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Stairs



La Scala non è solo a Milano

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STAIRS

La Scala non è soltanto a Milano

 
Quando mi esercitavo sul mio strumento nei mesi estivi, per fuggire il caldo sceglievo spesso di spostarmi dalla mia stanza surriscaldata dal sole pomeridiano al fresco scalone del villino a due piani di inizio Novecento nella Città Giardino del Milanino (MI) dove ho la fortuna di poter abitare. Per di più la sua ottima acustica amplifica ed arricchisce di ulteriore corposità il suono della mia chitarra.
 
E con i suoi gradini in serizzo, le piastrelle antiche dei pianerottoli, gli stucchi che si fingono marmo alle pareti e la ringhiera floreale in ferro battuto col corrimano in legno che la risale da un pomello dorato all’altro è, oltretutto, un bel posto in cui trascorrere il tempo dello studio.
Così, ogni tanto, mi veniva alla mente lo scontato gioco di parole per cui a parenti ed amici dichiaravo di tenere spesso concerti nel mio personale Teatro alla Scala. Da qui a pensare di invitarvi musicisti e appassionati di musica (dotati, a loro discrezione, di cuscini al seguito) per allestirvi una piccola stagione musicale domestica il passo è stato breve. Così breve da non essere mai arrivato a metterlo in atto!
Ma, così come sono più d’uno coloro che si contendono l’invenzione del telefono, anche della mia idea non potevo pensare di avere l’esclusiva.
E, diversamente da me, c’è chi l’ha realizzata davvero. L’ho scoperto per caso durante un recente soggiorno nelle Marche.
Forse per una benevolenza del "Fato" nei miei confronti, nei giorni precedenti avevo più volte posticipato il ritorno al nord e così sono venuto a sapere di un concerto per violino con musica di Johann Sebastian Bach proprio alla vigilia della mia definitiva partenza dalla città di Fano.
Quale migliore, ultimo, commiato dai momenti belli che vi avevo trascorsi? Del musicista tedesco erano infatti in programma la Partita n. 3 in mi maggiore BWV 1006 e la Sonata n. 1 in sol minore BWV 1001.
Verso quest’ultima nutro poi una particolare predilezione per il fatto che anch’io ne suono la trascrizione per chitarra del secondo movimento: la splendida fuga.
Ma, si chiederà chi legge, una comunanza di repertorio non sembra proprio poter essere il legame con la premessa sopra descritta. Ed infatti il vero nesso è svelato dal nome che il maestro Marco Mencoboni ha scelto di dare alla rassegna itinerante in diverse città marchigiane della quale il concerto fanese era il 5° appuntamento: Stairs - Sette note, sette scale sulla musica di Bach.
Già, perché il filo conduttore di questo suo progetto, oltre a Bach, è il fatto che ogni concerto si svolge proprio sulle scale di luoghi di particolare pregio oltre che storicamente ed architettonicamente significativi e, per lo più, poco conosciuti anche da chi vi abita e vi vive accanto.
Degna cornice del concerto fanese, e cronologicamente perfettamente adeguato, è stato il settecentesco Palazzo Montevecchio, una tra le dimore patrizie più importanti della città.
In passato ho abitato a Fano per più di un decennio, eppure mai avevo varcato il suo monumentale ingresso: un imponente portale barocco di pietra fiancheggiato da colonne tuscaniche che sorreggono la balaustra del balcone soprastante.
Ad accogliermi, dalla fontana in fondo al cortile interno, lo sguardo di uno statuario Nettuno; un poco corrucciato, almeno così mi è parso, forse per la presenza delle auto che gli erano parcheggiate fin quasi addosso… senza alcun rispetto per la sua classica divinità!
Fingendo indifferenza ho svicolato, mescolandomi al resto del pubblico intervenuto in buon numero, e mi sono diretto a prendere posto sul grande scalone scenografico ricco di nicchie, colonne, pilastri e statue marmoree che conduce al piano nobile.
Vi ho trovato già alcuni che, previdenti, si erano accomodati su seggiolini pieghevoli portati da casa, altri avevano approfittato della disponibilità dell’organizzazione a portare alcune sedie per chi ne avesse fatto preventiva richiesta.
La maggior parte dei presenti, tuttavia, divertita per l’insolita situazione, si aggirava su e giù per la scalinata studiando la posizione migliore per assistere al concerto.
Seduti o in piedi, in movimento o fermi, la schiena contro le pareti o affacciati sul vuoto appoggiati ai parapetti… tutti volevano godere al meglio della musica e del suggestivo contesto offerto dalla penombra rischiarata dalle fiammelle dei lumi disposti sulle balaustre della ringhiera in pietra.
Venendo alla musica in programma, si colloca fra i vertici della produzione strumentale di Bach e risale ai suoi anni di Cöthen quando compose per lo più musica profana, fra la quale basta citare i celeberrimi concerti Brandeburghesi.
Presentandola, il maestro Mencoboni ha ricordato che, sia la Sonata n. 1 in sol minore sia la Partita n. 3 in mi maggiore, sono brani tecnicamente difficili che Bach non poteva certo suonare di persona per cui gli studiosi ad oggi sono ancora in dubbio sul nome del violinista (secondo alcuni Francesco Maria Veracini) che potrebbe averlo aiutato a trovare soluzioni espressive adeguate a risolvere le difficoltà strumentali.
Difficoltà che non hanno impensierito l’interprete, lo sloveno Žiga Faganel che nel suo curriculum può vantare di essersi esibito col violino appartenuto a Tartini che, tra l’altro, fu primo violino proprio al Teatro della Fortuna di Fano.
Eccolo dunque partire dal pianterreno con la Sonata, strappando suoni sofferti con le prime arcate dell’Adagio, risalire poi lo scalone intrecciando le voci della Fuga con l’abilità di mantenerle su piani dinamici e timbrici diversi, procedere ancora nella sua ascesa esibendo il suo virtuosismo nel Preludio della Partita e la sua musicalità nel fraseggio della successiva Gavotta en Rondeau, e così via, un movimento per ogni rampa, salendo verso l’alto, come le sue note, fino ad arrivare alla sommità a conclusione del concerto fra la soddisfazione compiaciuta dei presenti a questa inconsueta ed originale modalità di ascolto.
Un plauso, dunque, agli organizzatori ai quali ci sia consentito di rivolgere anche un benevolo suggerimento per i prossimi appuntamenti (segnalando l'ultimo di quest'anno il 22 settembre in Ancona): invitare le maschere presenti ad assistere il musicista nello spostamento di leggìo, spartiti e luce da una postazione alla seguente, in modo da non costringerlo a faticose manovre visto che ha già per le mani anche l’archetto ed il violino.
 
Giovanni Guzzi, settembre 2014
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