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Andy Warhol: profeta della decadenza del nostro tempo?



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ANDY WARHOL

Profeta della decadenza del nostro tempo?

 
Per quanto possa ritenersi disincantato e considerare con supponente sufficienza gli antichi e ciò in cui credevano, anche l’uomo moderno e post-moderno non può fare a meno dei miti.
Che in una lucida consapevolezza di questo assunto risieda il motore propulsivo e consapevole di tanta arte del Novecento e contemporanea non ci è dato sapere. Ma che molta arte dei tempi moderni dimostri la veridicità dell’affermazione d’apertura è, invece, un dato di fatto incontrovertibile.
A nostro modo di vedere la mostra Warhol, allestita in Palazzo Reale a Milano, ne è stata un’ulteriore riprova. Anche, e proprio, grazie al fatto che dell’opera di questo mito, è il caso di dirlo, newyorkese del Novecento la mostra ha offerto una completa ed ampia panoramica esponendo “pezzi” della collezione di Peter Brant che di Andy Warhol fu amico personale.
Stando alle quotazioni del mercato dell’arte dei giorni in cui la mostra vede affrettarsi gli ultimi visitatori prima della chiusura non c’è discussione che tenga: con aste che battono i suoi lavori per centinaia di milioni di dollari, distaccando di gran lunga opere dei secoli precedenti, Warhol è ancora al vertice delle classifiche di chi nell’arte investe economicamente.
 
Se poi al valore commerciale corrisponda anche un valore qualitativo assoluto è una valutazione di altro ordine che lasciamo agli esperti della materia. Stando ai giudizi del pubblico che abbiamo avuto modo di captare si va dall’ammirazione entusiastica di alcuni per Last Supper, l’omaggio al rinascimento milanese di Leonardo da Vinci esposto nell’ultima sala e sua ultima opera prima della morte avvenuta nel 1987 poco dopo la sua precedente mostra a Milano, ad affermazioni, senz’altro scontate ma non per questo meno legittime, quali: “Ha scoperto Photoshop” o “Mah, cosa vuoi che ti dica…”.
È però un dato di fatto che anche costoro la mostra sono andati a vederla. Forse, possiamo azzardare, per la curiosità di vedere dal vero “Queste opere di cui si parla tanto”.
 
E se si può loro rispondere che, forse, al tempo di Warhol Photoshop non c’era (o magari, invece, negli USA qualcosa del genere già esisteva) e comunque certe idee le ha avute lui e non altri, resta al fondo di tutto la questione essenziale di cosa sia l’arte.
Dalle sue affermazioni, molto opportunamente riportate sulle pareti della mostra dai curatori, in tutta l’opera di Warhol non si può non vedere un’estrema coerenza con la sua idea di arte:
* “Non conta la capacità dell’artista ma l’idea che lo lancia nel mondo”.
* “Non pensare di fare arte, falla e basta. Lascia che siano gli altri a decidere se è buona o cattiva, se gli piace o gli faccia schifo. Intanto mentre gli altri sono lì a decidere tu fai ancora più arte”.
* “Non ti preoccupare, non c’è niente che riguarda l’arte che uno non possa capire”.
* “Una Coca Cola è sempre una Coca Cola e non c’è quantità di denaro che possa farti comprare una Coca Cola più buona di quella che l’ultimo dei poveracci si sta bevendo sul marciapiede sotto casa tua. Tutte le Coca Cola sono sempre uguali e tutte le Coca Cola sono buone. Lo sa Liz Taylor, lo sa il Presidente degli Stati Uniti, lo sa il barbone e lo sai anche tu”.
* “Far soldi è arte e lavorare è arte e i buoni affari sono la migliore forma d’arte”.
Condivisibili o meno che siano queste affermazioni, resta il fatto che Warhol ha dimostrato con i fatti quanto per lui fossero vere ed al pubblico non resta che prenderne atto e prendere posizione decidendo se sia ben speso (oppure no) il tempo trascorso a passeggiare fra le sale di una mostra per ammirare al prezzo di una decina di euro opere... che alcuni si contendono a prezzi da vertigine, che ritiene veri capolavori o “furbate” che comunque lo incuriosiscono, che a ragione o a torto fanno parte della storia dell’arte e con le quali chi si interessa di arte non può non confrontarsi…
Per quanto ci riguarda ciò che lascia più inquieti è tuttavia il fatto che quanto attiene al mondo dell’arte rispecchia sempre la società in cui vive chi la produce e se, in altri tempi, i soggetti raffigurati erano miti ed eroi, santi, imperatori, paesaggi… il fatto che il nostro tempo sia rappresentato dalla scatoletta di una zuppa, da tragici divi del cinema (magari col segno di una pallottola vera in fronte), da ripetizioni meccaniche ed ossessive di fiori stilizzati o di riconosciuti capolavori del passato… dovrebbe farci preoccupare, e magari indurci a cambiare strada.
Che sia proprio questa la più importante opera d’arte che Andy Warhol ha lasciato a chi è in grado di comprenderla?
 
Giovanni Guzzi, febbraio 2014
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FOTO

Andy Warhol Flowers (purple, blue and orange) 1964 Collezione Brant Foundation © The Brant Foundation, Greenwich (CT), USA © The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts Inc. by SIAE 2013

Andy Warhol Blue Shot Marilyn 1964 Collezione Brant Foundation © The Brant Foundation, Greenwich (CT), USA© The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts Inc. by SIAE 2013