Campanili Verdi



L’impronta ecologica



Indicatore di sovrasfruttamento della Terra, ma anche di giustizia fra i popoli

L’IMPRONTA ECOLOGICA

Indicatore di sovrasfruttamento della Terra, ma anche di giustizia fra i popoli

 

Puntuale, assieme alle vacanze estive, è arrivato anche il “Giorno del Sovrasfruttamento” della Terra: la data in cui l’umanità ha finito di consumare tutte le risorse che essa produce annualmente (biocapacità).

A vivere in deficit ecologico si è iniziato nei primi anni ’70, determinando un sempre maggiore anticipo sul calendario del “GdS”. E se dal 22 agosto del 2010 abbiamo già bruciato quasi un mese, nel 2018 sarebbe stato addirittura il 24 maggio se la popolazione mondiale vivesse con gli stessi stili di vita e consumi di noi italiani.
Se così fosse, la biocapacità di una sola Terra non basterebbe per tutti e dovremmo averne a disposizione quasi 3.

Il “Giorno del Sovrasfruttamento” si calcola grazie all’“Impronta ecologica”: un indicatore ambientale rappresentativo del consumo di risorse naturali espresso come superficie di pianeta produttiva necessaria a fornire tutto ciò che una persona, una comunità, uno stato… richiedono alla natura in un anno, compresi cibo, fibre e legno, aree per infrastrutture urbane ed assorbimento delle emissioni di anidride carbonica generate dall’uso di combustibili fossili.

Inserendo i relativi dati in una tabella, ciascuno può scoprire quanto e come le sue attività quotidiane influenzino la propria impronta ecologica (gli interessati al “conto” ci scrivano o leggano: Impronta Ecologica, il fabbisogno umano di natura e relativa scheda di calcolo - leggi di più >>>).

L’impronta ecologica degli Italiani vale 4,3 ettari a persona, mentre ne avremmo a disposizione non oltre 1,5.

Siccome le risorse della Terra non sono illimitate, è del tutto evidente che ciò di cui ci serviamo in più lo sottraiamo a qualcun altro che ne avrebbe diritto (oggi e in futuro). Sforzarsi di restare nei limiti di quanto ci spetterebbe è quindi una questione di giustizia. Viceversa, non adattarsi a questa finitezza diventa un rischio per tutti, con conseguenze concrete che hanno effetti sempre più evidenti anche in Italia: siccità; erosione, consumo e inquinamento del suolo; allagamenti; contaminazione di aria, acqua e alimenti; perdita degli habitat naturali e della biodiversità; accumulo di anidride carbonica nell’atmosfera, cambiamento climatico e via elencando.

Tutto ciò è dovuto principalmente al settore dei trasporti ed al consumo di cibo. È quindi agendo su queste due sfere di attività quotidiane che avremmo le possibilità più alte di invertire la tendenza e ridurre l’impronta.

Grazie al nostro ingegno, quando bene orientato, vivere secondo le capacità della Terra di sostenerci è tecnologicamente possibile, economicamente vantaggioso ed è la nostra unica possibilità per garantire a tutti un futuro più florido e sostenibile. E questa dev’essere la priorità di ognuno.

Giovanni Guzzi, giugno 2018
© Riproduzione riservata
Rilanciato da L'Amico del Clero, settembre 2018

 

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