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Nascosti in bella vista



Idee per portare alla luce i depositi di Brera

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NASCOSTI IN BELLA VISTA

Idee per portare alla luce i depositi di Brera


Per alcuni anni, tempo fa, ho condotto ricerche per verificare dove mai fosse un Cristo legato alla colonna sul quale volevo pubblicare un articolo, ma non volevo farlo prima di averne verificate collocazione ed attribuzione: risultava presentato come opera di Bergognone e custodito a Brera. Fra le sale della Pinacoteca io però non l’avevo mai visto, né lo conosceva il personale di custodia al quale avevo chiesto aiuto.
L’attribuzione a Bergognone mi era però stata confermata da un’appunto visto di persona da conoscenti sul retro di una fotografia della fototeca di Federico Zeri a Bologna. Il mistero quindi non si chiariva, anche perché allora (i fatti descritti risalgono ai primi anni 2000) la Fondazione Federico Zeri non aveva ancora reso disponibile al pubblico il suo patrimonio.

A Sara Colombetti, operatrice della Pinacoteca, devo riconoscenza per la soluzione finalmente trovata: è stata lei, infatti, ad ipotizzare che il dipinto fosse classificato con una diversa attribuzione. Così dal Catalogo della Pinacoteca abbiamo scoperto che è ritenuto di Anonimo lombardo del primo quarto del XVI secolo e conservato nei depositi e perciò non visibile al pubblico.
I dubbi si dissipano definitivamente proprio nello stesso periodo quando, sul finire del primo decennio del 2010, la Fondazione Zeri pubblica sul web il catalogo della Fototeca e posso consultare direttamente la scheda del dipinto in questione.

È dunque in questo modo che, nel mio percorso empirico di avvicinamento alla pittura, prendo coscienza dell’esistenza e del valore dei depositi delle istituzioni museali e - siccome è nella natura umana incuriosirsi e desiderare quel che non si può avere! – comincio a pensare all’ipotesi di proporre di affidare in deposito temporaneo, a chi sarebbe disponibile ad esporlo, quel che altrimenti nessuno può vedere.

Sempre negli stessi anni la Pinacoteca avvia la bella iniziativa Brera mai vista, che prevede l’esposizione, per alcuni mesi un paio di volte all’anno con allestimenti temporanei in alcune sue sale, di sue opere normalmente escluse dalle collezioni permanenti. Nei mesi scorsi l’ha fatto per «La Loge (Le Balcon)» un “ritaglio” di una scenografia realizzata da Picasso per un balletto di Diaghilev.

Continua a percorrere questo buon sentiero anche il riallestimento di alcune sale della Pinacoteca (A Brera come in casa mia) recentemente avviato, per lotti, nell’ambito di un più ampio progetto triennale. Dalla sala XXIII, che a dire la verità mai ho considerato una vera “sala”, sono stati infatti spostati alla XXI, per meglio valorizzarli, (Chi ci guadagna?) “i Correggio” e L’Annunciazione del Francia che vi si trovavano.

Ne hanno preso il posto, in parziale continuità geografica e di soggetto con i marchigiani quattrocenteschi della precedente sala XXII, un paio di dipinti sempre marchigiani del secolo successivo: una Incoronazione della Vergine, di Vincenzo Pagani (Monterubbiano (FM) Fermo, 1490 circa – 1568) ed un Riposo della Sacra Famiglia in Egitto di Simone Cantarini (Pesaro 1612 – Verona 1648).
Fra questi una Madonna con Bambino e Santi, di pittore Lombardo e, sulla parete di fondo prima di svoltare verso i gioielli del Montefeltro, una Madonna con Bambino e due Santi di Callisto Piazza.

Per dare valore a questo pur angusto spazio fa la sua comparsa un utile pannello esplicativo dal quale si apprende che Brera ha in depositi esterni ed interni opere, specialmente di lombardi del Sei-Settecento e dell’Ottocento, che non “vedono la luce” non perché non lo meritino ma soltanto per mancanza di spazi adeguati. Vi si sfata inoltre la leggenda che stiano in umide e malsane cantine: a Brera sono invece sullo stesso piano della Pinacoteca e due di essi sono visibili al pubblico dietro vetrate lungo il percorso: uno alla sala che sto descrivendo, e l’altro appena prima dell’uscita: una soluzione “trasparente” come quella del laboratorio di restauro attrezzato dal 2002 alla sala XVIII.

Risulta inoltre che sia allo studio un ulteriore progetto di esporre dai depositi: in una sala i fronti nell’altra le parti posteriori dei dipinti, che possono anch’esse risultare interessanti per i visitatori come ricordo di aver verificato personalmente nell’ambito della mostra Il Primato del disegno.
Visto che l’ho citata, faccio qui la proposta di attrezzare le sale con vetrine permanenti (o modulari, e quindi spostabili e riutilizzabili in punti diversi a seconda delle necessità) nelle quali, avvicendandoli con la periodicità che sarà consentita dalle evidenti esigenze legate alla loro corretta conservazione, si possano esporre - anche semplicemente per poche opere alla volta e senza che sia necessario farlo con un’impegnativa mostra - accanto ai dei dipinti della collezione permanente anche i loro disegni preparatori in possesso del Gabinetto dei Disegni, di Brera o delle altre realtà milanesi.
O, magari, soltanto una loro riproduzione di alta qualità, che sarebbe comunque interessante ed arricchirebbe di ulteriori spunti e significati la visita alla Pinacoteca.

Questa iniziativa, accanto a quella della “rotazione continua” delle opere non “imprescindibili ed inamovibili” di cui sopra ho scritto, opportunamente comunicata ed accompagnata da idonee promozioni tariffarie può costituire un efficace richiamo per rendere Brera sempre attrattiva ed invitare il pubblico a tornarvi spesso… e volentieri per “ripassare”, nell’occasione, anche le collezioni permanenti!

Visto che è in corso una riflessione generale su logiche e modalità di esposizione, sempre in relazione alla “gestione” dei depositi, espongo di seguito alcune ulteriori idee in proposito che mi piacerebbe fossero tenute in considerazione.

Non sono adeguatamente informato in relazione alla possibilità che la Pinacoteca acquisisca ulteriori spazi nei palazzi adiacenti, e tuttavia – a meno che non si possa avere lo spazio per esporre davvero l’intero patrimonio – nel caso di operazioni più circoscritte penso che le sue opere debbano trovare spazio sempre al suo interno, nell’ambito del percorso espositivo.

Collocandole in luoghi esterni ad esso, se non è possibile raggiungerli con itinerari sempre continui ed inclusi nell’edificio (come alle Gallerie d’Italia), per quanto i nuovi spazi possano essere belli e funzionali si determinerebbe l’effetto negativo di “isolarle”. Se questo accadesse sarebbe un peccato.

Lo dimostra quel che è succede alla Pietà Rondanini che, per la mia sensibilità, nella sua nuova sede avulsa dal resto dei Musei del Castello Sforzesco, perde molto della propria “potenza” evocativa.
Per andare ad ammirarla, occorre infatti uscire dall’itinerario di visita cosicché, attraversando i piazzali aperti alla folla di chi passeggia intenta alle più varie attività, svanisce quell’“aura” che ci avvolge quando percorriamo le sale di un Museo e che ci fa sentire di essere in un luogo fuori del tempo e diverso dall’ordinario.

Come risolvere quindi la questione? Personalmente non apprezzo le strutture estemporanee collocate al centro delle sale che, per le loro dimensioni, consentono questa soluzione. Per me in ogni sala si deve creare un clima di coinvolgimento emotivo e di diretto, muto, dialogo fra opera e visitatore e, perciò va evitato tutto ciò che può disturbare questo effetto e favorito ciò che può accrescerlo (un ottimo esempio in questo senso è l’allestimento della mostra Giotto L’Italia a Palazzo Reale).

Con questa premessa è difficile realizzare qualcosa di temporaneo che sia architettonicamente coerente con l’ambiente in cui è inserito. Esempi negativi al riguardo sono per me, pur consapevole che altri hanno opinioni diverse in proposito, i già citati allestimenti di Picasso, di Brera mai vista ed ancora la parete di Giulio Paolini davanti allo Sposalizio di Raffaello ed il Cristo morto di Mantegna dei quali pure rispetto le motivazioni di chi li ha voluti.

A mio avviso sarebbe preferibile, e meno “stonato”, proseguire sul sentiero già tracciato e la soluzione più semplice è quella di destinare al continuo avvicendamento di opere una o due intere pareti della Pinacoteca, per esempio aggiungendo all’attuale alla sala XXIII anche quella di fronte al secondo deposito a vista presso l’uscita.

Meglio ancora, ma comprendo che gli spazi sono quelli che sono, potrebbe essere individuare una parete meno “marginale” e che consenta una visione migliore.

Altra ipotesi potrebbe essere quella di riservare a queste “rotazioni” uno spazio fisso in ogni sala, da destinare ad opere coerenti con quelle che vi si trovano in permanenza. Si potrebbe disegnare e realizzare un’apposita struttura mobile e riutilizzabile utile anche per “tappare i buchi” lasciati dai prestiti o dai restauri.

Infine, sia sul sito di Brera, sia con una stampa o un “catalogo sfogliabile” in sala, si potrebbe rendere facilmente consultabile il contenuto dei depositi invitando il pubblico a votare per quel che vorrebbe vedere.
E periodicamente accontentare i desideri della maggioranza (non dimenticando però anche chi raccoglie meno preferenze). Comincio io proponendo il Cristo alla colonna di cui ho scritto in apertura.

Giovanni Guzzi, aprile 2016
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