono paragonati, in modo assai simile, e talvolta identico, a quello degli scritti di Leonardo, alle caratteristiche, vere o immaginarie, di vari animali.
I Recercar e le Fantasie per liuto solo sono intercalati alle composizioni dedicate agli animali come preludi o interludi.
Un mondo antico ed affascinante quello rievocato dal vivo in concerto da Lonardi con Renata Fusco.
Il primo, ieratico ed anche nell’aspetto (con barba e capelli lunghi) totalmente immedesimato nel tempo della musica che trae dal suo liuto rinascimentale pizzicandone le corde con agilità e dolcezza per restituire il suono alle intavolature di maestri come il “Divino” Francesco da Milano (meravigliosa la sua “Fantasia XIII” dalla polifonia arricchita di diminuzioni); come Giulio Cesare Barbetta che ne “L’Orso: Balletto de Russia” con accordi ribattuti, frasi che si inseguono fiorite di abbellimenti, ed un “ostinato” che sfuma nel finale, descrive musicalmente l’antica tradizione dei paesi Slavi di addomesticare gli orsi per farli ballare e portarli come attrazione nelle fiere; o, ancora, come il Rossetto (Dominico Bianchini) la cui “Lodesana” scivola leggera come un ruscello che scorre con cascatelle fra l’erba bagnata.
In elegante abito di velluto, nero come i capelli raccolti in una ricercata acconciatura e come i travestimenti delle “streghe” che animano la notte milanese di Ognissanti fuori di San Marco, fasciata di rosso in vita e col viso incorniciato dai lampi lanciati dai dischi argentati dei pendenti che la ornano, anche col suo abbigliamento la cantante riassume la varietà di sentimenti, immagini, timbri e dinamiche che esprime intonando i versi poetici, anche di autori importanti come Giovanni Guidiccioni (“Il bianco e dolce cigno”) e Petrarca (“O tempo, o ciel volubil”), musicati da compositori anonimi o ben conosciuti nella storia della musica.
Versi che, come nei brani già citati ma anche in “La turturella” e “Io mi vivea com’Aquila”, su note melanconiche raccontano l’invocazione della morte che libera dalle pene dell’amore e dagli affanni della vita - “Amore e Fortuna insieme mi fan guerra”. Versi nei quali è ricorrente la contrapposizione fra la morte del cigno, che lasciando la vita canta sconsolato, e quella del protagonista che, piangendo, muore contento… nella speranza che la morte, se garanzia di liberazione dai tormenti patiti, sia dolore desiderabile mille volte al giorno.
Altro tema ampiamente rappresentato è quello della sofferenza provocata dalla donna che non concede i suoi favori a chi la ama.
In “Tu sai che la cornacchia” “la scortesia” della dama è paragonata all’asprezza del verso dell’uccellaccio, reso quasi onomatopeicamente con alternanze di dolcezza ed aggressività vocali e strumentali. In questo brano (come del resto anche negli altri) il liuto non si limita ad una funzione di accompagnamento del canto ma, dapprima, introduce questa villanella napoletana con una sorta di giro di basso pizzicato - non così lontano da quelli che si ascoltano nella musica rock - che si evolve in ruvidezze ritmiche di accordi “strappati”, poi ripete in eco frasi della melodia, sottolineandole e contrappuntandole.
Interpretata con vivacità e umorismo è “No pulice” (una pulce) di Baldassarre Donato, in cui l’insetto molesto e imprendibile fa impazzire la sua vittima, impotente a fare alcunché per liberarsene, così come la donna condanna all’infelicità chi ripone in lei la sua fiducia.
Analogamente nella frottola “Il Basilischo” di Pietro da Lodi e nella struggente canzone di Orazio Vecchi “Il coccodrillo geme” la donna è, rispettivamente, colei che dolcemente, col solo sguardo, rapisce l’anima di colui al quale lo rivolge, e la Crudele, più insensibile del coccodrillo, perché neppure piange per l’uomo di cui provoca la morte dello spirito.
Da quanto sin qui descritto risulta del tutto evidente quanto un’operazione come questa meriti di non restare confinata all’ambito degli appassionati del genere che, peraltro, non possono che gradirla.
Ma, come loro, ogni persona del nostro tempo potrà trovarvi espressi i propri sentimenti in modo originale ed elegante, specialmente nel caso di passioni e patimenti d’amore.
E soprattutto potrà trovarvi quell’armonia “che può sol’adolcir la pena mia” come recita languidamente il madrigale “Vagh’amorosi augelli” di Maddalena Casulana che apre il CD.
D’aiuto all'immedesimarsi dell’ascoltatore nelle stesse emozioni provate da chi le viveva nei secoli XV e XVI e che, anche nella nostra modernità, non sono poi così tanto cambiate, è la pubblicazione, nel libretto che accompagna il CD, di
tutti i testi dei brani cantati.
Accanto a questi è resa disponibile anche l’interessante
trascrizione degli scritti di Leonardo da Vinci di cui sopra si è detto, ciascuno dei quali accompagnato dall’indicazione della traccia del corrispondente brano musicale. Vi sono inoltre indicate dettagliatamente le fonti bibliografiche.
Da ultimo, ben sapendo che per presentare un disco è d’uso citare lusinghiere recensioni di prestigiose testate, non riteniamo di minor valore riferire alcuni commenti orecchiati da chi il disco l’ha ascoltato: “Ci dà gioia”, “Mi fa piangere di commozione” e “Pensi che la mia colf marocchina mi ha chiesto: può metterlo di nuovo?”.
Rispetto al programma eseguito in concerto, il “Ballo detto L’Unicorno”, brano molto orecchiabile anche per un ascolto “contemporaneo”, e “La capra Turlurù” nel CD sono incise nella versione per liuto solo.
Mancano, invece, la sofferta “Vorria ca fosse ciaola” (il passero e la gatta) e le villanelle “Chi passa pe ‘sta strada” e “Vorria Crudel Tornare” (le ultime due, sempre cantate da Renata Fusco col Conserto Vago di Massimo Lonardi al liuto e direzione, sono incluse nel CD “Villanelle alla Napolitana” pubblicato dalla rivista Amadeus) ed il bis “Femena”, una sorta di canzone “femminista” del ‘500 il cui ascolto ha rievocato in chi scrive l’inquietante immagine della “Giuditta e Oloferne” dipinta da Artemisia Gentileschi, anch’essa artista appassionata ed attiva con un’importante scuola proprio a Napoli.
Giovanni Guzzi, luglio 2014
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