L'Eclettico



Tutto tranne il treno



L'ECLETTICO - web "aperiodico"

TUTTO TRANNE IL TRENO

 
"Tutto tranne il muro", recitava lo slogan di un centro commerciale nel nord Milano. La variante che ne abbiamo fatto per porla a titolo di questo articolo dipende dalla sensazione che nella “logica” di chi dirige i programmi industriali delle ferrovie italiane sembra di vedere che accogliere ed agevolare chi deve viaggiare in treno non sia l’obiettivo prioritario delle stazioni ferroviarie.
Al contrario, questa esigenza sembra essere subordinata ad altre finalità. Oltre a quanto si è già dimostrato in proposito altrove sull’Eclettico (Biglietterie in estinzione, Tre indizi fanno una prova), è del tutto evidente come esse sembrano ormai essere prioritariamente funzionali ad indurre il viaggiatore all’acquisto di prodotti di altro genere rispetto ai viaggi in treno.
Basta osservare la segnaletica per rendersene conto. Quando venne costruita la Stazione Centrale di Milano, i progettisti pensarono bene di rendere evidente la posizione della biglietteria scolpendone l’indicazione a caratteri cubitali nel marmo.
Oggi, appena entrati in stazione, quella che si vede subito bene è l’insegna dell’agenzia viaggi che è facile scambiare per la biglietteria ferroviaria di Trenitalia, salvo scoprire l’errore al momento di dover pagare i diritti di agenzia oltre al prezzo del biglietto.
Per raggiungere la biglietteria vera e propria (con tutti i suoi difetti di cui si è detto) occorre inoltrarsi nel “cuore” più interno della stazione: i punti più strategici lungo il percorso che porta alle banchine di partenza dei treni sono, infatti, stati assegnati alle vetrine sfavillanti di marchi più o meno noti che abbagliano il viaggiatore coi loro richiami, cercando di attirarlo all’interno dei negozi come le Sirene con Ulisse.
Una volta in possesso del biglietto, la prova successiva è riuscire a dribblare i più vari totem e postazioni pubblicitarie ed arrivare in tempo al treno in partenza.
Nella stazione di Monza, al fine di garantire un più alto punteggio ai partecipanti a questo Rail Game, un parallelepipedo pubblicitario di qualche metro cubo è strategicamente collocato sulla traiettoria che i trafelati pendolari percorrono quotidianamente dall’ingresso in stazione al binario e viceversa.
Per evitare di “spalmarsi” sull’ostacolo o ricevere gomitate nelle costole dagli altri concorrenti occorre un’agilità maggiore di quella che Leo Messi deve sfoggiare in ogni partita per sfuggire la marcatura dei più accaniti mastini delle difese avversarie.
Oltre al problema di superare le insidie sul percorso si pone quello di individuare il binario giusto su cui parte il treno che dobbiamo prendere. E qui chi gestisce le stazioni abbandona ogni ritegno e manifesta palesemente cosa davvero gli interessa.
Per leggere i display con l’indicazione di orario e destinazione del treno non è sufficiente avere la vista di Occhio di Falco nell’Ultimo dei Mohicani ed occorre avvicinarsi fino a metterci sotto il naso.
Accanto ad essi, invece, grandi schermi luminosi ci propongono le meravigliose immagini del mondo in cui potremo vivere acquistando il prodotto reclamizzato. Immagini accompagnate da musica e slogan con un volume che copre quello dell’altoparlante di stazione che annuncia il treno (attività che ormai non bisogna più dare per scontata: più di un treno ci si è presentato al binario senza avviso lasciandoci nel dubbio se fosse o meno quello su cui saremmo dovuti salire) e con ossessiva ripetitività martella il cervello dello sciagurato che, sulla banchina (in piedi perché le panchine ormai sono andate fuori produzione), vorrebbe poter leggere in pace il libro o la rivista con cui lenisce le pene dei tempi di attesa. Chissà se qualche procuratore senza paura vorrà avviare un’inchiesta sul livello sonoro di questi annunci, sul cui rispetto della normativa in materia di rumore ho qualche dubbio.
Per concludere la panoramica non va meglio per i tabelloni generali degli arrivi e delle partenze. Limitandomi alle due principali stazioni milanesi noto che in Centrale è appeso agli arconi sotto i quali si accede ai binari. Se il binario del proprio treno è indicato si passa oltre e ci si avvia, ma se il treno è in ritardo e il binario non c’è si può dover aspettare anche a lungo a naso all’insù… ed allora le poltroncine che pure sono state collocate nella galleria centrale non sono proprio nella posizione più adeguata per evitare di indurre nei malcapitati un principio di torcicollo.
 
La musica non cambia anche alla stazione di Porta Garibaldi, di cui, il 20 marzo 2006, articoli di stampa decantavano il nuovo volto: “assolutamente innovativo, una città nella città, con ristoranti, bar, punti commerciali, tanti vetri e specchi, luminosa come non mai” ma cosa c’entrano tutte queste belle cose con l’esigenza di prendere un treno? Infatti nell’atrio con i tabelloni di arrivi e partenze non c’è neppure un sedile, in compenso su questa sorta di “piazza” si affacciano tanti bei negozi, che i passeggeri, altrimenti costretti a stare piantati in piedi come i veilleurs francesi, sono indotti a visitare. Sicuri che sia un caso?
 
Giovanni Guzzi, settembre 2013
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