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Diffondere la pratica del software libero in Italia?



Un'autentica sfida per supereroi

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DIFFONDERE LA PRATICA DEL SOFTWARE LIBERO IN ITALIA?

Un’autentica sfida per supereroi

 
In tempi di ridotte disponibilità economiche le esigenze delle Aziende e della Pubblica Amministrazione possono essere soddisfatte grazie a prodotti che non danno dipendenza perché realizzati avvalendosi del software libero (internazionalmente denominato open source), frutto di uno sforzo collettivo e condiviso teso a migliorarli continuamente.
C’è, infatti, al mondo chi la pensa come l’inventore di internet, Tim Berners-Lee, secondo il quale “Il denaro è importante, ma non è tutto. La vera battaglia, da tempo, è tra chi vuole far progredire l'umanità e chi vuole fare soldi”.
Oggi Tim continua la sua normale vita di ricercatore mentre altri, grazie alla sua idea, accumulano ricchezze (e poi magari fanno anche i filantropi). Ma non è il denaro che dà la felicità.
Il software libero si definisce dunque in questo modo perché può essere studiato, modificato e rivenduto senza pagare diritti; si deve soltanto riconoscere all’autore la paternità delle idee e bisogna ridistribuirlo con la stessa licenza per garantire che continui ad essere libero.
Chi produce software libero guadagna (come è giusto che sia, perché oltre, a nobilitare l’uomo, il lavoro gli deve permettere di vivere dignitosamente) sulla prima distribuzione, su consulenze e formazione.
 
L'azienda che adotta software libero risparmia in termini di licenze perché i programmi possono essere legittimamente installati gratis senza dover continuare a pagare indefinitamente diritti d’autore, non ha alcun limite-vincolo al numero di postazioni-utenti che possono utilizzare il software ed è meno dipendente da chi lo produce.
I vantaggi dell’open source lasciano poi il cliente libero di far evolvere i propri processi anche in autonomia consentendogli, oltretutto, di modificarli, ridistribuirli o rivenderli.
Tornando alle parole di Berners, il pregio maggiore che hanno le licenze libere è che consentono di non imbrigliare le scelte tecniche dei programmatori nel tentativo di proteggere il proprio codice.
La condivisione delle tecnologie, nel rispetto della paternità delle idee, ha infatti dimostrato di essere estremamente proficua al contrario della sterilità dei software proprietari.
Purtroppo, in Italia, abbiamo difficoltà perfino ad adottare software libero già disponibile: siamo ben lontani dal produrlo diffusamente, quando negli Stati Uniti d’America stanno pensando addirittura di superare le licenze libere perché troppo restrittive.
Comunque, andando in controtendenza, anche nel nostro Paese c’è chi ha scelto di sviluppare software distribuendolo con licenza libera.
E L’Eclettico ringrazia, perché altrimenti non potrebbe esistere.
 
Giovanni Guzzi, marzo 2013
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