L'Eclettico



Al Gran Premio di Monza del Pianoforte



Giovani con la musica per motore (e un po' di veleno fra i box)

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AL GRAN PREMIO DI MONZA DEL PIANOFORTE

Giovani con la musica per motore (e un po' di veleno fra i box)

 
 
Prima di tutto la musica! A Monza ce n’è stata tanta… e bella, per la 23^ edizione del Concorso Pianistico Internazionale Rina Sala Gallo, avviato fin dagli anni settanta dall’omonima pianista monzese che esordì sulla scena concertistica come giovanissima musicista prodigio.
Per oltre una settimana sul palco del teatro Manzoni si sono alternati al pianoforte una trentina di giovani (in perfetta parità di genere), già valenti concertisti provenienti da tutto il mondo.
 
 
Italia, Corea e Giappone, con cinque concorrenti ciascuna, le nazioni più rappresentate. Seguivano Francia, Russia, Kazakistan e Cina (2), e poi ancora Spagna, Polonia, Finlandia, Bulgaria, USA, Australia.
Perché ci siamo prodotti in questo elenco di Stati?
Perché nei tempi bui che il mondo attraversa il fatto che dei giovani si incontrino, seppure in competizione (ma artistica!), all’insegna della musica è già di per sé un fatto meritevole di essere portato all’attenzione dell’intera opinione pubblica e non soltanto al pubblico degli appassionati del pianoforte.
Se poi completiamo il quadro precisando che il Concorso Rina Sala Gallo è uno dei soli tre concorsi pianistici italiani ammesso a far parte della Federazione Mondiale dei Concorsi Internazionali di Musica (FMCIM), riconoscimento riservato ai concorsi di altissima rilevanza mondiale, si comprende bene come l’appuntamento monzese sia stato di quelli davvero da non perdere.
Ed infatti non ce lo siamo perso, avendo cercato di seguirne con la massima assiduità che ci è stata possibile ciascuna delle fasi in cui si è articolato.
Singolare combinazione (o forse portiamo fortuna?) al nostro primo ingresso in teatro nel primo pomeriggio di domenica 28, seconda giornata della prova di apertura dedicata alle Sonate di Mozart ed a Chopin, con un altro giovane presente nel foyer ci siamo trovati letteralmente “buttati” in sala da una volontaria dell’organizzazione: “Dai ragazzi, andate che si comincia”.
 
“Io sono il primo concorrente” si è presentato chi si trovava con noi: Fiorenzo Pascalucci… ascoltato di nuovo al nostro successivo ritorno per la terza prova (programma libero) ed ancora ritrovato nella finale a tre con l’orchestra dalla quale… è uscito vincitore!
A dire la verità la sua prima esibizione non ci aveva convinti completamente, per lo meno nel confronto con i suoi colleghi avvicendatisi alla tastiera dopo di lui che avevamo collocato in crescendo nella classifica del nostro personale gradimento.
Inclusa la sedicenne cinese Juna Yamaguchi arrivata in extremis seppure malata, penalizzata da un errore nel finale e poi ritiratasi.
Nella terza prova Pascalucci ha proposto un programma impegnativo (anche per il pubblico) nel quale ha dato prova di padroneggiare con maestria ogni genere di repertorio spaziando da Bach a Chopin, Ravel, Schonberg, Scriabin fino ad arrivare a L’isle joyeuse di Debussy, brano che deve amare particolarmente avendolo suonato anche come bis per congedarsi dal pubblico nel conclusivo Concerto di Gala.
 
Fra gli altri semifinalisti che abbiamo potuto ascoltare lo abbiamo preferito a Maddalena Giacopuzzi ed alla giapponese Kinoshita Atsuko alla quale non ha giovato l’inversione rispetto al programma fra alcuni Préludes (dal Deuxième livre) di Debussy e la Sonata D 960 di Schubert.
Un’esecuzione non straordinaria, in effetti, la sua ma non tale da giustificare le parole davvero troppo dure e fuori luogo che le ha riservato sul proprio profilo facebook il giurato Pascal Rogé.
Ci auguriamo che il dissenso che queste hanno suscitato fra chi ha commentato la vicenda sul web ottenga l’effetto contrario di ripagarne questa spiacevole forma di notorietà con maggiori ingaggi.
Fossimo un organizzatore di concerti l’avremmo già invitata e, nel nostro piccolo, dichiariamo pubblicamente di averla sostenuta votandola e facendola votare come finalista preferita dal pubblico!
Una pubblica dichiarazione, la nostra, che si accoda alla linea di trasparenza adottata dall’organizzazione del concorso per confutare le gravi accuse che il sopra citato giurato francese le ha lanciato nell’abbandonare il suo ruolo in disaccordo con il risultato delle semifinali.
Chi volesse saperne di più sulla vicenda legga quanto in proposito abbiamo pubblicato a parte: molto istruttivo per farsi un’interessante opinione personale sulle votazioni dei giurati nei concorsi.
 
Nel merito, seppure col limite di non aver ascoltato tutte le esibizioni di tutti i concorrenti coinvolti nella vicenda, per quanto ascoltato in semifinale e nel concerto di Gala anche noi avremmo voluto ritrovare nella finale con l’orchestra la sud coreana Noh Yejin ed il giapponese Yano Yuta.
Con le premesse delle loro davvero eccellenti esibizioni, rispettivamente nei Tre Movimenti da Petruska di Stravinskij e nella Ciaccona di Bach trascritta da Ferruccio Busoni, resta grande il rimpianto per non averne potuto apprezzare le interpretazioni dei Concerti n. 2 Op. 18 di Rachmaninoff (Noh Yejin) e n. 1 Op. 15 di Brahms (Yano Yuta).
Per quanto riguarda l’esito della finale ci troviamo d’accordo con il verdetto della giuria. Non così la maggior parte del pubblico che avrebbe voluto vedere al primo posto Federica Bortoluzzi arrivata, invece, seconda.
 
Concordiamo sul fatto che il suo Concerto n. 2 di Liszt è stato più spettacolare e coinvolgente rispetto al Concerto n. 1 Op. 11 di Chopin affrontato da entrambi gli altri due finalisti. Un effetto aiutato dalla più interessante scrittura orchestrale del brano, dalla sua maggiore brevità in tempo unico ed anche dalla plateale gestualità della concertista. Considerazioni che, si noti bene, non vogliono togliere alcunché alle sue non disconoscibili qualità virtuosistiche.
Tuttavia, anche favorito dal fatto che l’orchestra si era già “scaldata” suonando Chopin con la finalista giapponese, Fiorenzo Pascalucci, nonostante alcuni errori (implacabilmente rilevati anche da alcuni competentissimi presenti fra il pubblico) dovuti all’irrigidimento della mano che gli ha fatto svirgolare qualche nota nelle serie di salti veloci, ha dimostrato di divertirsi suonando e in questo suo divertimento ha trascinato l’orchestra come deve davvero fare il solista. A maggior ragione in una composizione come questa del compositore polacco nella quale l’orchestra ha un ruolo che si avvicina molto al mero accompagnamento.
Una capacità, quella descritta, che Kinoshita Atsuko non ha avuto, forse pagando la tecnica della scuola tedesca che dalle sue note biografiche abbiamo visto che ha frequentato. Una tecnica molto precisa che la faceva volare leggera nei passaggi rapidi ma alla quale, a nostro modo di vedere, mancavano la cantabilità, il rubato ed il cosiddetto jeu perlé che la musica francese richiede.
Diciamo che forse avrebbe dato il meglio di sé in un Concerto di Mozart che, tuttavia, le regole non scritte dei concorsi pianistici fanno risultare improponibile per chi ambisca alla vittoria finale.
 
Seppure all'apparenza imperturbabile, il suo frequente utilizzo del fazzoletto per asciugarsi le mani forse ha testimoniato il suo aver pagato un prezzo più alto rispetto ai due finalisti italiani alla tensione della sgradevole vicenda alla quale sopra si è accennato. Una tensione allentata dalla musica visto che la sua interpretazione è cresciuta musicalmente nel Larghetto e nel movimento finale.
Al di là della musica di questa giovane pianista ci ha colpito anche la composta semplicità dimostrata una volta scesa dal palco: accomodata proprio davanti a noi ad ascoltare i propri “rivali” ne osservavamo le mani pensando a come potessero percorrere i tasti così leggere e come la sua mente possa contenere a memoria tante note.
Un esempio davvero per tanti suoi coetanei e dispiace, come non ha mancato di osservare il Maestro Riccardo Risaliti, che il teatro non fosse pieno come alla serata di Gala anche durante le prove in settimana.
Se altrove si promuovono, sempre ottima cosa, manifestazioni pianistiche che riscuotono grande seguito di pubblico senza avere il “peso specifico” di un concorso di questo livello, perché mai Monza non può considerare allo stesso modo e promuovere debitamente questa sua “perla”?
 
Se fossimo un insegnante di pianoforte di Monza e dintorni per una settimana sospenderemmo le lezioni e porteremmo i nostri allievi a seguire le spettacolari prove dei loro poco più che coetanei.
Un’aspettativa che ci auguriamo di vedere realizzata fra due anni per la prossima edizione del Rina Sala Gallo.
 
In conclusione aggiungiamo ancora tre personali premi speciali.
Al Maestro Carlo Tenan che ha fatto davvero un gran lavoro nel dirigere l’orchestra Giuseppe Verdi assecondando al meglio i concorrenti, seppure col limite di poche prove al quale si possono ascrivere alcuni sfasamenti di intonazione e di attacchi.
Ai volontari dell’Associazione Musicale “Rina Sala Gallo” di Monza che vario titolo hanno collaborato all’organizzazione di un’impegnativa impresa quale è un concorso musicale di questo livello.
 
Ed alle famiglie che hanno ospitato i giovani musicisti. Un’ospitalità trasformata in una vera e propria “adozione” dimostrata dalle frasi che abbiamo intercettato fra le poltrone del Manzoni ma, soprattutto, dai sorrisi e dagli abbracci che abbiamo visto loro riservare ai “propri” ragazzi sia per incoraggiarli prima delle prove sia per congratularsi al termine delle stesse.
Queste buone relazioni umane che la musica contribuisce a intrecciare crediamo siano davvero il premio più importante che vince chiunque sia capace di coglierle.
 
Giovanni  Guzzi, ottobre 2014
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Quando il Giurato dissente