L'Eclettico



Il parco nei secoli



Evoluzione del giardino di Palazzo Arese Borromeo a Cesano Maderno (MB)

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UN GIARDINO IN 4 FASI
 
Il giardino di Palazzo Arese Borromeo a Cesano Maderno (MB) si presenta oggi nella veste formale all’italiana-francese che gli è stata data con il restauro del 1990-1991 ed alla quale è arrivato dopo aver subito, nel corso dei secoli, maggiori trasformazioni rispetto all’edificio di cui porta il nome.
Queste trasformazioni possono essere schematicamente descritte in quattro fasi.

Prima Fase - prima metà del XVII secolo:
è il giardino all’italiana protobarocco degli Arese (ramo principale della famiglia) che compare affrescato nella sala del castello al piano nobile del palazzo.
Si tratta di un giardino più corto dell’attuale in senso est-ovest (era a pianta quadrata) con viali simmetrici con alberature e vasi di fiori ed agrumi.

Seconda Fase (1654-1755): il giardino barocco di Bartolomeo III Arese, di sua figlia Giulia Arese Borromeo e del nipote Carlo IV Borromeo Arese.
Bartolomeo III rinnovò in veste sontuosa non solo il palazzo, ma anche il giardino prolungandolo in direzione est, segnando un grande viale prospettico lungo oltre 3 km che parte ad ovest dalle Groane, attraversa il paese, la piazza del teatro (esedra), la corte nobile, il giardino all’italiana e raggiunge all’estremità est il recinto del Serraglio (oggi demolito) per gli animali selvatici.
Dai carteggi dell’archivio Borromeo l’architetto di tale giardino incaricato da Bartolomeo Arese risulterebbe essere il ticinese Francesco Castelli di Castel San Pietro: forse a lui si devono la costruzione del Tempio del Fauno o Casino, il padiglione della voliera, il portale orientale e la fontana del Mascherone.
A quest’epoca risale anche il ciclo di statue in arenaria raffiguranti personaggi mitologici e allegorici.
Sempre Bartolomeo iniziò la realizzazione della roggia (1672) che verrà poi completata da sua figlia Giulia (1682) (la famosa Roggia Borromeo di Carugo - Fontana del Guercio).
Nel 1710 Carlo IV Borromeo Arese fece costruire il molino sul lato nord, esternamente al parco (purtroppo demolito).
Sappiamo dall’analisi del Catasto Teresiano (mappa 1722 e registri 1755) che il parco era suddiviso in due parti: verso il palazzo era all’italiana con aiuole, carpinate, agrumi, mentre a est vi era un grande prato irriguo alimentato dalla roggia e il bosco nell’estemità orientale (zona del Tempio del Fauno).
Ciò viene confermato dalle vedute a olio presenti in varie collezioni private della prima metà del XVIII secolo che raffigurano un muro che separa il giardino di Cesano all’altezza della voliera.

Terza fase (1755-1848): è la nuova impostazione tardo barocca alla francese voluta dal conte Renato III Borromeo Arese nel 1755.
Egli fece abbattere il muro che separava in due parti distinte il parco e creò il grande viale prospettico a cannocchiale che culmina nella grande Fontana dei dromedari (emblema borromaico assieme agli unicorni che si trovavano nel bacino ellittico): questa monumentale fontana venne scolpita da Giovanbattista Rainoldi, sfruttando il declivio naturale della valle del Seveso e le acque della suddetta roggia.
Realizzando le lunghe carpinate e il cannocchiale prospettico Loggia - Fontana dei dromedari il giardino assunse il tipico aspetto scenografico di gusto francese.
Il giardino di Renato III è ancora presente nella mappa del Brenna del 1837 e sopravvisse al gusto all’inglese in voga in quegli anni, fino alle devastazioni apportate dalle guarnigioni austriache di cavalleria durante la confisca dei beni Borromeo avvenuta tra il 1848 e il 1859 in seguito alle Cinque Giornate di Milano.

Quarta Fase (contemporanea): a cavallo tra Ottocento e Novecento, grazie alla contessa Elisabetta Borromeo Arese e sopratutto al figlio Guido Borromeo Arese che rilevò la proprietà di Cesano, si intrapresero lavori di restauro che interessarono in primo luogo il palazzo e pure il giardino (ad esempio furono ripristinate le essenze aroboree, le carpinate del conte Renato III, e furono abbattutti i muri che separavano il giardinetto del Ninfeo e quello della Contessa dal giardino grande. Tuttavia nel secondo dopo guerra vi fu un altro periodo di decadenza (forse il peggiore) e solo i restauri del 1990 effettuati dalla nuova proprietà comunale hanno riportato all’antico splendore il giardino, cercando di riproporre ovviamente l’impostazione voluta nel 1755 dal conte Renato III e già riproposta dal conte Guido negli anni ‘20.
 
Daniele Santambrogio, giugno 2014
associazione “Vivere il Palazzo e il Giardino Arese Borromeo
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