Succede spesso che gli amici ci dicano, sospirando con non celata invidia: “Eh tu sei un giornalista, avrai i biglietti gratis; te li fai dare anche per me?”. Naturalmente si tratta di luogo comune la cui corrispondenza al vero è inversamente proporzionale alla sua diffusione.
Viceversa, non è altrettanto risaputo che ogni anno questa qualifica ci costa 100 € (l’importo per il rinnovo dell’iscrizione), l’abbiamo pagata, a suo tempo, versando le relative tasse e guadagnata con non poca fatica. Infatti non abbiamo percorso la scorciatoia dei corsettini a pagamento finanziati dall’Ente o dalla società per cui si fa l’addetto stampa (argomento su cui ritorneremo) ma abbiamo dovuto ottenere la pubblicazione di svariate decine di articoli su testate registrate e, soprattutto, dimostrare che sono stati pagati.
Se il primo requisito tutto sommato non è impossibile da raggiungere, sebbene non sia affatto facile conquistare la fiducia di un capo redattore e lo spazio in pagina per i propri servizi, riuscire anche a farseli pagare è impresa molto più difficile da veder coronata dal successo.
Vogliamo poi parlare della formazione continua obbligatoria? No, ora non vogliamo proprio parlare anche di questo, ma non mancheremo di farlo in futuro.
Fra coloro ai quali “sfuggono” i particolari appena ricordati, vi è anche chi ritiene la gratuità omaggio per la stampa un privilegio iniquo. Una predica che può succedere arrivi proprio dal pulpito meno qualificato a pronunciarla.
PICCOLA STORIA DI VITA VISSUTA
In fondo i giornalisti non li hanno 5 €?Palazzo Morando – Costume Moda Immagine (già Museo di Milano), domenica mattina del 24 gennaio 2016. Arrivando in biglietteria all’apertura con l’intento di visitare una delle sempre interessanti mostre curate dal compianto Alberto Milano (nello specifico “L’immagine dei Milanesi nella vita quotidiana, 1790-1890”), scopro che per ottenere il biglietto omaggio riservato alla stampa non è più sufficiente presentare il tesserino dell’Ordine professionale con il bollino dell’anno corrente.
Prassi che sapevo consueta nei Musei Civici cittadini e verificata anche il giorno prima al Castello Sforzesco ma, ho poi appreso, solo perché il personale non era ancora aggiornato sulla regola recentemente cambiata: informare il personale di biglietteria sulle modalità di accesso sembra essere una missione impossibile per la direzione del settore Musei del Comune di Milano.
Sorvolando sul fatto che in biglietteria non era esposta alcuna indicazione sulle modalità di accredito né sugli indirizzi da contattare e che l’addetta a sua volta non era in grado di fornirmi né l’una né gli altri, la medesima era senza dubbio dalla parte della ragione.
Se soltanto non avesse ceduto alla tentazione di lasciarsi sfuggire un commento almeno inopportuno: “In fondo tutti questi giornalisti che entrano gratis non li hanno 5 € da pagare?”.DIGRESSIONE MANZONIANA
Gentile sig.ra Custode del Comune di Milano, se il livello del discorso è questo si potrebbe affermare, con analoghe ragioni, che anche troppi dei suoi colleghi sono pagati troppo: per stare a farsi i fatti loro al cellulare, a risolvere i giochi della settimana enigmistica o a chiacchierare in due nella stessa sala lasciandone un’altra scoperta.
E cosa dire di quelli che si raccontano le ricette del brasato con la polenta fra una veduta dei Navigli e un interno del Duomo? O dei bambini che, al Castello Sforzesco, chiedono alla maestra dove possono appoggiare le giacche: perché sulla panchina indicata “C’è sdraiato sopra a dormire un barbone!”, che poi era il custode.
Ed i loro responsabili dove sono? Qualcuno li ha mai visti girare a controllare? O, ancora, cosa si può dire di chi non è neppure capace di verificare sull’elenco (che nemmeno sa trovare) che il visitatore ha effettivamente diritto al biglietto omaggio anche se l’associazione di cui fa parte ed esibisce la tessera non è fra le più note? (leggi di più >>>).
Evidentemente non mi riferisco alla maggioranza degli operatori: persone anche appassionate al loro lavoro ed orgogliose delle sale che custodiscono. Posso dirlo a buon diritto, perché l’ho verificato direttamente soffermandomi a parlare con loro: cosa che mi piace fare perché è spesso un’ottima occasione per raccogliere tante interessanti informazioni.In compenso, dopo aver perso 30’ a discutere, appena superato il cortile, verifico che nessuno si è ancora preoccupato di rimuovere il nastro che impedisce la salita dalle scale, nonostante gli addetti siano presumibilmente in servizio già da un po’. La guardia non ne sa nulla e mi invita ad aspettare, io invece (che ero andato al museo proprio per utilizzare il mio tempo al meglio) torno in biglietteria a domandare spiegazioni… e la mia prima interlocutrice va ad aprire.
Ma non è finita: una volta salito al piano scopro che la mostra sulla “quotidianità dei Milanesi”, che dovrebbe aprire alle 9:00, alle 9:30 è ancora chiusa.
Ripercorro in duplice senso le scale per chiedere chiarimenti e, nel frattempo, forse richiamato dalla discussione (o avvisato da qualcuno), da una porta di servizio si materializza un altro “misterioso” personaggio. Se ne intuisce la presenza per la giacca abbandonata sul tavolino d’ingresso dove si trova il catalogo e se ne percepiscono i movimenti finché, finalmente, ma 45’ dopo l’orario previsto, la mostra apre! Peccato che una sala sia al buio e che il mio tempo sia scaduto e devo recarmi altrove… oltre il danno, la beffa!
ALTRE CATEGORIE
Tornando a riflettere sul significato della gratuità, ed estendendo la riflessione ad altre categorie di lavoratori, osserviamo che si tratta di un’evenienza non così rara. Ad esempio, anche i ferrovieri ed i loro familiari viaggiano gratis su alcuni treni, i dipendenti dell’ENI e di altre aziende hanno a disposizione luoghi di villeggiatura per sé e famiglia, gli autisti delle linee di trasporto pubblico e le forze dell’ordine circolano liberamente sui mezzi pubblici anche se non sono in servizio, i medici sono invitati ai convegni dalle case farmaceutiche (anche se questo, a volte, è un fatto non del tutto nobile…).
Nel caso specifico della stampa, anche al di là della necessità contingente quando direttamente legata ad esigenze di servizio, la possibilità di poter usufruire di un ingresso gratuito serve ad arricchire la cultura di chi pratica una così particolare attività intellettuale.
Per quanto ci riguarda più direttamente, sono state proprio le proposte didattiche offerte dai Servizi Educativi di Brera ad accrescere le nostre competenze e permetterci di raccogliere stimoli ed idee che ora cominciano a dare i loro frutti favorendo collegamenti, riflessioni, spunti e rimandi che stiamo a poco a poco restituendo in ciò che scriviamo… Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza l’assidua frequentazione che la gratuità dell’ingresso in Pinacoteca ci ha consentito, a vantaggio di tutti: il pubblico che legge e il “Sistema espositivo Nazionale” dell’arte che ha una voce in più a promuoverlo, in maniera critica e consapevole e non come semplice megafono degli uffici stampa.
Chi queste cose le capisce si comporta come la Reggia di Monza, che ha risposto alla doverosa segnalazione di una nostra recensione scrivendoci: “…la ringraziamo per la sua visita alla mostra, saremmo felici di poterla ospitare anche in seguito”.
Come la diocesi di Gubbio, che bene ha fatto nel settembre 2017 ad ospitare la stampa per una più giorni dedicata alla promozione del turismo responsabile (NB non lo scriviamo per tornaconto personale perché a noi il tema non interessava e non ci siamo andati).
O come la rete Grandi Giardini Italiani, ormai lanciata verso grandi traguardi ma che, ai suoi albori, organizzava Press Tour dedicati alla stampa per far conoscere i primi giardini storici che si erano affiliati.
Perché la cultura, come un bel giardino, va coltivata, ed i giornalisti con essa.
Giovanni Guzzi, aprile 2018
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