Campanili Verdi



Ricordi personali su Mario Rigoni Stern



Si diventa quel che si legge

Il primo libro che, in assoluto, ricordo di avere letto è “Il bosco degli urogalli”, una raccolta di racconti di Mario Rigoni Stern (1 novembre 1921 - 16 giugno 2008).
Era stata la maestra delle scuole elementari a darmelo da leggere, assieme ad altri dello stesso autore. L’ho ripreso e sfogliato di nuovo nella ricorrenza della morte dello scrittore dell’Altopiano di Asiago. Non ne ricordavo il contenuto ma, nonostante gli anni trascorsi, me ne restava ancora nitidamente impressa nella memoria l’immagine che aveva suscitato nella mia fantasia: il mio camminare in un bosco invernale, totalmente immerso ed a contatto con la natura.
Rileggendolo ho riscoperto, con sorpresa, che il libro non parla esplicitamente di natura! Tuttavia, ad ogni pagina si sente quanta parte abbia la natura nei personaggi e nelle storie raccontate. Ogni albero, radura, animale selvatico che corre nella neve è legato a memorie della vita della gente di montagna.

Il lettore si accorge di tutto questo perché di natura è completamente impregnata l’essenza stessa di Mario Rigoni Stern e la sensibilità per la natura esalta anche le qualità umane delle persone. Ne è esempio anche il suo “Il sergente nella neve”, diario autobiografico della ritirata degli alpini dalla campagna di Russia nella Seconda Guerra Mondiale. La neve vi è onnipresente, tutto essa ricopre ed in essa tutto si svolge. È elemento naturale testimone dell’insensata tragedia della guerra ma, in certo qual modo, anche simbolo della pace che dalla natura può venire e che nella natura si può trovare, anche in situazioni di estrema drammaticità. Ricordo di averlo letto tutto d’un fiato, in un’unica notte, ed aver scoperto al termine della lettura, singolare ed emozionante coincidenza, che era proprio la stessa notte di gennaio in cui, decenni prima, si erano svolte le vicende descritte, la notte in cui Rigoni perde il suo amico Giuanin, mio omonimo!

Mi ero ripromesso di scrivergli l’episodio… ma rinviavo sempre: non volevo rammentargli un momento triste e poi… come si fa a scrivere ad uno scrittore?
Non me la sono sentita di raccontargli l’aneddoto neppure quando, anni dopo, ho avuto la fortuna di incontrarlo di persona. Quella sera, a Bolzano, i manifesti sui muri portavano il volto, già molto anziano, del Sergente pubblicizzando la presentazione del suo ultimo libro. “Sarà già stata di certo ieri”, mi dicevo, “o sarà domani”… ed invece era proprio il giorno giusto. Con abbondante anticipo ho preso posto nella sala e, mano a mano che questa si riempiva, scrutavo con emozione i volti di chi entrava, finché è arrivato anche lui. Nella mia immaginazione di giovane lettore me ne ero fatto l’immagine di un uomo alto, fiero… un eroe sopravvissuto a infinite battaglie ed a marce serrate nei boschi di ogni fronte di guerra in cui gli alpini sono stati impegnati!

Ed infatti ho incontrato una grande persona, ma una persona vera e non il personaggio di un romanzo d’avventura. Un uomo non alto, robusto, già allora, purtroppo, non in salute, ma semplice ed estremamente disponibile con il giovane studioso che gli diceva del suo progetto di un piccolo libro sugli alberi in città, nel quale avrebbe voluto citare qualche brano dai libri del suo autore preferito. Tanto disponibile da chiedergli di inviargliene copia una volta che fosse stato pubblicato, e tanto cortese da rispondere nel giro di una settimana dopo averlo ricevuto. Poche righe di apprezzamento, ma dense e significative per un “cittadino” che si occupa di piante, sapendole scritte da una persona così profondamente esperta di boschi e alberi.

Agli alberi, comunque sempre presenti in ogni suo libro, Rigoni Stern ne ha dedicato uno in particolare, forse meno noto degli altri ma non meno interessante: “Arboreto salvatico”. Non è un testo scientifico sistematico ma una descrizione di aspetti botanici, miti, storia ed usi del legno degli alberi presenti nel suo “brolo”. Alberi cui sono sempre riferite anche vicende umane personali dello scrittore.

Come nel caso della sequoia, unico albero fuori del contesto naturale di montagna, che un reduce dei campi di battaglia della Prima Guerra Mondiale gli aveva portato perché la piantasse in memoria dei compagni morti. Per questa ragione di essa Rigoni lascia scritto ai propri discendenti che mai dovrà essere abbattuta, neppure quando le sue radici dovessero far crollare la casa di famiglia. Perché è la natura la vera casa dell’uomo e senza la natura l’uomo non può vivere. In questo, forse, sta la sintesi della vita e della testimonianza di Mario Rigoni Stern. Una testimonianza che, ora che è tornato “a baita” a ritrovare il suo Giuanin, ci resta comunque nei suoi libri dei quali, qualora non lo si fosse ancora, vale davvero la pena di diventare lettori.

E vale soprattutto la pena di fare in modo che lo diventino i più giovani. La mia esperienza personale con questo scrittore mi ha fatto, infatti, comprendere quanto l’educazione e gli insegnamenti ricevuti fino dall’infanzia contino nella formazione di una persona. Di certo gli scritti di Mario Rigoni Stern, pur non da soli, sono stati determinanti nel suscitare in me la passione per l’ambiente che tuttora ha gran parte, anche professionalmente, nella mia vita.
Di certo questo vale anche per tanti fra i lettori che, ne sono sicuro, la pensano come me.

Giovanni Guzzi, luglio 2015