Il Rinascimento di Giusto di Ravensburg
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IL RINASCIMENTO DI GIUSTO DI RAVENSBURG
Cristo che mostra la ferita al costato, un capolavoro riemerso dalla Brianza
Il
Cristo che mostra la ferita al costato, tavola da quasi un mese esposta al Museo Diocesano di Milano, è una “sorpresa” della metà del '400 circa, arrivata inaspettatamente da una collezione privata, e che mostra, a detta degli esperti, una qualità artistica eccelsa con influenze ancora tardo gotiche e fiamminghe.
Il tema iconografico è particolare e di origine germanica, poco comune da noi: Cristo è uomo dei dolori ma anche Giudice ultimo, così come lo individua il mantello rosso che gli ricade sulle spalle sorretto da due angeli e impreziosito da un notevole fermaglio d’oro.
Molto espressiva e realistica, pur senza certe esagerazioni nordiche, è l'anatomia del Cristo. È un Cristo mesto, che invita al silenzio ed alla contemplazione.
Le figure di Ambrogio e di Agostino che lo accompagnano sono un riferimento chiaro a Milano ed un omaggio alla Diocesi ambrosiana.
Ambrogio, identificato dal tradizionale staffile che regge nella mano sinistra, ha un'espressione mite ed assorta.
La presenza di Agostino, che in mano ha invece un cuore trafitto da frecce (un riferimento al suo “Tardi ti amai?”), forse indica la committenza, ma non si è ancora chiarito come un capolavoro simile sia finito nella piccola chiesa di Sant'Ambrogio a Brugherio dove è documentato dal Settecento. Forse apparteneva a qualche monastero importante di epoca precedente, sempre però del territorio lombardo.
Dei due santi vescovi si apprezzano la morbidezza dei panneggi, l’accurato disegno delle decorazioni sui paramenti sacri e la tenuemente sfumata colorazione dei volti, in contrasto con la durezza tipicamente tedesca del volto sofferente di Gesù.
Stupefacente è la parte superiore della tavola con figure raffinate – fra le quali si identificano sulla nostra destra i Santi Pietro e Paolo - in uno sfondo prospettico ed elegante, incorniciato da colonnine, guglie, nicchie e statuette ma, soprattutto, da meravigliosi volteggi marmorei traforati che danno forma a foglie dalle punte spinose.
L'oro ed il rosso inondano di luce e ricchezza l'opera ed onorano la presenza del Divino. Dio Padre e la Colomba dello Spirito Santo, inserita, ad omaggio presumibilmente, nella “raza” viscontea, donano infatti all'insieme un importante connotato trinitario.
Curioso è il dettaglio degli anellini grazie ai quali il tendaggio è fissato ai supporti orizzontali; sui quali può così anche scorrere, come fosse - ci sia perdonato l’accostamento profano - un separé di spogliatoi in una moderna boutique d’abbigliamento!
La tavola, ben conservata, è attribuita a Giusto di Ravensburg, pittore tedesco, ma attivo anche in Italia. Qui è presente la cultura d'oltralpe nella quale tendenze fiamminghe e borgognone si mescolano con la nostra cultura rinascimentale lombarda. I riferimenti e le somiglianze stilistiche con il Cristo davanti a Pilato dell'Oratorio di San Bernardo a Chiaravalle e le analogie con l'affresco della Annunciazione che si trova a Santa Maria di Castello a Genova, riconducono allo stesso autore, Giusto di Ravensburg appunto.
L'impianto architettonico, il gusto decorativo, i dettagli, i panneggi, la resa dei volti, rivelano infatti molte affinità.
Questi rapporti della cultura lombarda con quella nordica d'oltralpe non devono sorprendere. Milano e tutta la Diocesi da sempre sono state crocevia di commerci e di scambi anche culturali. Facile quindi trovare qualche artista straniero anche alla corte viscontea o sforzesca.
Dopo essere stato esposto al Diocesano fino all'8 marzo, questo capolavoro è stato inserito anche nel percorso della mostra “
Arte lombarda dai Visconti agli Sforza” a Palazzo Reale fino al 28 giugno.
Graziella Rita Colombo e Giovanni Guzzi, febbraio 2015
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Graziella Rita Colombo fa parte dell'Associazione Volontari del Museo Diocesano, attiva nell'assistenza ai visitatori e nella custodia delle sale.
Per informazioni Angela Bortolot e Graziella Rita Colombo volontari@museodiocesano.it