Senza Confini



Duccio di Buoninsegna (1255-1319)<br>La tentazione di Cristo sul monte



L&#x2019;accusa del grande Inquisitore raggiunge il suo vertice quando chiede...

Parrocchia di San Pio X in Cinisello Balsamo - MI
Omelia di don Danilo Dorini del 17 febbraio 2002

I Domenica di Quaresima

Dal dipinto di

DUCCIO di BUONINSEGNA

Siena 1255 - 1319

Predella della Maestà “LA TENTAZIONE DI CRISTO SUL MONTE”

1308-11

New York, Frik Collection

 

Come sempre la Quaresima si apre con la scena grandiosa delle tentazioni riportata da Matteo nel Vangelo e avente come fondale il deserto, il tempio di Gerusalemme e un “monte altissimo”; a questo brano si è ispirato Duccio di Buoninsegna, un pittore senese del 1200, per la sua opera che ho riprodotto ed esposto sull’altare.

Tentazione è un momento drammatico nella vita di ognuno di noi. È l’ora, spesso del tutto improvvisa, in cui le nostre convinzioni più profonde, le nostre ragioni di vita, sono sottoposte ad insidiose suggestioni, a dubbi laceranti e seri. In un certo senso la tentazione è la prova ineliminabile della presenza in noi di un ordine etico, di una disciplina interiore, che suscita invidia e fastidio in altra potenza esterna. La mancanza di tentazione è pari all’assenza di un quadro di valori a cui fare riferimento; di una scala di principi a cui si guarda e con cui ci si confronta per discernere bene e male, il vero dal falso, il giusto dall’ingiusto.

Oggi si tende a superare la tentazione attraverso l’eliminazione di un ordine di valori mentre… è più saggio affermare che la tentazione per fortuna esiste! Si tratta di superarla ma… benedetta la sua presenza. Laddove essa non esiste perché “Tanto io faccio quello che voglio io e anche se gli altri mi dicono qualcosa… io preferisco sbagliare di testa mia” sovvengono le parole dello scrittore siciliano Leonardo Sciascia: “Il diavolo se ne è andato perché si è accorto che gli uomini sanno fare molto meglio di lui”.

Per commentare il Vangelo delle tentazioni, quest’anno mi rifaccio al capitolo del grande inquisitore nel romanzo “I fratelli Karamazov” di Dostojevskij. Ve lo riassumo: Spagna, secolo XVI, al tempo dell’Inquisizione spagnola (da non confondere con quella cattolica), piazza di Siviglia, Cristo ritorna in mezzo alla folla operando miracoli. L’inquisitore lo fa arrestare e rinchiudere in prigione. Di notte lo va a trovare in carcere e gli pone la domanda: “Perché sei tornato?” E inizia un lungo monologo nel quale vuole dimostrare che Gesù non ha capito l’uomo, il suo limite, il suo bisogno di segni; che una persona non è solo intelligenza, che dona la sua libertà per un pezzo di pane, vende la sua coscienza per avere un po’ di potenza, soldi e gloria. L’accusa del grande Inquisitore raggiunge il suo vertice quando chiede: “Perché non hai ceduto alle tentazioni nel deserto?”
L’uomo, tanto debole, avrebbe capito, anzi sarebbe stato aiutato dal fatto che anche il Figlio di Dio abbia avuto un momento di debolezza e cedimento. Di più, l’inquisitore dice a Gesù che non esistono criminali ma persone affamate e bisognose di idoli.

Comincia la disamina delle 3 tentazioni.

Alla prima tentazione dell’AVERE Gesù contrappone la beatitudine dei poveri “perché di essi è il regno dei cieli”, che abbiamo commentato due domeniche fa. Tentazione qui è soprattutto il modo: “Se sei Figlio di Dio…” ossia tentativo di asservire la dignità divina alla strumentalizzazione del male; tentazione è pure il momento scelto: “dopo 40 giorni e notti di digiuno” cioè nel momento più delicato e propizio per la fame, quando una persona è facilmente vulnerabile e meno pronta a difendesi; è da ignobili approfittarsene perché essa, comunque, mantiene una propria dignità che va rispettata. “Beati i poveri…” è la versione positiva di “non di solo pane…” ossia ci sono principi che valgono più della vita stessa e per i quali vale anche la pena giocare la vita stessa. Pane e Parola di Dio: un’armonia e un equilibrio che vanno sempre conquistati evitando la tentazione sia di un materialismo edonistico come pure un falso spiritualismo. Un conto è il lavoro, ma la carriera è un’altra cosa: la famiglia, il coniuge, l’avere dei figli hanno la precedenza. Ognuno di noi si impegni a vivere in modo equilibrato il rapporto pane e Parola verificandosi con il vangelo e la Bibbia e con gli altri.
Si leggano a questo riguardo le pagine 3 e 4 dell’inserto del “Tra noi” che riportano anche qualche proposta di impegno concreto.

La seconda tentazione è quella del SAPERE: “Vuoi sapere se sei figlio di Dio? Gettati dal Tempio…”
La tentazione è la vita stessa: Gesù è invitato al suicidio come gioco, come gesto magico. Come non pensare ai molti giovani che scherzano con la vita propria e, purtroppo, anche con quella degli altri in corse e gare folli in macchina, le stragi del sabato sera; i suicidi a volte abbinati a omicidi per amore in base alla logica egoistica di “O mia o di nessun altro”? Notate il luogo della tentazione: il pinnacolo del tempio.
Dove è Dio lì il diavolo vuole insinuarsi e insediarsi anche lui. Lì, sulla vetta del tempio, Gesù è tentato di sfidare Dio, tant’è che stavolta anche il diavolo cita la Bibbia: “Buttati giù” e Dio dovrà sottostare al tuo gesto, altrimenti si contraddirebbe.
Il miracolo è un superamento della legge naturale compiuto in circostanze eccezionali per favorire un bene; qui il diavolo propone la contraffazione del miracolo ossia il tentativo ispirato dal gusto di perdersi, dall’ebbrezza di osare l’inosabile, dal desiderio di esibizione e di potenza, di negare i limiti umani attribuendo la responsabilità dei nostri fallimenti a Dio.
Gesù rifiuta il miracolo perché si riteneva Figlio per amore e non uno schiavo terrificato dall’onnipotenza di Dio.
“Beati i puri di cuore… vedranno Dio”: le persone che sanno di volersi bene non temono di guardarsi negli occhi.

La terza tentazione è la grande idolatria del POTERE e del successo che quando attanaglia il cuore cancella dall’anima ogni umanità e sentimento di pietà, “Tutto questo ti darò se…”.
C’è nel “se”: inginocchiati davanti a me anche solo un istante. Di questi segni il diavolo non sa che farsene; è il possesso della persona il suo vero obiettivo, lo tormentano la libertà umana e la capacità di far ricorso a un Altro. Dio è più grande di lui; questo è il dramma di Satana. La sua è una generosità infernale perché l’umiliazione umana ai suoi occhi è più importante.
Gesù rifiuta la proposta perché pronto a inginocchiarsi solo davanti alla coscienza di ogni persona: “Beati gli operatori di pace”. Tutto questo è eccessivo per l’uomo, commenta il Grande Inquisitore, perché nessuno riuscirà mai a capire un comportamento così impeccabile.
L’inquisitore si aspetta una risposta ma Cristo tace. Lo minaccia di bruciarlo al rogo. Gesù gli si avvicina, gli mette una mano sulla spalla e lo bacia. L’inquisitore trasale, apre la porta e grida: “Vattene e non tornare mai più”. Gesù se ne va tra le tenebre. E l’inquisitore? Commenta lo scrittore: “Quel bacio gli brucia ancora.
Iniziamo la Quaresima con l’immagine di un bacio divino che brucia, impedisce di rimanere nel quieto vivere, sconvolge. Un bacio che non ci lascia in pace. Dio sa che l’uomo non è pura intelligenza, che c’è sempre un grande abisso tra la volontà e la realtà della vita; ci riconcilia con noi stessi e con Lui con un bacio, un bacio di conversione.
La Quaresima sia per tutti noi il momento in cui ricomponiamo la nostra vita perché sia conforme all’originale progetto d’amore di Dio.