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Pio X, il musicista



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SAN PIO X E LA MUSICA SACRA

Istruzioni affinché il nostro ossequio all’Altissimo, anziché ascendere in odore di soavità, non rimetta nella mano del Signore i flagelli!

Fino all’aprile scorso Pio X era l’unico papa santo degli ultimi quattro secoli di storia della Chiesa.

Un pontefice discusso alla cui importante azione non rendono giustizia le argomentazioni partigiane di agiografi e detrattori e di cui, il 20 agosto scorso si è ricordato il centenario della morte.
In occasione di questa ricorrenza sulla stampa quotidiana abbiamo avuto occasione di leggere interessanti contributi relativi allo sviluppo della ricerca storiografica sulla sua azione di pontefice fra i quali, tuttavia, nulla abbiamo trovato riguardo ad un aspetto di importanza non del tutto secondaria per la vita ordinaria della Chiesa: la musica.
Un’arte alla quale, invece, sappiamo che Pio X si è dedicato anche in veste di autore. Attività alla quale giovò la conoscenza, a Mantova, di Lorenzo Perosi che lo seguì come maestro di cappella nella Basilica di San Marco durante il Patriarcato a Venezia.
Di Pio X sono conosciuti brani polifonici ispirati a canti gregoriani, tuttora eseguiti e dei quali esistono anche incisioni discografiche. In particolare vogliamo qui ricordare il cd "Pio X e la sua musica" che contiene musiche scritte o arrangiate da lui stesso nel corso della sua esperienza sacerdotale ed episcopale ed è stato pubblicato nel 2003 in occasione del centenario dell’elezione al sommo pontificato.
Se in questa sua veste di compositore non ha certo posto pietre miliari nella storia della musica, col Motu Proprio "Inter Sollicitudines" sulla musica sacra del 22 novembre 1903, Pio X ha invece riformato totalmente la musica sacra, liturgica e religiosa della Chiesa Cattolica.
Un’esigenza di riforma che, nella nostra modesta conoscenza della musica sacra del tempo (anche opera di compositori religiosi), riteniamo motivata dal dilagare anche in questo ambito di stilemi compositivi in tutta evidenza mutuati dall’imperversante passione popolare per il melodramma. Dal quale venivano addirittura esplicitamente citati anche temi musicali operistici ben noti al pubblico.
Passando dagli inizi del Novecento ai giorni nostri osserviamo che la musica in chiesa oscilla fra due poli opposti.
Da un lato, ad eccezione di occasionali particolari circostanze, la cura della parte musicale nelle comuni liturgie non raggiunge, nella media, propriamente livelli di eccellenza (sia detto col massimo rispetto per la buona volontà di chi vi si dedica con passione e sacrificio degne di ogni encomio).
Viceversa, sempre più spesso, le chiese diventano scenografia (anche perché a buon mercato rispetto al costo di una sala da concerto) per veri e propri concerti il cui programma troppo spesso è ritenuto adatto al luogo sacro per il solo fatto che si tratta di musica sacra.
Per l’una e l’altra ragione ci sembra interessante rileggere il citato Motu Proprio del 1903 “Istruzione Sulla Musica Sacra” selezionandone a beneficio dei lettori i passaggi meno tecnici e tuttora, per quanto si è detto, particolarmente attuali.
 
MOTU PROPRIO Sulla Musica Sacra
22 novembre 1903
 
Nulla deve occorrere nel tempio che turbi o diminuisca la pietà e la devozione dei fedeli, nulla che dia ragionevole motivo di disgusto o di scandalo, nulla soprattutto che direttamente offenda il decoro e la santità delle sacre funzioni e però sia indegno della Casa di Orazione e della maestà di Dio.
[Uno degli abusi] più comuni, dei più difficili a sradicare e che talvolta si deve deplorare è l’abuso nelle cose del canto e della musica sacra. Sia per la natura di quest’arte per sé medesima fluttuante e variabile, sia per la successiva alterazione del gusto e delle abitudini lungo il correr dei tempi, sia pel piacere che la musica direttamente produce e che non sempre torna facile contenere nei giusti termini.
[Pertanto] crediamo Nostro primo dovere di alzare la voce a riprovazione e condanna di tutto ciò che nelle funzioni del culto e nell’offìciatura ecclesiastica si riconosce difforme dalla retta norma indicata.
Essendo Nostro desiderio che il vero spirito cristiano rifiorisca e si mantenga nei fedeli tutti, è vano sperare che su noi discenda copiosa la benedizione del Cielo, quando il nostro ossequio all’Altissimo, anziché ascendere in odore di soavità, rimette invece nella mano del Signore i flagelli, onde altra volta il Divin Redentore cacciò dal tempio gli indegni profanatori.
Per la qual cosa, affinché niuno possa d’ora innanzi recare a scusa di non conoscere chiaramente il dover suo e sia tolta ogni indeterminatezza nell’interpretazione di alcune cose già comandate, abbiamo stimato additare quei principii che regolano la musica sacra nelle funzioni del culto e raccogliere in un quadro generale le principali prescrizioni della Chiesa contro gli abusi più comuni in tale materia.
E però di moto proprio e certa scienza pubblichiamo la presente Nostra Istruzione, alla quale, quasi a codice giuridico della musica sacra, vogliamo dalla pienezza della Nostra Autorità Apostolica sia data forza di legge, imponendone a tutti col presente Nostro Chirografo la più scrupolosa osservanza.
 
ISTRUZIONE SULLA MUSICA SACRA
 
I Principii generali
1. La musica sacra, come parte integrante della solenne liturgia,  concorre ad accrescere il decoro e lo splendore delle cerimonie ecclesiastiche, e così il suo proprio fine è di aggiungere maggiore efficacia al testo medesimo, affinché i fedeli con tale mezzo siano più facilmente eccitati alla devozione e meglio si dispongano ad accogliere in sé i frutti della grazia propri della celebrazione dei sacrosanti misteri.
2. La musica sacra deve per conseguenza possedere nel grado migliore la santità e la bontà delle forme, onde sorge spontaneo l’altro suo carattere, che è l’universalità. Deve essere santa, e quindi escludere ogni profanità anche nel modo onde viene proposta dagli esecutori. Deve essere arte vera, ma dovrà insieme essere universale. Nel senso, che pur concedendosi ad ogni nazione di ammettere nelle composizioni chiesastiche quelle forme particolari che costituiscono il carattere specifico della musica loro propria, devono essere in tal maniera subordinate ai caratteri generali della musica sacra, che nessuno di altra nazione all’udirle debba provarne impressione non buona.
 
II Generi di musica sacra
3. Queste qualità si riscontrano in grado sommo nel canto gregoriano, che è per conseguenza il canto proprio della Chiesa Romana, il solo canto ch’essa ha ereditato dagli antichi padri, potendosi stabilire con ogni ragione la seguente legge generale: tanto una composizione per chiesa è più sacra e liturgica, quanto più nell’andamento, nella ispirazione e nel sapore si accosta alla melodia gregoriana, e tanto è meno degna del tempio, quanto più da quel supremo modello si riconosce difforme. L’antico canto gregoriano tradizionale dovrà dunque restituirsi largamente nelle funzioni del culto, tenendosi da tutti per fermo, che una funzione ecclesiastica nulla perde della sua solennità, quando pure non venga accompagnata da altra musica che da questo soltanto. In particolare si procuri di restituire il canto gregoriano nell’uso del popolo, affinché i fedeli prendano di nuovo parte più attiva all’officiatura ecclesiastica, come anticamente solevasi.
5. La Chiesa ha sempre riconosciuto e favorito il progresso delle arti. Per conseguenza la musica più moderna è pure ammessa in chiesa, offrendo anch’essa composizioni di tale bontà, serietà e gravità, che non sono indegne delle funzioni liturgiche. Nondimeno, siccome la musica moderna è sorta precipuamente a servigio profano, si dovrà attendere con maggior cura, perché le composizioni musicali di stile moderno, che si ammettono in chiesa, nulla contengano di profano e non siano foggiate neppure nelle loro forme esterne sull’andamento dei pezzi profani.
 
III Testo liturgico
9. Il testo liturgico deve essere cantato come sta nei libri, senza alterazione o posposizione di parole, senza indebite ripetizioni, senza spezzarne le sillabe e sempre in modo intelligibile ai fedeli che ascoltano.
 
V Cantori
12. Tranne le melodie proprie del celebrante all’altare e dei ministri, tutto il resto del canto liturgico deve, almeno nella massima parte, conservare il carattere di musica da coro. Con ciò non s’intende del tutto esclusa la voce sola. Ma questa non deve mai predominare nella funzione.
13. Dal medesimo principio segue che i cantori hanno in chiesa vero officio liturgico.
14. Per ultimo non si ammettano a far parte della cappella di chiesa se non uomini di conosciuta pietà e probità di vita, i quali, col loro modesto e devoto contegno durante le funzioni liturgiche, si mostrino degni del santo officio che esercitano.
 
VI Organo ed instrumenti musicali
15. Sebbene la musica propria della Chiesa sia la musica puramente vocale, nondimeno è permessa eziandio la musica con accompagnamento d’organo.
16. Siccome il canto deve sempre primeggiare, l’organo o gli strumenti devono semplicemente sostenerlo e mai opprimerlo.
17. Non è permesso di premettere al canto lunghi preludi o d’interromperlo con pezzi di intermezzo.
19. È proibito in chiesa l’uso del pianoforte, come pure quello degli strumenti fragorosi o leggeri, quali sono il tamburo, i piatti, i campanelli e simili.
20. È rigorosamente proibito alle cosiddette bande musicali di suonare in chiesa.
21. Nelle processioni fuori di chiesa può essere permessa dall’Ordinario la banda musicale, purché non si eseguiscano in nessun modo pezzi profani.
 
VII Ampiezza della musica liturgica
22. Non è lecito, per ragione del canto o del suono, fare attendere il sacerdote all’altare più di quello che comporti la cerimonia liturgica.
23. In generale è da condannare come abuso gravissimo, che nelle funzioni ecclesiastiche la liturgia apparisca secondaria e quasi a servizio della musica, mentre la musica è semplicemente parte della liturgia e sua umile ancella.
 
VIII Mezzi precipui
24. Per l’esatta esecuzione di quanto viene qui stabilito, [a] persone veramente competenti in cose di musica sacra sia affidato l’incarico d’invigilare sulle musiche che si vanno eseguendo nelle chiese. Né badino soltanto che le musiche siano per sé buone, ma che rispondano altresì alle forze dei cantori e vengano sempre bene eseguite.
 
IX Conclusione
29. Per ultimo si raccomanda ai parroci di favorire con tutto lo zelo queste sagge riforme, da molto tempo desiderate da tutti.
 
Giovanni Guzzi, agosto 2014
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