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La preferenza è preferibile



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AL VOTO
La preferenza è preferibile (considerazioni su un'elezione amministrativa locale ma con validità generale)

 
“Può darsi non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non farete nulla per cambiarla”.
È un’affermazione di Martin Luther King che ben si addice alla partecipazione alla vita politica: per chi potrebbe impegnarvi direttamente le proprie capacità e per tutti, come elettori.
Se alle ultime elezioni politiche l'astensione è stata molto elevata, alle amministrative non è stata da meno.
Prendiamo il caso di un importante comune alle porte di Milano come Cinisello Balsamo, qui la percentuale degli astenuti è stata fra le più alte: 60,24% al primo turno, cresciuta a 64,4 % al ballottaggio.
Il calo di preferenze ottenute dai due candidati che si sono contesi la carica di sindaco rispetto ai voti presi al primo turno dimostra che anche loro sostenitori non hanno votato.
Forse il divario di partenza ha indotto molti a ritenere il risultato ormai acquisito, o indifferente sul proprio stile di vita (ma sarebbe doveroso interessarsi anche di come vivono gli altri).
Eppure, considerando che ormai la maggioranza è assegnata dal consenso di circa 1/4 degli aventi diritto al voto, è evidente che gli astenuti potrebbero determinare anche risultati diversi.
È altrettanto evidente che, ribadito il torto di chi non partecipa e quindi non ha mai titolo per lamentarsi, anche chi amministra con questi numeri dovrebbe sempre tenere presente la necessità di conquistare la fiducia dell’intera cittadinanza ed evitare prove di una forza che non gli appartiene. Solo a queste condizioni potrà a buon diritto definirsi “sindaco di tutti”.
Nel dibattito politico nazionale si continua a ripetere che il problema potrà essere risolto da una revisione della legge elettorale che restituisca ai cittadini il diritto di esprimere il voto di preferenza. Può darsi, tuttavia alle comunali si poteva addirittura dare contemporaneamente la preferenza ad un uomo e ad una donna. Non si sa quanti si sono avvalsi di questa facoltà, ma la somma di tutte le preferenze espresse è sempre inferiore al totale dei voti di lista. Segno che prevale ancora il riferimento ad un partito, all’idea che esso sottende ed al suo leader, locale o nazionale che sia, e non interessa incidere sulla composizione del consiglio comunale che darà reale consistenza all’azione politica di maggioranza ed opposizione.
Anche in vista delle prossime elezioni Europee e amministrative (forse anche politiche nazionali?) del prossimo anno crediamo che queste considerazioni debbano richiamare tutti alla responsabilità: non regge l’alibi dell’affermazione di comodo “sono tutti uguali, non mi fido di nessuno!”.
A maggior ragione in elezioni locali nelle quali, con un minimo sforzo per informarsi e partecipare a qualche incontro pubblico, in ogni lista e coalizione si possono individuare persone motivate e competenti da votare e far votare.
E se anche i “nostri” candidati dovessero militare sotto simboli poco graditi, il peso dei loro voti di preferenza sarebbe importante, negli equilibri interni dei singoli partiti, per sostenere istanze che altrimenti faticano ad affermarsi e sono sopraffatte da altre di cui poi, magari, ci si rammarica. Ragionamento valido anche per le “primarie”. Infine, non dovemmo mai dimenticare che partecipare al voto è anche un dovere morale verso chi ha rischiato la vita e si è impegnato per offrirci questa non scontata possibilità.
 
Giovanni Guzzi, novembre 2013
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