L'Eclettico



Gli occhi di Gabriela Montero inumiditi dalle lacrime



Su due accordi di la minore ribattuti

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GLI OCCHI DI GABRIELA MONTERO INUMIDITI DALLE LACRIME

Su due accordi di la minore ribattuti


Qualcuno in sala l’ha criticata: “Eseguiti troppo velocemente, ha lasciato indietro troppe note!”.
Si parla di Gabriela Montero, pianista venezuelana che ha portato a MiTo 2016 un programma incentrato sull’improvvisazione.
Scritta nella prima parte del suo concerto: con i quattro Impromptus op. 90 D. 899 di Franz Schubert (1797-1828), oggetto della critica dello spettatore riferita in apertura, seguiti da Carnaval, scènes mignonnes sur quatre notes op. 9 di Robert Schumann (1810-1586).
Ed improvvisata su temi proposti dal pubblico nella seconda parte.

Anche altri, seppure con più garbo, hanno osservato che gli Impromptus (composti da Schubert nel 1827) avrebbero forse richiesto maggiore peso ed incisività. Notando che, forse, sull’esecuzione ha influito anche lo strumento: un pianoforte Fazioli che per le sue caratteristiche costruttive e di risposta al tocco del musicista di per sé stesso invita alla velocità ed alla leggerezza.

Per quanto ci riguarda, invece, non siamo affatto d’accordo e l’esecuzione di Gabriela Montero ha rievocato in noi le emozioni provate lo scorso anno, in questa medesima sala Verdi del Conservatorio di Milano, ascoltando, sempre di Schubert, il tanto meraviglioso quanto struggente Viaggio d'inverno (Winterreise, D.911). I caratteri tipici dell’improvvisazione che gli Impromptus di Schubert portano esplicitamente nel titolo oltre che nella struttura e nella brevità (e fanno pensare che si tratti di vere improvvisazioni successivamente fissate sul pentagramma), si ritrovano nel Carnaval op. 9 di Schumann composto non molti anni dopo (nel 1834-35) e dichiaratamente fondato su sole quattro note attorno alle quali vengono dipinte 22 brevi scene il cui titolo diventa, per chi le ascolta, la chiave di lettura per entrare in sintonia con esse.
Da notare il fatto che questi titoli (caso unico nella sua produzione) Schumann non li aveva scritti in tedesco ma direttamente in francese.

Così, passando dalla scorrevolezza del Préambule, alla mestizia del Pierrot, al saltellante balletto dell’Arlequin si arriva anche al gioco A.S.C.H.-S.C.H.A. (Lettres dansantes) che sfrutta le note corrispondenti (nella terminologia tedesca) alle lettere citate che, assieme, costituiscono l’antico nome dell’attuale città di Aš nella repubblica Ceca in cui era nata Ernestine von Fricken, la giovane che il compositore allora amava - all’incontro con la quale in Carnaval ha dedicato il brano Reconnaissance - e che sono contenute nel suo stesso cognome SCHumAnn. Dunque, con riferimento allo schema sotto riportato: As = La bemolle, C = Do, H = Si naturale. In realtà però le note qui utilizzate (ed alternate alla successione precedente anche in altre pagine di Carnaval) sono La bemolle, Do, Si, Mi bemolle (Es).

Nomenclatura delle note nel sistema italiano, tedesco, inglese e francese

Sistema italiano : LA SI DO RE MI FA SOL
Sistema tedesco : A B(si bem.) C D E F G H(si nat.)
Sistema inglese: A B C D E F G
Sistema francese: LA SI UT RE MI FA SOL

Nel sistema italiano la sillaba UT è stata sostituita dalla sillaba DO. La sostituzione fu realizzata, probabilmente, dal teorico musicale Gianbattista Doni (1594-1647).
Nel sistema tedesco il Si bemolle corrisponde alla lettera B, il Si naturale alla lettera H.
Per indicare il diesis si aggiunge is alla lettera-nota, per indicare il bemolle si aggiunge s oppure es.
Nel sistema francese la sillaba UT è ancora oggi utilizzata.

Un ulteriore approfondimento merita il titolo dell’ultimo brano della serie, Marche des Davidsbündler contre les Philistines, che ha la sua origine nell’attività di critico e scrittore di Schumann. Allontanato nel 1831 dalla "Allgemeine Musikalische Zeitung", a causa di un articolo elogiativo di Chopin, nel 1834 Schumann fonda la "Neue Zeitschrift fur Musik" con l’obiettivo di combattere gli incompetenti incapaci di riconoscere ed apprezzare la vera arte. Schumann li identifica con i "filistei" e contro di essi riunisce la "Lega dei compagni di David" (Davidsbündler).
Personaggi di questa Lega compaiono sulla rivista sotto pseudonimi, ed egli stesso scinde la propria personalità sotto le differenti firme del focoso ed appassionato Florestano e del mite, sognante Eusebio che si incontrano anche nel Carnaval assieme ad altre figure letterarie o musicisti contemporanei da lui ammirati (sempre Chopin e Paganini).

Se il Carnaval di Schumann, artista notoriamente perfezionista, è in realtà un’improvvisazione molto costruita, come dimostrano diversi degli esempi citati, del tutto spontanea è stata l’improvvisazione proposta da Gabriela Montero al suo rientro sul palco dopo l’intervallo.

Presentandosi disinvolta al microfono ha avviato col pubblico un piacevole dialogo che ha dato alla serata un tono caldo e familiare sottraendola a quell’aura di a volte eccessivo culto della personalità dell’artista che rischia di far diventare i concerti di musica classica momenti, forse, troppo seri.

L’ascolto della musica dovrebbe, invece, essere essenzialmente un piacere ed un divertimento. E con Gabriela Montero si è stati bene e ci si è divertiti. Peccato per chi pensa che valga la pena sedersi sulle poltrone di una sala da concerto solo quando in cartellone c’è il richiamo del nome altisonante (e peraltro il suo non è che non lo sia). Siamo convinti che un numero molto elevato di coloro che pure apprezzano la musica classica avrebbe difficoltà nel distinguere al solo ascolto un musicista dall’altro nell’esecuzione del medesimo brano. Ed a capire chi sia il più bravo. Lo comprovano le opinioni discordanti su uno stesso concerto raccolte sia fra gli appassionati ma non musicisti di professione, sia fra questi ultimi. A maggior ragione se si pensa a quel che accade nelle giurie dei concorsi e facilmente sfocia in feroci polemiche di cui abbiamo anche scritto su queste pagine elettroniche (Quando il giurato dissente, la giuria si risente >>>).

Per Gabriela Montero, come ha spiegato lei stessa, l’improvvisazione è una pratica familiare fin da quando, bambina, ha cominciato a mettere le mani sul pianoforte. Ora che è una concertista affermata, l’improvvisare musica sulla tastiera è il modo che predilige per prendere confidenza con le caratteristiche e le potenzialità espressive di ogni nuovo strumento sul quale dovrà esibirsi in concerto; è il modo migliore, dice, “per conoscere questo animale!”.
Sotto il profilo più propriamente legato al suo modo di intendere la musica, l’improvvisazione gode della sua particolare considerazione proprio per il suo essere limitata al tempo dell’esecuzione, per il suo essere effimera e rimandare all’essenza stessa della musica: il mistero dell’“altrove” dal quale proviene.

Terminata l’introduzione e deposto il microfono, la Montero torna a suonare offrendo all’ascolto del pubblico una sua prima improvvisazione senza tema di partenza in uno stile che rimanda all’epoca barocca.
Ed eccoci quindi al momento che oggi si direbbe “interattivo” nel quale la pianista chiede ai presenti di proporre, canticchiandolo, un tema sul quale lei improvviserà.
Per rompere il ghiaccio della timidezza generale la Montero invita a fare la prima proposta un’amica musicista di Bologna che riconosce in sala. La “malcapitata” risponde intonando le note del “tema della monica”, una canzone il cui testo esprime il disappunto di una giovane destinata controvoglia alla vita conventuale. Melodia popolare in Italia, Germania, Francia, Paesi Bassi e Inghilterra dal XVI al XVIII secolo, e perciò alla base di innumerevoli composizioni di tanti musicisti del tempo, non lo è più a sufficienza ai nostri giorni per cui la Montero “stronca” la proposta della sua amica Fabiana e chiede temi che siano più universalmente conosciuti. Perché di fatto l’improvvisazione consiste nel variare la successione di note di partenza secondo armonie e ritmi diversi ma in modo che il riferimento originario sia sempre riconoscibile.

Si fa allora coraggio un ragazzo che propone, senza cantarla, Yesterday. Forse motivata dall’averla ascoltata in Piazza Duomo per l’Open Singing, non stupisce il fatto che la prima proposta sia una canzone dei Beatles: l’indubbia capacità del duo Lennon Mc Cartney di inventare melodie tanto di immediata presa su chi le ascolta e tanto varie l’una dall’altra, se fossero vissuti nel XIX secolo li avrebbe visti rivaleggiare con Schubert nella produzione di lieder a getto continuo. Il tema quindi, seppure con riserva perché “in fondo è una scala” - osserva la concertista - e quindi non particolarmente adatto ad essere variato, è tuttavia approvato e, dopo essere stato un po’ ripetuto sulla tastiera (in questo caso, forse, più per cominciare a pensare a come elaborarlo che per memorizzarlo), sotto le dita di Gabriela Montero diventa una specie di fuga.

Davvero ormai sembra di essere in un salotto e fra artista e pubblico cade ogni barriera che potrebbe allontanare chi fa musica da chi l’ascolta. È dunque il turno di un signore seduto in prima fila che propone, cantandolo convinto, il tema dell’Inno alla gioia dalla Nona Sinfonia di Beethoven, “Sì”, commenta la Montero, “questo è abbastanza conosciuto!” e lo improvvisa lento e romantico.
Si torna quindi nella parte alta della sala da dove una ragazza si lancia in una duplice proposta: The Sound of Music, titolo del film “Tutti insieme appassionatamente”, intendendo riferirsi alla celeberrima canzone “My Favorite Things” che Maria (Julie Andrews) canta ai bambini durante un temporale, ed a seguire Jingle Bells. “Questa è un po’ presto per suonarla” chiosa sorridendo la Montero che tuttavia accetta entrambe le richieste e le sviluppa, dapprima quasi lisztianamente per poi piegare chiaramente verso il Jazz.

E come in una session jazz verrebbe voglia di “fare notte” e non lasciare la sala, ma non è possibile perciò il concerto ha termine. Non prima però che Gabriela Montero proponga come bis un’ultima improvvisazione, dedicata al suo Venezuela che, ricorda, “Sta vivendo una crisi economica e politica molto grave” e, visto che ritiene il suo essere rappresentante di Amnesty International più importante della musica, suonerà per far sentire anche al pubblico milanese quello che lei ed i suoi compatrioti provano.

Così la musica finisce su due accordi di la minore ribattuti lentamente e con gli occhi di Gabriela Montero inumiditi dalle lacrime.

Giovanni Guzzi, settembre 2016
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