L'Eclettico



Alpini: uno stile di vita



Racconti, idee e proposte dall'Adunata del Centenario dell'A.N.A. a Milano

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ALPINI: UNO STILE DI VITA

Racconti, idee e proposte dall'Adunata del Centenario dell'A.N.A. a Milano


Pensavamo di andarvi giusto per dare un’occhiata curiosa alla parata, alle divise storiche, alle delegazioni internazionali prima di recarci altrove… questa avrebbe dovuto essere, secondo programma, la nostra partecipazione all’adunata del Centenario dell’Associazione Nazionale Alpini a Milano, proprio la città in cui l’associazione fu fondata da alcuni reduci l’8 luglio 1919.

È finita che abbiamo trascorso l'intera domenica 12 maggio a veder sfilare gruppi, cori e fanfare… letteralmente dai primi arrivati in Piazza Castello (i reparti alpini in attività, una rappresentanza dell’equipaggio della Nave Alpino, i paracadutisti, le sezioni estere e le delegazioni dei corpi alpini di altre nazioni) agli ultimi partiti da via Palestro (la sezione di Milano e le 147 bandiere tricolore)!

ALPINI, UNO STILE DI VITA

La giornata era cominciata alla mostra “Alpini uno stile di vita” ospitata nelle sale viscontee del Castello Sforzesco. Mostra bella e significativa di cui conserviamo memoria per due principali suoi aspetti.
Il primo sono alcuni testi, trascritti a grandi caratteri sulle pareti, ad offrire la chiave di lettura dell’Adunata: permettendo a chi vi assiste di comprendere che “lo sfilamento”, così viene denominato il corteo nel linguaggio militare, non è che l’atto più visibile e simbolico di tutta un’attività che, come ricorda Giovannino Guareschi, affonda le radici nella storia.

… e se l’avvenire dell’albero e il suo progresso verso l’alto sono sopra la terra, le radici sono sotto la terra.
E ciò significa che l’avvenire è alimentato dal passato.
(Don Camillo della bassa).

È un modo di essere che, tuttavia, non si crogiola nella malinconia del ricordo, ma rivolge lo sguardo al futuro, come Arturo Andreoletti ricordava, proprio a Milano, l’8 luglio 1969, nel discorso per il 50° di fondazione dell’A.N.A.:

A voi delle nuove generazioni e delle più recenti leve, che avete avuto la fortuna di non conoscere gli orrori attraverso i quali sono passati i vostri padri, a voi affidiamo questa fiaccola che si identifica con la grande Famiglia alpina, perché, operando con sempre maggiore impegno, la trasmettiate in continuità di riverenti memorie, di generosi propositi e di fondate speranze alle generazioni che vi seguiranno.
E che sia un avvenire radioso per nostra Associazione, per gli Alpini tutti e per la nostra cara Patria.

Orrori, quelli ai quali si è fatto riferimento, ben noti al beato don Carlo Gnocchi che, il 20 aprile 1941, in una lettera dal fronte greco-albanese al direttore dell’istituto scolastico Gonzaga (di cui era stato nominato direttore spirituale dall’arcivescovo Schuster e che aveva lasciato all’avvio della Seconda Guerra Mondiale, partendo come volontario per seguire i suoi studenti arruolati fra gli Alpini destinati alla campagna dei Balcani), scriveva:

Gli alpini non dicono nulla. Marciano, lavorano e tacciono. Quasi ostinatamente. Non chiedono nulla. Anche l’eroico è per loro normale. Lo straordinario è ordinario.

Affermazioni dettate dalle vicende del tempo di guerra che restano vere anche in tempo di pace, come la storia dell’A.N.A. di questi decenni testimonia: nelle innumerevoli operazioni del più vario genere di soccorso e sostegno a qualsiasi livello ed ovunque ci sia bisogno degli Alpini.
Un’attività instancabile che, con l’acume che lo caratterizza, Indro Montanelli paradossalmente descrive come

“I torti degli Alpini”

Gli Alpini hanno infiniti torti: parlano poco in un paese di parolai; ostentano ideali laddove ci si esalta a non averne; adorano il proprio Paese, pur vivendo fra gente che lo venderebbe per un pezzetto di paradiso altrui; non rinunciano alle tradizioni, pur sapendo che da noi il conservare è blasfemo; sono organizzati e compatti, ma provocatoriamente non si servono di questa forza; diffidano dei politici e si rifiutano di asservire ad essi la loro potente organizzazione.

Quattro pennellate per dipingere un ritratto che andrebbe scolpito sulla roccia delle loro montagne. E che ci piace fissare sulle pagine elettroniche de L’Eclettico (www.rudyz.net/eclettico).

GLI ALPINI E IL PAPA
Una proposta all'A.N.A.: cantare la guerra per desiderare di più la pace

Qui, ai temi dell’alpinità, della pace e della guerra, si è già dedicata un’ampia testimonianza di un altro grande appuntamento per un precedente centenario: Conto cento canto pace tenutosi a Verona nel 2015 (CANTI SULLA GUERRA PER PORTARE LA PACE. E all'Arena di Verona il 24 maggio 2015 l’apoteosi di un appuntamento imperdibile: leggi di più >>>).

Per la sua affinità con l’articolo appena citato, il video che, sempre nella mostra “Alpini uno stile di vita”, mostrava il legame di affetto e reciproca stima intercorso fra gli Alpini ed i Pontefici (etimologicamente “costruttori di ponti”, come letteralmente sono oggi, in tante occasioni, gli Alpini), ci ha fatto pensare ad un progetto di cui nell’articolo si parla - Dialoghi di Pace che si prefigge di sensibilizzare sulla pace diffondendo l’annuale messaggio del Papa per la Giornata Mondiale della Pace, istituita da Papa Montini nel 1968, leggi di più su www.rudyz.net/dialoghi - che, nella sua versione con canti della tradizione alpina e di montagna, in collaborazione con l’A.N.A. potrebbe ulteriormente diffondersi ben oltre le edizioni che ad oggi si sono tenute grazie ad alcuni cori del nord Milano (CAI di Cinisello Balsamo, Il Rifugio di Seregno, Ameglao di Muggiò e Gruppo di ricerca e canto popolare Il Cortile di Nova Milanese). Serate un po’ diverse dai normali concerti di queste formazioni, ma che hanno dato grande soddisfazione ai coristi stessi prima ancora che al pubblico.

A.N.A. E DIALOGHI DI PACE: ECCO COME SI PUÒ FARE

Una collaborazione (semplicissima e senza costi) che potrebbe semplicemente consistere in un’adesione generale (senza alcun onere) di A.N.A. alla proposta (singoli gruppi già lo fanno ogni anno, ad esempio a Giussano) finalizzata a farla conoscere alle sezioni di tutta Italia (ma anche all’estero) ed accompagnandola con l’invito-suggerimento a riproporla autonomamente: liberamente e gratuitamente avvalendosi del materiale che a questo scopo è pubblicato sul sito Dialoghi di Pace (www.rudyz.net/dialoghi).

Un’idea che altre associazioni d’arma stanno prendendo in considerazione (fra queste possiamo citare la fanteria), perché non c’è chi desideri tanto la pace come chi abbia fatto l’esperienza diretta della guerra.

Un’idea che, nei dintorni di Milano, può anche contare sulla disponibilità di lettori di provata esperienza che già conoscono bene l’iniziativa.

Ed una proposta della quale, per forse non casuale concomitanza, si è tenuta un’edizione milanese nella chiesa francescana di Sant’Angelo il 10 maggio, primo giorno del “trittico dell’adunata”, con un gruppo di Alpini accampati sul suo sagrato, e naturalmente invitati a prendervi parte.

ARRIVA LA PARATA

Usciti dalla mostra e dal Castello, ci siamo inaspettatamente imbattuti nei primi gruppi della parata, arrivati a destinazione dopo aver attraversato il centro di Milano.

Uno spettacolo di migliaia di facce sorridenti e braccia operose che abbiamo ammirato sfilare per ore, pacifiche e senza ostentazioni militaresche e di armamenti, dall’ottimo punto di osservazione dell’arrivo in fondo a via Dante, proprio sotto il palco dell’instancabile presentatore al quale indirizziamo un convinto plauso.

LA VOCE GUIDA

Encomiabile e determinante è stato infatti il suo lavoro di saluto ad ogni gruppo, accompagnato da sottolineature sulle particolarità di ciascuno di essi. Interessanti ed utili soprattutto per chi al mondo degli Alpini non appartiene e non ne conosce tutte le sfaccettature di vario genere che lo caratterizzano.

IL PUBBLICO

STORIE COMMOVENTI
Nell’occasione è stato bello anche familiarizzare con i vicini fra il pubblico, dai quali abbiamo potuto ascoltare storie come quella del padre di una signora friulana: salvatosi dal massacro della Brigata alpina “Julia” perché tornato dalla Grecia in Italia a piedi, anziché sul treno dove persero la vita i suoi compagni, uccisi in un’imboscata tesa dall’esercito avversario che ne aveva minato il percorso con l’esplosivo.

L'ATTESA DEGLI AMICI
Con i vicini si è pure condivisa l’attesa del passaggio dei gruppi e delle sezioni di riferimento di ciascuno, accompagnati da aneddoti di vario genere, storico, geografico e, immancabilmente, eno-gastronomico!

SORPRESA
Per quanto ci riguarda abbiamo avuto la gradita sorpresa di riconoscere fra gli sfilanti volti inaspettati di amici di cui non si conosceva l’appartenenza alpina. Sorpresa e gradimento reciproci: anche chi sfila apprezza sempre i festeggiamenti e gli applausi ricevuti da chi gli fa ala.

W LE MAMME
Degni di nota anche gli striscioni con frasi emblematiche dello spirito alpino, fra i quali non è mancato l’augurio, sottolineato più volte anche a voce, alle mamme, di cui nel medesimo giorno ricorreva la festa.

I COMPAGNI “ANDATI AVANTI”
Tono più mesto, invece, per i caratteristici cappelli con la penna portati in parata sul cuscino tricolore, in memoria di compagni mancati e che alcuni oltre le transenne, con scarso senso dell’opportunità, chiedevano di poter calzare in testa.

VALORI TRADITI
Ancora meno bello è stato assistere alle solite scene di “maleducata prepotenza” da parte di chi, fra gli spettatori, pensa sempre di essere al di sopra di ogni regola e, per guadagnare una migliore visibilità (a discapito di chi era sul posto da prima), ha platealmente violato proprio i valori di rispetto del prossimo che l’alpinità, come si è visto, tramanda: costantemente mettendo a dura prova la pazienza delle forze dell’ordine, della Protezione Civile e del Servizio d’Ordine dell’A.N.A..
Alcuni appartenenti a quest'ultimo, per la verità, non sempre proprio all’altezza del compito: apparendo a volte più impegnati a godersi lo “spettacolo” da un punto di vista privilegiato che nel servizio assegnato. Non tutti, per carità, anzi! Alla maggior parte di essi indirizziamo la nostra riconoscenza. Però una cronaca onesta, e che voglia essere anche costruttiva, non può omettere di rilevare anche ciò che non va!

IL PALCOSCENICO DI UN'INTERA CITTÀ PER IL SOGNO DI UN IMPONENTE CORO

A questo proposito una piccola delusione l’abbiamo provata sotto il profilo musicale. A dire il vero inaspettata, stando a quanto si era visto in precedenza in città. Non ci riferiamo soltanto agli appuntamenti istituzionali ed organizzati, come i concerti in varie sedi all’aperto o in teatri e chiese di Milano e delle città confinanti che ospitavano gruppi di varie provenienze, ma anche ai cori improvvisati ovunque per strada, nei locali e nei parchi cittadini.
Con queste premesse ci aspettavamo che, durante lo sfilamento, ogni gruppo avrebbe intonato canzoni dallo sterminato repertorio proprio della tradizione alpina.
Non sappiamo se lo si sia fatto in altri punti del percorso, e se magari all’arrivo i marciatori erano stanchi e non avevano più fiato per cantare, sta di fatto che per lo più nessuno lo faceva.
E solo le fanfare intercalate ad essi inducevano il pubblico a seguire timidamente le melodie sovrapponendovi il testo della canzone corrispondente.

GEMELLAGGI FRA FANFARE E MAZZIERI “GIOCOLIERI”
Sempre grazie a queste sono stati molto piacevoli da seguire i “gemellaggi” avviati sul posto dalle bande ritrovatesi contigue al termine del corteo: che hanno intrattenuto ancora per un poco il pubblico radunatosi attorno condividendo spartiti ed alternando nella direzione i rispettivi “maestri di banda”.
Di alcuni dei quali, nel duplice ruolo di maestro e di mazziere (come risulta sia in Trentino) abbiamo ammirato anche l’abilità nel roteare il polso per dare con la mazza (un lungo bastone decorato che in marcia sostituisce la bacchetta del direttore) i necessari “avvisi” ai musicanti che guidano. Relativi al movimento (cambio di direzione, alt, oscillazione…) quando viene rivolta verso l’alto la parte a punta della mazza, oppure alla musica (attacco o chiusura di un brano) quando viene innalza la sua parte arrotondata.

SI PUÒ FARE, PROVATECI L'ANNO PROSSIMO

Ma l’effetto di migliaia di persone, fra chi sfila al centro della strada e chi assiste alla parata, che cantano assieme gli impareggiabili canti alpini crediamo possa dare a tutti i presenti un’emozione unica.
Con le capacità organizzative di cui gli Alpini sempre danno prova siamo certi che, se ritenuta degna di attenzione, anche questa proposta potrà trovare attuazione già nell’adunata del prossimo anno a Rimini. Riteniamo infatti che non dovrebbe essere troppo difficile definire preventivamente una successione di canti per ogni settore dello sfilamento, che potrebbero essere sostenuti dalle fanfare e dai cori collocati strategicamente fra le diverse sezioni in parata.

ELOGIO DELLA CURA PER L'AMBIENTE

Augurandoci di poter vedere (ed ascoltare) realizzata questa nostra modesta proposta, chiudiamo con un elogio: ripassando la sera in bicicletta dagli stessi luoghi (parchi ed aree verdi cittadine) dove la mattina avevamo assistito al risveglio degli Alpini che vi erano accampati, li abbiamo trovati puliti ed ordinati come se nessuno li avesse sfiorati.
Nessun rifiuto in giro (mentre di solito ve ne sono lasciati dai frequentatori ordinari di questi spazi) ed abbiamo avuto quasi l’impressione che gli stessi fili d’erba siano stati “raddrizzati” uno ad uno!

ABOLIRE L'USA E GETTA: SI PUÒ

Anche su questo aspetto però una piccola proposta vorremmo ancora suggerirla. Ovunque si siano preparati cibo e bevande, l’uso di piatti e stoviglie “usa e getta”, seppure poi raccolti, non è stato trascurabile. Come non lo è mai in ogni iniziativa dell'A.N.A., e la cosa lascia sempre un'ombra di malinconia su attività per il resto sempre encomiabili.
Allora perché non pensare, per le prossime edizioni dell'Adunata (ma anche per ogni manifestazione che l'A.N.A. organizza o nella quale sia coinvolta), a produrre, anche come forma di oggetti ricordo da mettere in vendita (per autofinanziamento o anche per raccolta fondi da destinare a progetti filantropici), piatti e bicchieri riutilizzabili a “marchio” A.N.A..
Con l’incentivo per il pubblico di un pur minimo sconto sul costo di pietanze e bevande per chi si presenta ai punti vendita con queste o altre stoviglie proprie, purché siano sempre non “a perdere”.
Infatti anche l’usa e getta dichiarato “biodegradabile” ha controindicazioni ambientali non trascurabili (oltre a non essere sempre effettivamente tale).

Giovanni Guzzi, maggio 2019
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