Campanili Verdi





C’È UN’OMBRA NEL VOLO DELLA BIANCA COLOMBA

Il lato meno poetico di una pratica che è meglio evitare

 

Al momento in cui scrivo questo articolo, con le modificazioni climatiche in corso che ormai hanno effetti percepibili a tutti anche nella nostra Italia, non ho idea di come sarà la primavera che sarà imminente quando leggerete queste pagine. Sarà calda? Come è stato fino ad ora l’inverno? Sarà piovosa? O fredda al punto da far gelare le gemme che già mesi prima avevano cominciato a schiudersi?

Se non posso sbilanciarmi in previsioni su quella meteorologica, una certezza però la ho: la primavera di tutte le parrocchie d’Italia sarà, come sempre, una fioritura di cerimonie... prime comunioni, battesimi, matrimoni, cresime, ordinazioni sacerdotali, professioni religiose e via dicendo.
Per non parlare delle feste: da quelle patronali a quelle dell’oratorio, dell’asilo, della scuola, del gruppo di catechismo o della società sportiva…
Tutti momenti belli che proprio in queste settimane, nei gruppi parrocchiali, nelle famiglie e nelle cerchie di amici degli interessati, tutti sono indaffarati a organizzare perché riescano al meglio.

Fra gli aspetti che in una festa mai devono mancare – e deliberatamente scelgo di limitarmi a quelli, per così dire, “profani” – si possono elencare: la musica, giochi, cose buone da mangiare… ma ciò che fa di una festa davvero una Festa è la tensione verso il cielo (osservazione che, mentre la scrivo, mi fa riflettere).
Molti lettori penseranno senz’altro che io mi stia riferendo ai classici fuochi d’artificio. L’argomento è senz’altro di interesse e merita considerazioni approfondite, ma ad esse mi dedicherò in altra occasione. I fuochi, oltretutto, sono sì lanciati verso la volta stellata, però contro il cielo notturno si limitano ad esplodere suddividendosi in tanti piccoli bagliori che poi tornano comunque a ricadere sulla terra.

Quello che ho in mente, invece, nel cielo vola o continua a salire fino a perdersi in esso quando l’occhio che lo segue non riesce più a distinguerlo.
Si tratta di qualcosa che cattura la fantasia di chi assiste alla scena e ne trasporta con sé i sogni.
Questo desiderio di infinito, che accomuna adulti e bambini, viene a concretizzarsi in due principali modalità: la liberazione di colombe ed il lancio di palloncini. Nel caso di questi ultimi ci sono in più la curiosità sulle terre che sorvoleranno e sull’identità di chi potrà leggerli, quando portano annodati al filo messaggi rivolti alle persone sconosciute che li troveranno.
Peccato che quello che sul momento sembra evocare purezza e gioia gentile, nasconda un lato oscuro, molto meno poetico.

Quando si liberano le colombe, chi se ne occupa fino al loro volo spesso dimentica di preoccuparsi del seguito della storia.
Allevate in cattività non sanno come vivere autonomamente e, per lo più, dopo un breve batter d’ali, si posano a poca distanza dal luogo in cui è stata data loro la presunta “libertà”.
Qui stazionano, più o meno dignitosamente, cibandosi di quanto qualche persona di buon cuore porta loro. Ma la sorte che le attende non è una sorte felice. Ben presto diventano preda di gatti, ma anche di topi o delle cornacchie che ormai infestano le nostre città dopo aver fatto strage nei nidi degli altri uccelli che le popolavano. Non di rado questi cruenti episodi, peraltro del tutto naturali e nella logica della vita animale, siccome le colombe restano nei pressi della chiesa e delle sue pertinenze, avvengono proprio sotto gli occhi degli stessi bambini che si erano incantati ad ammirarne la bianca bellezza del primo volo.

In molti ricorderanno le colombe diventate preda di una cornacchia e di un gabbiano, proprio immediatamente dopo essere state lanciate nella Piazza di San Pietro da papa Francesco in persona; affacciato alla finestra dell’appartamento pontificio per accogliere migliaia di ragazzini radunati da un’associazione nazionale.
Si è poi letto sulla stampa che papa Francesco ha dato indicazione ai suoi collaboratori di evitare di ripetere in futuro analoghe iniziative.
Non è mai troppo tardi è un detto sempre carico di buon senso, ma resta la domanda: "Perché c'è bisogno che il Papa debba arrivare a dare disposizioni anche su queste cose?".

Appuntamento ai prossimi mesi per il seguito di queste riflessioni (Il sogno di plastica che si perde nel cielo >>>) e per una proposta alternativa (Meglio gli aquiloni >>>).

Giovanni Guzzi, gennaio 2016
© Riproduzione riservata
Rilanciato da L'Amico del Clero, marzo 2016

 

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