L'Eclettico



La collezione di fiati del Sacro Convento di Assisi



Frati musicisti e una moderna, audace, lettura di un repertorio antico

Sette strumenti a fiato di incerta provenienza, un frate musicista dalla brillante carriera europea e un audace progetto di sperimentazione di nuove-antiche sonorità

 
La Biblioteca del Sacro Convento ad Assisi conserva una raccolta di sette strumenti a fiato anonimi: si tratta di quattro cornetti, un traversiere, un flauto dolce basso e una dulciana. Fino a qualche anno fa non se ne conosceva l’origine: nessuno dei frati aveva memoria di come gli strumenti fossero giunti fin là e non era conosciuto nessun documento che ne attestasse la provenienza. Tra gli strumenti della raccolta il traversiere è certamente l’elemento di maggior interesse; la sua unicità risiede nelle caratteristiche costruttive che lo individuano come un  esempio di transizione tra lo strumento rinascimentale e quello barocco, inoltre l’ipotesi di datazione lo rende uno dei pochissimi flauti traversi al momento conosciuti, costruiti in Europa nel XVII secolo. Questo periodo storico, rappresenta un “buco nero” nella prassi esecutiva dello strumento che, dopo la notevole fioritura rinascimentale, sembra riapparire solo alla fine del Seicento in Francia nella bottega della famiglia Hotteterre. Cosa è successo nei primi ottanta anni del secolo al flauto traverso? Questa domanda mi ha spinta ad immergermi nell’archivio del Sacro Convento di Assisi alla ricerca di una traccia che, documentando l’arrivo degli strumenti, formisse qualche indizio sulla datazione del traversiere. Dopo un anno di ricerche, in uno dei tanti registri delle spese giornaliere del Convento, insieme agli elenchi degli alimenti, della cera e dei bonificamenti, è arrivata la soluzione: gli strumenti furono donati al Sacro Convento in punto di morte dal Signor Abate Francesco Rivi di Foligno nel maggio 1704. L’insieme della collezione, la cui particolarità risiede nell’essere costituita unicamente di strumenti a fiato, comprendeva anche due oboi, tre chalumeau e altri tre flauti dolci; questi, al momento, risultano perduti. Il ritrovamento della data certa dell’arrivo al Convento dell’insieme della donazione non risolve l’enigma della datazione degli strumenti, ma pone comunque un significativo punto fermo da cui continuare la ricerca.
 
L’importanza della Cappella musicale di S. Francesco fu probabilmente la ragione per cui essa venne prescelta dall’Abate Rivi in occasione del testamento. Fin dalla fondazione dell’ordine francescano, la musica era considerata come parte integrante della preghiera e oltre alla pratica vocale, elemento centrale nell’organizzazione della musica nel convento, abbiamo ampia documentazione della pratica di diversi strumenti musicali. Il notevole sviluppo di questa cappella dagli anni ’30 del Seicento in poi, può certamente essere messa in rapporto con un'epoca di maggior benessere sopraggiunta dopo la terribile pestilenza degli anni 1629 -30, ma sembra anche lecito metterla in relazione con l’arrivo al convento di Giovanni Battista Buonamente, violinista, compositore e frate minore conventuale dalla brillante carriera europea. Originario di Mantova, dove si ritiene sia stato alievo di Salomone Rossi, assimilò in gioventù gusti e prassi della corte Gonzaga. Musico da camera dell’imperatore Ferdinando II a Vienna dal 1622 al 1629, nel 1631 fu a servizio come violinista e contralto presso la cappella di S. Maria Maggiore di Bergamo e l’anno successivo in quella di S. Maria della Steccata di Parma. Giunse infine al Sacro Convento nel 1633 dove, dal 1637 fino alla sua morte, avvenuta in Assisi nel 1643, rivestirà il ruolo di maestro di cappella. Sono quattro i volumi di musica strumentale di Buonamente giunti fino a noi, dal IV al VII: dei primi tre libri non si ha invece alcuna traccia. Le composizioni del IV, del V e del VII libro hanno vari punti in comune: primo fra tutti la scelta di privilegiare l’organico in trio, costituito da due violini e basso. Altre similitudini sono date dalla tipologia delle composizioni; queste sono di tre grandi gruppi: sonate (sia libere che con variazioni su un tema), sinfonie e danze. Solo nel VI libro l’autore utilizza organici diversi dal trio, proponendo numerose combinazioni che prevedono anche l’inserimento di alcuni strumenti a fiato (il cornetto, la dulciana e il fagotto); inoltre vi sono inserite, per la prima ed unica volta, delle canzoni. Nel frontespizio di questa pubblicazione troviamo il riferimento al cavalier Gio. Battista Buonamente maestro di cappella nel Sacro Convento di S. Francesco d’Assisi e nell’inventario storico delle composizioni di Buonamente, reperibile nell’ archivio del convento, troviamo elencate delle sonate il cui numero e la cui tipologia corrisponde esattamente al contenuto del VI libro. Questo avvalora l’ipotesi che questi brani, anche se forse non espressamente composti per il convento, venissero eseguiti dai frati.
 
Il disco propone una selezione di brani dalle due raccolte di Buonamente stampate durante il periodo assisano e cioè il VI e il VII Libro, oltre a quattro sonate del IV Libro. Queste ultime sono basate sul principio della variazione su un basso ostinato o su un tema, mentre quelle scelte dal VI libro sono libere. Notevole è la sapienza contrappuntistica di Buonamente che manifesta una costante attenzione alla coerenza formale della scrittura utilizzando diverse riprese dei temi principali, non solo a conclusione del brano. Le tre Canzoni a quattro, che rappresentano il materiale più arcaico e meno idiomatico della selezione, sono state scelte tra le dieci presenti nel VI libro scritte per organici variabili da due a sei strumenti. Una parola a parte meritano i brani del VII libro, poco conosciuti e mai registrati finora. L’insieme di questa opera è costituita da un canone, nove sonate e otto sinfonie. Le sinfonie, ampiamente presenti nel IV e V libro di Buonamente, sono qui realizzate in modo assai elaborato ed originale; inoltre, come è scritto dal compositore, “Ogni Sinfonia ha il suo Brando, Gagliarda e Corrente”: l’intenzione era quindi quella di costituire delle vere e proprie suites. Composizioni decisamente poco in uso presso i compositori italiani dell’epoca, rappresentano uno dei più importanti lasciti di Buonamente alle generazioni future e un esempio che darà un fondamentale contributo alla creazione della futura sonata da camera elaborata da Corelli nell’ultimo quarto del secolo. Prima della seconda guerra mondiale era la biblioteca di Wroclaw in Polonia a possedere l’opera integrale a stampa di Buonamente, essendo l’unica a conservare anche una copia del VII libro. È qui che il musicologo Alfred Einstein lo ha copiato nei primi anni del XX secolo, insieme ad un centinaio di altri testi di musica vocale e strumentale italiana che compongono oggi la Einstein Collection conservata nella Werner Josten Library of the Performing Arts dello Smith College. Questo manoscritto è al momento l’unica copia completa del VII libro visto che la stampa originale, salvo il Canto I, è stata distrutta dal fuoco a Wroclaw durante la guerra e ad oggi non ne è stata ancora realizzata una edizione moderna.
 
La scelta del materiale è avvenuta considerando le possibilità di una strumentazione centrata sulla collezione di Assisi in combinazione con violino, tiorba, violoncello, organo e clavicembalo: tutti strumenti la cui presenza è ampiamente documentata dai registri del convento. L’intonazione del traversiere, del flauto dolce basso e di uno dei quattro cornetti è hz 390 circa, come era comune all’epoca nelle zone di influenza romana: per questo è stato scelto questo diapason per la registrazione. L’eventualità che questi strumenti siano stati utilizzati insieme è una ipotesi di cui non abbiamo al momento nessuna evidenza storica (salvo per la Sonata Quarta e Quinta del VI libro espressamente scritte per violino e cornetto), ma il progetto nasce proprio dalla volontà di sperimentare un nuovo colore strumentale. Inserire infatti un traversiere in un repertorio secentesco tra i due strumenti-principe dell’epoca, il cornetto e il violino, è indubbiamente azzardato, ma perché escluderlo?
 
Laura Pontecorvo
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