L'Eclettico



Un concerto da Dieci



Difficile titolare diversamente quando alla chitarra suona Andrea Dieci e tutti sono alla sua altezza

L'ECLETTICO - web "aperiodico"

UN CONCERTO DA DIECI

Difficile titolare diversamente quando alla chitarra suona Andrea Dieci e tutti sono alla sua altezza (l'organizzazione, lo strumento, il pubblico e, chissà, forse anche il recensore? Ai lettori il giudizio)


Un raffinato interprete dotato di tecnica mirabile. Parliamo di Andrea Dieci, fra i più bravi chitarristi di livello internazionale di nostra conoscenza e recente protagonista a Le mani sapienti: ottima iniziativa che garantisce un quotidiano appuntamento pomeridiano con la musica dal vivo ad ingresso libero all’interno delle sale del Castello Sforzesco.

Ovviamente non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione di tornare ad ascoltarlo e non siamo stati i soli a considerare imperdibile l’appuntamento: fra le diverse decine di spettatori che si sono affollati fra i banchi di liuteria e gli strumenti esposti, ne abbiamo infatti riconosciuto anche uno che, qualche anno fa, dopo un concerto rivolse al maestro Dieci la domanda carica di benevola invidia: "Andrea, ma quand’è che sbagli una nota?".

Naturalmente anche questa volta le mani del concertista hanno confermato di avere il pieno controllo delle corde permettendogli di dare il meglio di sé nel proporre al pubblico un programma ricco di pagine molto delicate.

Si comincia con due sonate di Domenico Scarlatti: un tempo andante e cantabile e un allegro, trascritto dallo stesso Dieci, entrambi brani di non facile esecuzione nemmeno per lo strumento originale, il clavicembalo, per il quale sono stati pensati.

Seguono Introduzione e Variazioni su l’aria “Malbroug” op. 28 di Fernando Sor.

A beneficio dei lettori più curiosi ci concediamo una manzoniana digressione storica sulla canzone popolare di cui Sor ha rielaborato la melodia.
Il suo tema musicale sembra risalga al Medioevo e sia riconducibile ad una “chanson de toile” della prima metà del XII secolo intitolata “Belle Doette as fenestre se siet” in cui si canta di una dama che attende il suo amante e, quando le giunge la notizia che è morto, fonda un monastero in cui si ritirarsi per il resto dei suoi giorni.
Un finale infausto che costituisce un’eccezione per questo genere di poesia lirica narrativa in antico francese inventata dai trovieri attivi nel tardo XII e inizio XIII secolo.
Nella maggior parte dei casi, infatti, vi si narra la storia a lieto fine di una donna che si strugge per l'amante lontano.
La denominazione chanson de toile (tela) può dipendere dal fatto che i personaggi principali femminili cuciono mentre raccontano la propria storia, ma può far anche presumere che fossero canti intonati da donne intente alla tessitura.
Numerose versioni successive, più prossime a quella che ha ispirato Sor, hanno la comune caratteristica che nei loro testi una vicenda tragica è messa in burla. Il testo più noto viene ricondotto al generale inglese John Churchill (1650-1722), primo duca di Marlborough (da cui la storpiatura "Malbroug") vincitore di più di una battaglia contro le truppe di Luigi XIV di Francia in una guerra alla quale consacrò la maggior parte della sua carriera militare. Durante la battaglia di Malplaquet, combattuta l'11 settembre 1709, rimase gravemente ferito, ma non ucciso e per questo i Francesi si divertirono a raccontare in tono parodico la sua morte e il suo funerale.
La canzone non conobbe un grande successo che a partire dal 1781. Geneviève Poitrine, la nutrice del primo delfino di Luigi XVI, la cantava al principe ereditario, Maria Antonietta la riprese al clavicembalo e lanciò la moda che portò la melodia a fare il giro del mondo.

Tornando alla musica, in queste variazioni Andrea Dieci propone limpidi pianissimo, melodie di armonici e note fatte presagire all’orecchio dell’ascoltatore ma non subito concesse. Con grande sensibilità le lascia attendere e desiderare, presenti eppure non ancora ascoltabili… quasi sospese nell’aria fino al momento esatto in cui “devono” essere suonate: nemmeno un’infinitesima frazione di secondo prima del momento giusto, né dopo!

E, dopo il breve episodio della prima esecuzione assoluta di Invention for Andrea che Marco Ramelli ha composto proprio dedicandola ad Andrea Dieci, ci sono ancora dolcezza, ma anche solido attacco dei suoni, nella Suite Compostelana che Federico Mompou compose dedicandola ad Andrés Segovia: nell’arpeggio fluente del Preludio, nell’intimo accordale Corale, nelle note appoggiate come una ninna nanna (Cuna), nel Recitativo che ci fa pensare all’ondeggiare del botafumeiro fra le navate della cattedrale di san Giacomo (non sappiamo se la Suite abbia riferimenti alla meta dei pellegrini del Cammino per Santiago de Compostela [*], ma la musica ha di bello che non pone limiti alla fantasia di chi l’ascolta!), ed ancora nel tema cantabile della Cancion e nella danza su basso ostinato del tempo conclusivo Muneira.

La richiesta di bis è quindi arrivata scrosciante di applausi interminabili… E qui si è verificato un episodio davvero insolito al quale mai abbiamo assistito in precedenza. Ai concerti, infatti, normalmente accade che, non appena il musicista dà segno di accingersi a concedere il reclamato bis, l’applauso si spegne ed il pubblico si dispone all’ascolto… Gli applausi per Andrea Dieci sono stati invece talmente prolungati, anche quando aveva già di nuovo preso posto sul panchetto ed aveva imbracciata la chitarra, da obbligarlo a domandare con un gentile cenno della mano il silenzio necessario per eseguire lo Studio n. 6 di Heitor Villa Lobos.

Ma poteva forse pensare, il solista, di cavarsela così? Certo che no! Ed infatti i bis alla fine sono stati ben tre, con incastonata, fra il Villa Lobos già citato e quello del definitivo Studio n. 5 e quasi a riecheggiare il tema di Malbroug, una dolcissima canzone francese di Joseph Kosma: Amours Perdues, splendidamente arrangiata per chitarra da Toru Takemitsu; compositore giapponese che risulta si sia appassionato alla musica francese dopo aver scoperto Parlez-moi d’amour, ascoltata clandestinamente in tempo di guerra, nell’interpretazione di Lucienne Boyer, su un grammofono a manovella con una puntina di bambù.

Trattandosi di un concerto nell’ambito di una mostra dedicata alla liuteria non si può, infine, mancare di tributare il giusto riconoscimento anche al liutaio “autore” della chitarra che ha prestato la sua voce all’interpretazione di Andrea Dieci: Stefano Moccetti di Lugano. Uno strumento che il musicista ha definito “eccezionale per qualità timbrica e profondità di suono e, nel contempo, anche molto sonoro”.

In definitiva dunque davvero un bel concerto, esattamente quello che ci attendevamo da Andrea Dieci, ma un concerto che ha confermato i nostri timori della vigilia sul fatto che avrebbe risentito molto (negativamente) di condizioni di ascolto avverse come quelle che ci avevano mosso a scrivere per scongiurarne la riproposizione.

Ed invece si è visto che, con le dovute attenzioni per garantire condizioni dignitose per l’ascolto, non difficili da mettere in atto, la chitarra non è da meno di nessun altro strumento e può sostenere concerti ovunque.
Da parte nostra c’è dunque la soddisfazione di aver contribuito a far sì che, nel complesso, la situazione ambientale sia decisamente migliorata e gli inevitabili disturbi provenienti dall’esterno fossero lontani a sufficienza per far pensare ai presenti di essere quasi proiettati in un altro mondo fuori dell'ordinario, ed a volte un po' fastidioso, mondo che ci è consueto.

Grazie allora all’organizzazione per averli messi in atto, con l’invito però a mantenere sempre alta l’attenzione… Se la perfezione è impossibile da raggiungere, porsela come obiettivo permanente consente di non smettere mai di migliorarsi. E se questa affermazione è valida in ogni campo dell’agire umano, lo è tanto più in quello musicale: come ci insegna chi la musica la esegue e chi costruisce gli strumenti che le permettono di arrivare al pubblico!

Giovanni Guzzi, settembre 2015
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Verifiche successive alla redazione di questo articolo confermano che il titolo della Suite Compostelana effettivamente rimanda a Santiago de Compostela, dove, all’inizio degli anni Sessanta, Segovia e Mompou tenevano delle famose masterclass (rispettivamente di chitarra e composizione). Molti chitarristi oggi celebri hanno partecipato a quei corsi (Oscar Ghiglia e Aldo Minella, per citarne due italiani). 
 
Grazie per la recensione davvero bellissima, in cui sono colti gli aspetti salienti della musica in programma e delle mie esecuzioni.
Grazie di cuore per gli elogi e le belle parole.
Andrea Dieci